
Riascoltarle è un'esperienza che, talora, ci restituisce in pieno le atmosfere vissute ed è come ritrovarsi immersi in un universo di emozioni che ci riportano il sapore e la pulsazione del passato.
Il brano che propongo oggi mi rimanda al cuore della mia adolescenza, una sera di dicembre a Venezia, quella Venezia invernale affascinante, dove i canali sembrano svanire nella nebbia o perdersi nel buio, mentre le luci festose del centro sono un approdo cui ancorare l'anima.
Mancava poco a Natale, ed ero alla fine di una giornata passata in corsa tra campi e campielli, musei e chiese, Tiepolo, Tintoretto e la confusione festosa delle Mercerie.
Ormai quasi a sera, ero entrata in San Zaccaria, nella quiete della sua piazzetta poco distante da San Marco, e all'improvviso la pace mi aveva accolta nel suo abbraccio.
La chiesa in penombra quasi vuota, una sola lampada in fondo vicino al presepio. E il silenzio.
Proprio questo mi aveva colpito, come se improvvisamente mi fossi addentrata in un universo nuovo, un silenzio profondissimo come si respira talora in montagna di sera, quando rimane solo il profilo scuro delle cime sotto il cielo stellato e un vento leggero.
Poi, inaspettata, una musica: dall'abside avevano iniziato a diffondersi le note dell'Ouverture del "Messiah" di Haendel nel suo solenne esordio e nella leggerezza della successiva fuga. Note che si allargavano come spuma del mare sulla battigia a dilatarmi l'anima, così come la vivacità e il movimento della fuga mi parevano energia che prende corpo e si articola gioiosa nella sua multiforme varietà.
Sorpresa ed emozione mi avevano avvolto: quelle note mi parlavano, erano desiderio e nel contempo risposta al desiderio stesso e andavano a risvegliare in me una vita che chiedeva solo di essere ridestata.
Forse ho iniziato allora a percepire che la musica nasce dal silenzio, dall'abisso dell'anima di colui che la crea. Come la vita, come il mondo.
Forse la creazione stessa è musica e il soffio creatore di Dio altro non è che un' onda di suoni che si propaga all'infinito nel tempo e nello spazio. Un'onda della quale siamo parte, attraversati anche noi dalla musica come strumenti, canali di risonanza di una melodia più alta.
Riascoltare oggi questo grandioso pezzo di Haendel - sia pure in un differente contesto - mi rinnova quell'emozione che mi ha aperto un varco verso il mistero.
E ora che la liturgia ci ha già introdotti nel periodo dell'Avvento, mi piace associare a questo brano l' Adorazione dei pastori di George de La Tour, dipinto che, tra l'altro, è in mostra a Milano proprio in questi giorni e che - come diversi altri quadri dello stesso soggetto - è pervaso da un'aura di assorta contemplazione e di silenzio.
Buon ascolto!