Al termine della carrellata di donne pittrici che ha scandito i mesi di quest'anno, pur consapevole del fatto che il mio elenco è incompleto e altre figure del passato avrebbero meritato di essere ricordate, mi piace concludere con un'artista contemporanea a mio avviso notevole per talento e intensità di sguardo.
Si tratta di Antonella Masetti Lucarella, classe 1954, le cui creazioni pittoriche da una trentina di anni a questa parte riscuotono consensi e hanno avuto grande risonanza sia in Italia che all'estero.
È l'universo
femminile il tema intorno al quale si concentra l'attenzione della
pittrice volta ad indagarne volti, occhi, mani, pose e gesti con acuta capacità di introspezione psicologica. Profonda espressività
insieme a uno stile essenziale, fatto di rigore e nitidezza di linee, mi
sembrano i caratteri salienti delle sue opere sempre segnate da
squisita eleganza.
Esempi significativi a questo riguardo sono alcuni ritratti come "Grande volto" riportato qui a lato: in apparenza un solo viso con un'unica espressione, ma in realtà due metà differenti che coesistono nella stessa persona quasi a simboleggiare quella duplice dimensione che ci caratterizza e l'invito a scandagliare ciò che si cela dietro uno sguardo.
Intenso anche il dipinto che vedete qui accanto, intitolato "Adolescente" dove gli occhi della fanciulla ritratta, segnati da uno sfumato che allarga le sue ombre sul viso, tradiscono un senso di malinconia.
Le donne raffigurate dalla pittrice, infatti, hanno spesso sguardi assorti, ora velati da silenziosa tristezza, ora sorridenti, ora invece decisamente risoluti e volitivi come nella testa di "Ragazza" che ho riportato più sotto. Qui, gli occhi che non guardano lo spettatore ma altrove, a mio avviso accrescono nell'opera il fascino e il senso di mistero.
Davvero mille storie potremmo immaginare e raccontare sulle donne di Antonella Masetti Lucarella, accattivanti come la molteplicità di emozioni che le abita.
Ma al di là di questi aspetti, dalle sue creazioni a mio avviso spira anche un'aura di profonda quiete che - come scrivevo - ci induce ad andare oltre le apparenze per scandagliare l'interiorità di tanti ritratti.
Osserviamo per esempio il bellissimo "Figure in rosso" che vedete in grande in alto. Quale profondo senso di pace emana dallo sguardo serio e al tempo stesso dolce delle due donne, dalla loro compostezza, dai volti simili ma non uguali quasi fossero due facce della stessa anima, una l'apparenza e l'altra lo spessore che la costruisce! Sono occhi che - questa volta - guardano dritti verso di noi e mani incrociate con grazia sul petto in un gesto garbato quasi a custodire il mistero che ogni essere umano cela in se stesso. Così come misterioso è ciò che ha in mano la figura a sinistra: una carta da gioco? Un quadretto? Uno specchio o un ricordo?...Chissà!
Ma vi sono anche altre donne appaiate non solo perchè dalla rappresentazione emerga quel duplice mondo esteriore e interiore presente in ciascuno di noi, ma per farne risaltare una sorta di complicità. Così è nel quadro intitolato "Figure in un interno" che trovate qui a lato, come in numerosi altri esempi in cui le protagoniste sono riprese in scorci di vita quotidiana.
In ogni caso, figure di grande raffinatezza come "La danzatrice" qui accanto, disegnata con linee sinuose e sensuali, elegantissime in quella gradazione di rosso scuro tanto amata dalla nostra pittrice quasi fosse una tinta primigenia color del sangue, del fuoco e della passione.Una tinta che si staglia contro il fondo dei dipinti ora nero, altre volte grigio e qui, in particolare, contrasta con l'incarnato chiaro della donna conferendogli rilievo plastico. Un colore che ritroviamo spesso e anche nel quadro intitolato "Modella in abito rosso" poco più sotto, opera affidata a linee di una semplicità spoglia e priva di particolari ornamenti. Del resto, le figure dipinte dall'artista non ne hanno bisogno perchè riempiono il quadro con la loro essenzialità e - oserei dire - la loro presenza scenica.
Qui, oltre alla splendida silhouette dall'atteggiamento sognante e appassionato, a spiccare sono le mani: lunghe, magre e snodate nelle quali la struttura ossea evidente si fa ancora una volta espressione di fascino ed eleganza. Si tratta di particolari che l'artista ha raffigurato più volte facendone anche tema di varie altre composizioni come appunto "Mani intrecciate" e "Mani" che vedete più sotto.
Ma se le sue figure sanno esprimersi senza bisogno di troppi ornamenti, ci sono tuttavia qua e là dettagli non trascurabili che, oltre ad arricchire i vari dipinti, rimandano a svariati precedenti pittorici.
Ne avete una testimonianza qui a lato nell'opera intitolata "Eros e pathos" dove l'artista ha accostato occhi, mani, paesaggi, esempi di sfumato, insieme ad antichi scritti a formare un'opera che esprime ricchezza di ispirazione e di riferimenti al passato.
Dalle
sue creazioni emerge infatti una vasta cultura pittorica nella quale
sono evidenti rimandi al Rinascimento e poi più su fin quasi ai nostri
giorni. Sono diversi i richiami che vi colgo. Qualche esempio?
La rappresentazione delle mani mi suggerisce conoscenze da Rodin a Escher, ma certi paesaggi a mio avviso uniscono suggestioni anche molto lontane tra loro. Osserviamo, per esempio, il quadretto dipinto al centro di "Figure in rosso" con un piano a quadri bianchi e neri e in fondo una montagna.
Se quella sorta di pavimento può ricordare le prospettive dipinte nella seconda metà del Quattrocento da Paolo Uccello (avete presente la predella del "Miracolo dell'Ostia profanata" ?), ma anche certe stanze raffigurate nel Seicento da Vermeer, il monte sullo sfondo - a guardarne la sagoma - somiglia al Mont Sainte-Victoire che ricorre spesso nelle opere di Cézanne.
Non dimentichiamo poi la suggestione del danese Hammershøi nelle tante donne riprese di spalle, come vedete in quest'opera intitolata "Figura di schiena con paesaggio".
Dunque, riferimenti diversi tra l'antico e il moderno che colgo non come dati di pura erudizione, ma come segni di una cultura fatta propria e profondamente assimilata che l'artista lascia poi affiorare liberamente all'interno di una freschezza di ispirazione tutta sua.
Pensando infine alla musica da associare a queste immagini, è stata proprio la loro essenzialità insieme ai richiami al passato a suggerirmela.
Si tratta di un pezzo di Gabriel Yared, compositore libanese classe 1949, famoso anche come direttore d'orchestra, ma soprattutto per le musiche da film che gli hanno fruttato a volte prestigiosi riconoscimenti.
Il brano s'intitola "L'aria de l'ange" dalla colonna sonora de "L'instinct de l'ange", pellicola
del 2013. A prenderci subito è il tema esposto dall'oboe: una melodia
tranquilla, meravigliosamente sostenuta dal pizzicato degli archi che ne
scandiscono il ritmo regalandoci un senso di profonda pace. Poi l'aria,
arricchita dalla presenza di altri strumenti, si ripete intensificando
il suo fascino fino alla parte finale che è invece più accesa e tagliente e con la quale il pezzo s'interrompe.
Ma perchè mi è piaciuto tanto? Dico la verità, a incantarmi è stata l'accattivante parte iniziale col suo afflato
meditativo che, nella sua articolazione, mi è parsa molto bachiana. E
mi ha indotto a pensare che nel compositore libanese - da sempre grande
cultore di Bach - abbia agito lo stesso processo di interiorizzazione
che, per altri aspetti, ha lavorato nell'ispirazione della nostra pittrice.
Un passato che rifluisce nel presente, dunque, sostanziandolo di spessore e facendone
fiorire più compiutamente l'originalità; e una musica che - a mio
modesto avviso - ci consente di entrare più a fondo nell'affascinante universo delle donne di Antonella Masetti Lucarella.
(Le foto sono prese dal sito web della pittrice che qui ringrazio per la cortesia.)










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