Al mercoledì, per motivi coristici, rientro sempre un po' tardi.
Il treno da Milano è alle 20,01, ma se tutto fila liscio e quel brav'uomo di mio marito viene a prendermi alla stazione, sono a casa prima delle nove.
Non mi dispiace tornare a quell'ora anche se di questi tempi c'è buio e freddo, ma la grande città che attraverso con tram e metrò è piena di luci e di un movimento nel quale mi immergo volentieri. Arrivo in stazione di fretta ma senza timore di perdere il treno, anzi, a volte mi resta qualche minuto per comprarmi i biscotti al supermercato del primo binario. È piccolo, ma gestito da ragazze molto gentili così, quando ce la faccio, mi ritaglio un angoletto di calore e di sorriso prima di recarmi al treno. Quando poi arriva, mi ci rintano.
È una routine nella quale mi trovo a mio agio perchè mi ricorda gli anni dell'università e in qualche modo mi fa ringiovanire. Anche quando sono in metrò, nonostante la stanchezza serale, sento in me che un tassello segreto torna al suo posto, come se da sempre portassi inscritta dentro quella vita, quei viaggi in mezzo alla gente e ci ritrovassi qualcosa di familiare, di mio. Una volta partita poi, come tutti o quasi apro anch'io il cellulare per vedere se ci sono messaggi o se qualcuno dei miei solerti compagni di coro ha già caricato il file della lezione appena finita.
Ma mercoledì l'altro, seduto accanto a me, c'era un tizio che leggeva un libro. È cosa talmente rara ormai trovare qualcuno che legga un vero libro cartaceo che sono stata subito punta da viva curiosità e ho iniziato a sbirciare. Con discrezione, ma sbirciavo.
Il tipo era alto, bruno, viso interessante, ma non fatevi strane idee...avrei potuto essere sua madre, se esageriamo anche sua nonna! Ad attirarmi era il libro. Il guaio è che non ci vedo: capivo solo che aveva le note e quindi non era un romanzo. Così continuavo a sbirciare.
Poi un passaggero è sceso, il tizio si è spostato di fronte a me - e so già cosa state pensando! - ma in compenso ho visto autore e titolo: nientemeno che "La brevità della vita"di Seneca, nell'edizione che trovate nella foto con quel bel mosaico antico in copertina!
La scoperta mi ha destato subito tanti ricordi degli anni di università e non solo. Ho frequentato spesso - se così si può dire - l'amico Seneca attraverso i suoi scritti più famosi a cominciare dalle "Lettere a Lucilio", e sempre mi ha offerto significativi spunti di riflessione.
Ora qualcuno dirà: "D'accordo, ma siamo alla fine dell'anno e guai ne abbiamo già avuti. Come pensiero augurale proprio alla brevità della vita dovevi ispirarti? Qualcosa di più allegro nooo???..."
No gente mia, perchè dal quanto ricordo il "De brevitate vitae" non è affatto deprimente, ma è un'esortazione a non sprecare in occupazioni vane il tempo della nostra vita che sarà pur breve, ma non così come spesso lamentiamo.
Seneca, che scrive a metà del I secolo d.C., muove qui una sferzante critica a quanti - affaccendati negli affari pubblici e spesso mossi da avidità di potere, di piacere o di denaro - trascurano la riflessione, la lettura dei grandi maestri del pensiero e quella preziosa solitudine che consente di interrogarci nel profondo alla ricerca della nostra autenticità.
Esalta quindi l'otium, il tempo libero che i Latini contrapponevano al negotium, laddove il termine antico non aveva quel senso negativo che oggi diamo alla parola, quasi fosse sinonimo di pigrizia. Era invece uno spazio da dedicare alla dimensione culturale e contemplativa della vita, considerata più importante di quella attiva: lo dimostra il fatto che il termine positivo è proprio otium, mentre l'altro è costruito sulla sua negazione: nec-otium. Ciò non significa che non ci si debbe impegnare in ambito sociale o politico e, anche se in qualche passo del testo Seneca esorta il destinatario, Paolino, a ritirarsi a vita privata, il richiamo è ad un uso del tempo più equilibrato.
Perchè mi ci soffermo? Perchè certe pagine sono di sconcertante attualità e mi pare che la società romana di cui si sottolineano i difetti somigli tanto a quella di oggi. Nonostante la durezza della critica tuttavia, il messaggio sotteso è incoraggiante perchè lo scrittore sostiene che la vita è talmente preziosa che non va sprecata e la sua durata non si misura dal numero di anni, ma dalla qualità del loro impiego. Richiamo fortissimo all'essenziale quindi, per dare ad azioni e relazioni quell'autenticità che Seneca, secondo quanto la filosofia stoica gli suggerisce, ravvisa nella pratica delle virtù: esercizio capace di dilatare il tempo, fermando la corsa affannosa e la vacuità nella quale stiamo precipitando.
Questo mi tornava alla mente mentre il treno mi riportava a casa e intanto formulavo ipotesi sull'identità del mio compagno di viaggio: uno studente universitario? Uhm... Un giovane insegnante di liceo? Forse. Uno studioso? Chissà!...Ma in ogni caso gioivo della bella sorpresa come quando anni fa - ne ho parlato proprio all'inizio di questo blog - una mattina sul treno mi ero trovata davanti un giovane che studiava la partitura del "Flauto magico".
Non capita tutti i giorni!
Allora grata per la sorpresa, vi regalo il sesto movimento - "Day by day we magnify Thee" dall' "Utrecht Te Deum HWV 278" di Georg Friedrich Haendel (1685 - 1759). È un pezzo caratterizzato dalla vivacità fastosa e festosa tipica del compositore, dove sentirete risuonare temi che da un lato ci riportano al brano corrispondente del suo celebre "Dettingen Te Deum", ma dall'altro anche a Mozart. A me pare infatti che, nell'esordio del Kyrie della "Spatzenmesse K.220" scritto parecchi anni dopo, il musicista salisburghese abbia preso spunto da questa pagina di Haendel.
Pagina che non solo s'intona con l'ultimo giorno dell'anno in cui nelle chiese cattoliche è tradizione cantare proprio il "Te Deum", ma con i passaggi fugati del finale costituisce uno splendido modello di costruzione polifonica che potete apprezzare anche dalla partitura in video.
Così alla voce di questi cantori aggiungo a mia, grata per i tanti richiami all'essenziale che ci possono arrivare day by day, giorno per giorno intrecciati al nostro vissuto, magari un mercoledì sera, sul treno, tornando dal coro.
Buon ascolto e Buon Anno!
(La foto è presa dal web)
2 commenti:
ma sai che anch'io il mercoledì rientro spesso tardi a Verona dal viaggio in treno da Venezia: provo molte sensazioni che tu hai descritto. Anche per me spesso un libro è fondamentale nell'attesa di arrivare a destinazione
Buon anno
Ma dai che coincidenza! Grazie di essere passato qui, Luigi, e tanti carissimi auguri per l'anno nuovo!!!
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