sabato 30 novembre 2024

Andante amoroso...

Molto espressivo il ritratto che vedete - opera del pittore Émile Signol - e che rappresenta il compositore francese Hector Berlioz (1803 - 1869) a ventinove anni.
La folta chioma ondulata, il profilo netto e lo sguardo penetrante fisso in un punto imprecisato - forse
in un pensiero o un sogno - rendono bene l'idea dell'eroe romantico, così come anche la letteratura del tempo lo delinea.

In effetti, la sua "Sinfonia fantastica op.14" che ha come sottotitolo "Episodio della vita di un artista in cinque parti" è quasi una sorta di emblema della musica romantica.
Si tratta di una composizione a programma in
cui i vari movimenti ruotano intorno al pensiero della donna invano amata dall'autore, pensiero divenuto un' idea fissa tradotta musicalmente in un tema che attraversa i vari tempi della sinfonia. Alla base di tale invenzione sta un dato autobiografico: la passione del compositore per l'attrice Harriet Smithson che le note esprimono con accenti di struggimento e speranza, rabbia e gelosia generati dal sentimento non corrisposto. Ne deriva una creazione ora malinconica, ora scintillante, ora lugubre, ora grottesca: un pezzo visionario che alcuni critici hanno ipotizzato sia stato scritto addirittura sotto l'effetto dell'oppio.

Ma come mai m'interessa?
I motivi sono due: un antico ricordo e una trasposizione per
pianoforte.
Il ricordo mi riporta ai miei quindici anni, quando a casa mi avevano regalato il
giradischi e questo di Berlioz era stato il primo album che avevo acquistato.
"E Bach?..." direte voi. Bach è venuto subito dopo, ma il primo 33 giri che ha fatto
ingresso in casa mia - insieme ai 45 giri dei Beatles, s'intende - è stato proprio di Berlioz. A me, totalmente inesperta, lo aveva consigliato il proprietario del negozio dove, come in una sorta di santuario, in seguito mi sarei recata parecchie volte sicuramente a cercar musica, ma anche a sperare che dei due commessi ci fosse il più carino...il quale invece si era eclissato quasi subito. Ma in compenso mi sono rimasti i dischi. Insomma, a volte la musica per arrivare a noi fa dei giri un po' complicati.

Confesso che la composizione di Berlioz non mi era piaciuta subito, ad eccezione della suggestiva atmosfera del brano di apertura e del secondo movimento, un valzer morbido e scintillante che ho pubblicato anni fa.
Ma col tempo sono riuscita ad apprezzare tutto, persino la versione caricaturale del
Dies irae che troviamo nel finale. Tuttavia poi, l'ascolto di altri autori me l'ha fatta mettere da parte.

Il secondo motivo di interesse è stata appunto la mia riscoperta di questo pezzo grazie a una trasposizione per pianoforte del suo tema ricorrente ad opera di Franz Liszt (1811 - 1886), in un brano intitolato "L'idée fixe: Andante amoroso d'après une mélodie de Berlioz, S395".
Se ascoltiamo il primo movimento della sinfonia intitolato "
Rêveries. Passions" nella sua versione originale che potete trovare qui, cogliamo accenti contrastanti che vanno dal pianissimo al fortissimo, dalla malinconia nostalgica del sogno al fuoco della passione. Liszt invece estrapola - se così si può dire - il tema ricorrente, la famosa idea fissa, e ne fa un delicatissimo preludio dall'atmosfera contemplativa che, in alcuni passaggi, potremmo paragonare ad un notturno di Chopin.
Dopo una breve introduzione, si apre infatti una melodia di dolce cantabilità che poi si
ripete con una serie di cromatismi e morbidissime fioriture di note, quasi a riprodurre un sospiro in un clima trasognato. Bellissima, nel titolo, l'espressione Andante amoroso che ci restituisce tutto l'incanto di quel tema del quale Liszt, togliendo i passaggi più accesi, esalta il fascino e la delicatezza.
Del resto, il musicista ungherese, oltre al proprio genio di compositore e virtuoso, è
celebre per le numerose trascrizioni per pianoforte di opere di altrui, cosa peraltro consueta nell'Ottocento romantico, sia per favorire la diffusione della musica che per dare risalto ad artisti ancora sconosciuti.

Buon ascolto!

(La foto è presa dal web)

venerdì 22 novembre 2024

Un' Aria di Bach per Santa Cecilia

Tra le tante raffigurazioni di Santa Cecilia che ho cercato nei giorni scorsi per celebrarla oggi qui, mi ha colpito subito questa di Anton
Joseph Dräger (1794 - 1833) - pittore tedesco nato a Treviri e morto a Roma - perchè ad una prima occhiata non lo avrei collocato nell'Ottocento, ma molto prima.

Dalle ante gotiche dell'organo alla bifora a tutto sesto che inquadra un morbido scorcio di paesaggio, il dipinto dedicato alla Santa e conservato nella collezione del castello di Weilburg mi riporta infatti al periodo rinascimentale.
E se pure sopravvive qualche reminiscenza
gotica, la finestra di sfondo che si apre su di un dolcissimo paesaggio testimonia l'acquisizione di abilità pittoriche già tipiche del Cinquecento.

Tra l'altro la morte dell'artista a Roma, che non a caso ricordavo, mi suggerisce che la sua presenza in Italia può avergli permesso di ammirare la grande pittura del Rinascimento e di prenderne spunto.
Mi riferisco non solo al colorismo degli artisti
veneti che qui Dräger riflette nell'abito di Cecilia, ma a quella bifora a tutto sesto che riporta ai dettagli di diverse Madonne di Leonardo (Madonna Benois, Madonna Litta, Madonna del Garofano) e non solo.
Inoltre, la morbidezza e la varietà del panorama
che si scorge dalla finestra non differiscono molto da altri sfondi di paesaggio che troviamo, per esempio, in Raffaello o in autori coevi.
Poi certo, il profilo sottile, la fronte nitida della Santa
insieme alle splendide mani affusolate posate sulla tastiera, possono rivelare tratti pittorici molto più vicini a noi.
Così pure i capelli lisci e scuri, raccolti sulla
nuca, nella loro moderna semplicità si allontanano parecchio dalle ricche ed elaborate acconciature rinascimentali.

Qui Cecilia, raffigurata come Santa solo dalla presenza dell'aureola, è in realtà una dolce fanciulla che, nella sua stanzetta, siede tutta intenta ad eseguire e forse anche a cantare una musica che - ingrandite il particolare! - sta leggendo su di un corale miniato. Un contesto del tutto anacronistico, se pensiamo che è vissuta a Roma nel III secolo d.C., mentre qui è inserita in un ambiente che rimanda a differenti epoche successive.

Dettagli antichi quindi, uniti ad altri più vicini a noi che ben si armonizzano tra loro nel clima di serena pace che promana da questo dipinto, quasi a dire che l'amore per la musica attraversa ogni tempo.

Proprio il corale sul leggìo mi riporta al passato, inducendomi ad associare a questa immagine una splendida composizione di Johann Sebastian Bach: il quinto movimento della Cantata in Re Maggiore BWV 30, "Freue dich, erlöste Schar" (Rallegrati, popolo redento).

Si tratta dell' Aria "Kommt, ihr angefochtnen Sünder" (Venite, afflitti peccatori) per contralto, flauto traverso, archi e continuo, melodia molto orecchiabile, esposta all'inizio e alla fine dai soli strumenti, mentre la parte centrale è affidata al canto della solista.
Per quanto abbia un tempo scandito nella
regolarità dei 4/4, il pezzo ci comunica un impulso danzante per le frequenti terzine e il ritmo talora puntato. Ne deriva un andamento decisamente gioioso che esprime esultanza per l'annunzio di salvezza portato da San Giovanni Battista cui la Cantata è dedicata, secondo le parole del testo scritto dal poeta e librettista tedesco Christian Friedrich Henrici. Eccole:

"Venite, peccatori,
accorrete, figli d'Adamo.
il vostro Salvatore grida e vi chiama!
Venite, gregge disperso,
svegliatevi dal sonno del peccato,
poiché ora è il tempo del perdono!"

Spero che Santa Cecilia approvi la mia scelta... Per parte mia, già da tempo la immagino intenta a conversare e far musica insieme a Bach, in un sublime angolo di Paradiso.

Buon ascolto! 

(La foto è presa dal web)


venerdì 15 novembre 2024

Specchi d'acqua - 11

È una tempesta lo specchio d'acqua di oggi, una superficie agitata da alti marosi che l'artista ha qui realizzato in modo efficacissimo. 
Si tratta del "Naufragio" di William Turner (1775 - 1851), opera conservata presso la Tate Britain di Londra.
Il primo immediato colpo d'occhio su questo dipinto mi dice subito quanta strada i vari artisti abbiano compiuto nel corso dei secoli nel riprodurre acque in movimento. Dalle raffigurazioni più semplici e stilizzate delle miniature medioevali a quelle del Rinascimento in cui il tratto pittorico si è arricchito di morbidezza e realismo, fino ai secoli più vicini a noi, l'abilità dei pittori si è sempre più raffinata nel rappresentare ora la profondità, ora il moto, ora riflessi e trasparenze delle onde. Basterebbe citare gli Impressonisti - peraltro non ultimi nel tempo - per comprendere la misura del cammino percorso. 
Del resto, che c'è di più mutevole di uno specchio d'acqua per offrire agli artisti un'ampia serie di soggetti cui ispirarsi?
 
 
Così oggi, mi piace soffermarmi sulla tempestosa immagine che vedete.
È stato il periodo barocco, dopo la compostezza rinascimentale, ad introdurre davvero il movimento nelle varie arti figurative, anche se già il Tintoretto aveva anticipato nei suoi dipinti tale tendenza. 
E insieme a questa, una libertà sempre più grande ha animato diversi pittori nel rappresentare il paesaggio e in esso il mare. Ricordo a questo proposito Rembrandt, Jan Peeters, Van de Velde il Giovane, poi Gaingsborough e Vernet, esponenti tra i più rappresentativi dei tanti che, tra il Seicento e il Settecento, hanno realizzato marine in tempesta o scene di naufragio.
 
 
Con questo dipinto di Turner, arriviamo ai primi dell'Ottocento - 1805, per la precisione - e la lotta impari dell'uomo contro la furia degli elementi s'inquadra nel clima romantico e in quella poetica del sublime nata alcuni decenni prima. Essa privilegia la rappresentazione di una natura maestosa, del senso del mistero e di tutti quei fenomeni che affascinano e provocano insieme turbamento per i loro aspetti terrificanti ed estremi. Così, le composizioni pittoriche si popolano di acque tempestose, eruzioni vulcaniche, terremoti, come pure di notturni in cui la luna rischiara un buio inquietante.
 

 
Nel "Naufragio" - peraltro non l'unica opera in cui ha raffigurato il mare agitato - Turner ci presenta alcune imbarcazioni che stanno per essere sommerse dai flutti e la lotta disperata dei naufraghi contro la sferza del vento e la forza delle onde. Onde che qui hanno perso la loro sagoma consueta per diventare un magma caotico e ribollente, informe e indefinito che l'artista realizza con un tratto pittorico modernissimo - quasi un anticipo di Astrattismo - capace di renderne la leggerezza ma anche il peso e l'ingovernabilità. La visione d'insieme ci restituisce infatti la percezione di un continuo movimento ondeggiante che circonda le barche da ogni lato, in un mare cupo dove le spume tra il bianco e il verdastro mandano lampi di luce sinistra, sotto un cielo scuro gravido di nubi. E tale contrasto accresce la tensione della scena.
Un'opera efficacissima, quindi, che rappresenta l'angosciosa concretezza di un naufragio e che a noi che la osserviamo oggi - a più di due secoli di distanza dal contesto dell'epoca in cui è stata concepita - non può non ricordare la tragedia di altri naufragi più vicini a noi, che hanno seminato e ancora seminano morte nel Mediterraneo.
 
Proprio questa drammaticità mi ha suggerito il brano di musica da associare al dipinto. Non una delle varie tempeste pur pregevoli che possiamo trovare nei concerti di Vivaldi o nella sonata di Beethoven che porta questo nome, ma - sempre di Ludwig van Beethoven - il tumultuoso e movimentato terzo tempo della "Sonata per pianoforte n.14 in Do diesis minore" nota per il suo Adagio iniziale intitolato "Al chiaro di luna".  
Una contraddizione? No, perchè a interessarmi qui non è l'atmosfera contemplativa di quel celebre pezzo, ma il "Presto agitato" finale. 
Si tratta di un brano in cui il tema, ricco di impetuosa veemenza, è una sorta di corsa inquieta e senza riposo, una travolgente cascata di arpeggi che vanno in crescendo e sembrano culminare in una deflagrazione. 
Ma al di là di questo, è il prevalere della tonalità minore a conferirgli un senso di forte tensione drammatica. E anche dove in taluni passaggi le note si placano, non viene meno quel costante dinamismo che fa di questa sonata - scritta nel 1801, a poca distanza e nello stesso clima artistico del dipinto di Turner - una delle espressioni più compiute della musica romantica.

Buon ascolto!

(La foto è presa dal web)

venerdì 8 novembre 2024

Lo stupore della neve


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

È sempre suggestiva la neve in natura, ma senza dubbio lo è anche in parecchi paesaggi degli Impressionisti che sono stati veri maestri nel rappresentarla cogliendone tutto il fascino.
Mi riferisco certamente a Monet a comiciare dal celebre dipinto intitolato "La gazza",
per proseguire con le numerose vedute di Argenteuil innevata; ma insieme a lui ho in mente anche Pissarro, Caillebotte, Courbet e Sisley, solo per ricordare i più rappresentativi.
Proprio di Alfred Sisley (1839 - 1899) avevo pubblicato tanti anni fa un post che
potete trovare qui nel quale commentavo "La neve a Louvenciennes", e torno oggi col dipinto che vedete, intitolato "Place du Chénil à Marly, effet de neige", conservato al Musée de Beaux-Arts di Rouen.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

E perchè questa composizione mi attrae in modo particolare?
Perchè è un'immagine fiabesca che,
a somiglianza di una preziosa perla che da un fondale marino riaffiora di tanto in tanto offrendoci la sua trasparenza, mi evoca i dettagli di un tempo infantile trascorso ma mai dimenticato.

Quel paesetto con le case addossate le une alle altre quasi avessero freddo mi ricorda infatti le illustrazioni di un'enciclopedia che avevo da bambina, insieme ad altre figure dei libri delle scuole elementari: piccoli universi di serenità dove iniziavo a familiarizzarmi con la vita e ai quali talora vorrei riandare come si desidera tornare a una felicità di sogno ancora intatta.

Ma nel dipinto di Sisley, oltre al paese, il tocco suggestivo è dato certamente dalla neve: un manto diverso da quelli pur bellissimi di altri pittori, che qui si arricchisce di densa corposità. Una neve della quale sentiamo lo spessore e il peso sui tetti, sui rami e sul terreno; un manto forse già molle nel quale i passi affondano lasciando orme scure, fatte di pennellate dense e materiche.

Quelli dell'artista sono infatti tratti semplici eppure molto efficaci nel ricostruire un ambiente, nel realizzare gli alberi - ricchi di ramificazioni che sarebbero piaciute a Mondrian - e insieme le figure umane: i due uomini vestiti di scuro e alcune donne davanti alle case, piccolissime ma non tanto che non ne possiamo intuire gesti, parole e forse anche pensieri. Un minuscolo universo che il genio pittorico di Sisley ci restituisce in un quadro di 50 per 61,5 cm.

Ma ad affascinarmi al di sopra di tutto sono i colori: è la suggestione del bianco, dell'azzurro, del grigio, del verde chiaro con qualche tocco di rosa sia nella rappresentazione della neve che del cielo. Tinte fredde, ma non gelide, e sfumature che si fondono in una delicata visione d'insieme, consentendoci di percepire l'atmosfera silenziosa e raccolta di certe giornate invernali.

E per prolungare tale sensazione di intimità data - nonostante sembri una contraddizione - proprio da queste tinte, ho pensato di associare al dipinto una musica lenta e assorta.
Come spesso accade, mi è venuto in soccorso Johann Sebastian
Bach, certo ben lontano da Sisley per contesto e cronologia, ma capace di oltrepassare i secoli con le sue melodie senza tempo. 

Così ho scelto il secondo movimento, "Adagio" del "Concerto Brandeburghese n.1 in Fa Maggiore BWV 1046", primo dei sei celebri concerti, considerati sintesi e culmine dello stile barocco ed esempi grandiosi del multiforme genio bachiano.
L' Adagio è un brano dall'atmosfera intensamente meditativa, nella struggente dolcezza di un re
minore che qui non mi pare induca tanto alla malinconia, quanto all'introspezione. Delicatissimo il dialogo che si configura tra oboe e violino, arricchito da numerose dissonanze che conferiscono profondità a una melodia non priva di suggestioni vivaldiane. Sembra condurci infatti fuori e insieme dentro di noi, attraversando paesaggi semplici e antichi dove la musica, come la neve del dipinto, fa fiorire lo stupore.

Buon ascolto!

(La foto è presa dal web)