sabato 11 febbraio 2023

L' aria del mattino

Bella giornata oggi, cielo azzurro, sole pieno, ma aria più che mai frizzante. E forse sarà stato perchè, dopo una mattinata fuori casa, sono rientrata intirizzita che all'improvviso, mentre ero ai fornelli, mi è balenato un ricordo.

Sono convinta che i lavori di casa favoriscano i pensieri, perlomeno alcuni. Sono i mestieri che si fanno mettendo - diciamo così - il pilota automatico e intanto la mente va per conto suo.
Ci sono giorni in cui mentre sto cucinando mi
trovo con la testa nel mio paesetto di montagna, altri in cui la fantasia se ne va libera a spasso e altri ancora in cui mi consegna antichi ricordi.

Credo che sia stata proprio la suggestione del freddo di oggi a riportarmi alla mente le mattine in cui, da studentessa universitaria, prendevo il treno per andare a Milano. Mi alzavo alle sei, ma per quanto presto fosse, erano sempre momenti concitati. In casa eravamo in quattro: io, i miei genitori e una zia che mi adorava...ma avevamo un bagno solo, ragion per cui, appena sveglia, il mio primo problema era dribblare la zia che, nonostante fosse di corporatura pesante, diventava agile come una libellula per precedermi di un soffio.
Se intravvedevo l'ombra bianca della sua camicia da notte che si chiudeva in bagno,
ero perduta. Invano mia mamma le bussava dicendo che la bambina doveva prendere il treno - la bambina, sì...a vent'anni! - ma non c'erano santi. A dire il vero, treni non ne ho mai persi, ma mi riducevo spesso all'ultimo minuto, inseguita dal ritornello dei miei: "Vai, che fai tardi!"

Una volta guadagnato il bagno e sistemata, facevo colazione con mia mamma cercando di eludere i suoi tentativi di infilarmi in tasca a tradimento un panino. Poi iniziava la parte più concitata delle operazioni: raccattavo libri, cartella, borsa, intanto che le dicevo "Guarda fuori se piove!", mentre lei gridava a mia zia - che era un po' dura d'orecchio - che chiamasse l'ascensore, altrimenti dovevo scaraventarmi giù per cinque piani di scale e ci voleva il suo tempo.
Poi, per quanto fossi di fretta, intimava: "Vai a salutare il papà!", il quale papà
dormiva ancora placidamente ma, pur nella nebbia dell'improvviso risveglio, quasi avesse dentro una registrazione automatica riusciva a dirmi in tono accorato: "Sbrigati, che perdi il treno!..."

Da ultimo, mentre mi fiondavo in ascensore, si passava alla modalità raccomandazioni. Mia mamma, con logica ineccepibile, mi diceva di non correre. Ma certo, come no??? A mia zia spettavano invece i consigli di tipo meteorologico che giustamente variavano secondo la stagione. Se faceva caldo: "Non sudare e non stare al sole!"; ma soprattutto se era inverno, le raccomandazioni si moltiplicavano: "Non prendere freddo, mettiti la sciarpa davanti alla bocca, non respirare!"
NON  RESPIRARE !...Giuro che una volta l'ha detto davvero, anche se si era subito
bloccata, forse consapevole dell'assurdità di quello che le era uscito!
Insomma, non so se fosse più affetto che si traduceva in incubo o incubo che
diventava affetto! So che era un miscuglio inscindibile di gesti, attenzioni, ordini e sentimenti che oggi ricordo con gratitudine e sorriso perchè anche il fermento di quei piccoli scorci di quotidianità, segnati dalla partecipazione corale dei miei familiari, esprimeva la sostanza del loro amore.

Così uscivo a precipizio nell'aria del mattino ma, appena fuori, veniva a prendermi Bach - sì sì...che andate a pensare? Proprio lui, Giovanni Sebastiano! - e insieme correvamo leggeri verso la stazione, canticchiando a mezza voce l'Allegro di un Brandeburghese o una sarabanda. Poi sul treno lo scenario cambiava e la giornata si dipanava su altri sentieri.

Più o meno è questa la cronaca di tante mattine dei miei anni universitari, un ricordo al quale oggi mi piace associare un brano di leggerezza gioiosa e giocosa, simile a quella di una ragazza in corsa verso la stazione con in cuore la musica che ama.
Si tratta della celeberrima "Badinerie" che conclude la "Suite n.2 in si minore per
flauto e orchestra BWV 1067" di Johann Sebastian Bach, pezzo brevissimo ma vivace e concitato anche per l'incalzante ritmo di 2/4. Qui protagonista è il flauto che si produce in una serie di virtuosismi che sembrano imitare un saltellante e funambolico passo di danza, e in effetti la badinerie era un pezzo in voga proprio nei balletti del XVIII secolo.

Ho scelto l'esecuzione di Emmanuel Pahud perchè - nonostante non mi
entusiasmino i suoi numerosi glissati - mi piace per la perfetta coesione con l'orchestra e il ritmo veloce, ma non esagerato, che ci consente di apprezzare al meglio l'ariosa e frizzante energia di questo brano.

Buon ascolto!

(La foto è presa dal web)

2 commenti:

Marina ha detto...

Bello il tuo ricordo. Io adoro i ricordi del passato (non si era capito, vero? Non faccio che parlarne!) e mi piace seguire quelli degli altri. Mi piace ancora di più l’idea che una ragazza di venti anni si faccia accompagnare all’università da Giovanni Sebastiano! 😀 Come sempre ottima scelta: questo brano è conosciuto, è molto brioso.
Al prossimo ricordo ritrovato!

Annamaria ha detto...

Questo brano, conosciutissimo, mi è parso adatto alla concitazione delle mattine che ho descritto perché ha la leggerezza giusta.
Anch'io, come vedi, amo i ricordi, sono una grande ricchezza.
Grazie, Marina, e buona serata!