venerdì 18 marzo 2022

Stanze - 3

C.V. Holsøe : "Bambini in un interno" 

















 

Quando un'abitazione diventa casa? Quando i suoi spazi, da luoghi estranei ed anonimi, divengono familiari e nostri tanto che vi possiamo sostare con agio e tranquillità come in una tana sicura ?
Sono molteplici i fattori che contribuiscono a rendere domestiche le stanze di una
dimora, ma fondamentale è la loro capacità di riflettere una parte di noi stessi nella quale ci riconosciamo, ritrovandoci attraverso i colori, la luce, l'atmosfera, gli arredi e altri particolari che appartengono alla sfera della nostra storia e della memoria. Se è vero infatti che gli oggetti, pur essendo inanimati, assorbono una parte della nostra esistenza, è altrettanto vero che essi ce la restituiscono poi in dettagli e angolature che evocano le mille vite che ci portiamo dentro, insieme al calore delle persone che ci hanno accolto.

Ricordo - e torno indietro di una trentina d'anni - il momento in cui sono venuta a stare nell'appartamento in cui abito ancora oggi. L' avevamo preso dopo una ricerca affannosa e trovarlo ci era parso un colpo di fortuna, ma a me che ero affezionata alla vecchia casa con giardino che lasciavamo, il nuovo alloggio - per quanto grande e arioso - non piaceva e avevo accettato solo per necessità.

Alla sera dell'estenuante giornata di trasloco, mentre ancora un po' accampati sedevamo al tavolo del tinello, era salita dal piano di sotto la nostra vicina a portare un pentolino di brodo caldo, un ottimo brodo che ci aveva ristorato dalle fatiche e insieme dal freddo - era febbraio - per il continuo andirivieni tra fuori e dentro.
Era stato allora - mentre da dove ero
seduta vedevo uno scorcio di anticamera col tavolino per il telefono e gli scaffali coi libri - che qualcosa dentro di me si è riconciliato con quelle stanze e la casa è diventata mia.
Era come se il gesto garbato della vicina mi
avesse pacificato interiormente rendendo bella e familiare l'angolatura da cui mi guardavo intorno e i vari ambienti avessero cominciato a mostrare una fisionomia meno anonima.
Per merito suo, io e la casa ci stavamo
addomesticando e, quando sentiamo nostro uno spazio, qualunque suo angolo diventa accogliente perché anche un semplice scorcio può parlarci.

Questo ricordo mi è tornato alla mente giorni fa quando, facendo passare le opere di un pittore che amo e del quale mi sono occupata più volte, ho trovato il dipinto che vedete.

Si tratta di "Bambini in un interno" del danese Carl Vilhelm Holsøe (1863 - 1935), raffinato artista che ha spesso rappresentato l'atmosfera tranquilla delle stanze della propria casa in quadri sempre ricchi di delicatezza ed eleganza.
Questo dipinto, probabilmente conservato in una collezione privata, ci presenta due
piccoli seduti in cima ad una rampa di scale, nel mezzo di un pianerottolo. Tuttavia non sembrano essere fuori dall'abitazione, ma solo in un passaggio interno che collega due piani della stessa casa.
È stato proprio lo scorcio prospettico al centro del quadro a parlarmi, uno scorcio che delinea
tre spazi diversi: la stanza dalla quale guardiamo, il pianerottolo, e sullo sfondo la scala che sale lasciando il resto della alla nostra immaginazione. Nel mezzo, i due bimbi che parlano tranquilli o forse leggono assorti o disegnano o giocano, lavorando di fantasia come solo i bambini sanno fare, dotati di quella capacità creativa che consente loro di trasformare un non-luogo come un semplice pianerottolo in un regno delle meraviglie. Allora non importa se le pareti sono spoglie e lo spazio è improvvisato, perché la fantasia sa colmare i vuoti.

Una rappresentazione fatta di garbo e di grazia: dalla delicatezza con cui Holsøe ha delineato la bimbetta nel suo vestitino a maniche corte e il bimbo con golfino rosso - unico tocco di vivacità dell'insieme - fino alla parete bianca che li illumina, mentre l'ambiente intorno è pervaso qua e là di penombra in calde sfumature di beige.
Poi una sedia, dei quadri e in alto piatti di
ceramica che hanno un che di antico, dando un tocco di eleganza alla semplicità dell'immagine.

E ancora mi soccorrono i ricordi. Ero bambina quando mia madre mi portava con sè in visita a un'amica che aveva una figlia mia coetanea e, mentre i grandi restavano in salotto, lei mi conduceva a giocare in una stanza in fondo alla casa. Era una vecchia casa del centro storico con una struttura ben diversa dagli appartamenti moderni: le stanze comunicavano l'una con l'altra e per arrivare in fondo dovevamo attraversare diverse camere da letto con mobili antichi e sopracoperte a fiori. Forse erano solo tre, ma a me parevano spazi interminabili e favolosi che mi erano rimasti impressi tanto da tornarmi qualche volta anche in sogno, come accade per le suggestioni della nostra infanzia.
La stanza in cui giocavamo inventando improbabili storie e dando vita agli oggetti
come fanno i bambini, non aveva una sua particolare fisionomia, forse era solo un ripostiglio, ma ai miei occhi si trasformava in un luogo affascinante e misterioso. E quando poi la famiglia della mia amica si è trasferita in un appartamento più moderno, mi è spiaciuto tanto non poter più tornare in quella casa per la quale ho provato una nostalgia che ancora dura.

Allora, per passare alla musica, ai due bimbetti del dipinto di Holsøe - e insieme alla bambina che sono stata e in parte sono ancora - dedico un brano di Felix Mendelssohn Bartholdy (1809 - 1847) tratto dalle "Romanze senza parole", raccolta di brevi pezzi di tono romantico, ispirati forse al musicista dalle composizioni della sorella Fanny.
Questo s'intitola "Frühlingslied” - Canto di primavera - op.62 n.6 e lo riconoscerete
subito per averlo già ascoltato chissà quante volte, magari in uno dei tanti arrangiamenti orchestrali di cui è stato oggetto.
Qui, tuttavia, ho preferito la versione originale per pianoforte che mi pare più intima e al
tempo stesso più adatta all'atmosfera del dipinto. La musica - un "Allegretto grazioso" ricco di arpeggi - si dipana infatti con luminosità in un andamento garbato e giocoso che può ricordare il mondo dell'infanzia.
E così pure la primavera, che Mendelssohn ha delineato in note, può accordarsi con quella della vita dei due piccoli che
Holsøe ha dipinto su di uno sfondo di luce.

Buon ascolto!

(Le foto sono prese dal web)

6 commenti:

Pia ha detto...

Buongiorno Annamaria. Sai che non conosco questo pittore ed artista?
Grazie di averne scritto.
Poi ho trovato dolcissimo questo tuo scorrere nei ricordi.
È vero, per riuscire a sentire proprio un nuovo posto in cui vivere c'è bisogno di nuovi sensi di appartenenza. Ho traslocato più volte, cambiando luoghi che diventano cari col tempo e comprendo bene cosa intendi.
Poi queste bellissime note tanto dolci al mio cuore coronano il tutto in modo egregio. Grazie davvero, abbraccio forte. Ciao.

Annamaria ha detto...

Buona giornata, cara Pia!
Holsoe è un artista danese comtemporaneo del più famoso Vilhelm Hammershøi, anche lui pittore di suggestivi interni.
Sì, in questo post dedicato alle "Stanze" mi sono affiorati ricordi di vecchia data che ho dentro ancora nitidissimi. Vedo che anche tu conosci bene il loro valore.
Grazie di essere passata qui e un abbraccio grande grande!

giorgio giorgi ha detto...

Che spettacolo questo post! Mi hai evocato mille cose. Innanzitutto la casa in cui abito, che trovai 15 anni fa dopo tre anni di ricerca e che tutti i giorni mi accoglie con calore quando torno a sera dal lavoro. Poi la vita e le opere di L.S. Lowry, pittore inglese che ho scoperto grazie al film Mrs. Lowry and son che ti consiglio di vedere.
Poi il fatto che il tuo post potrebbe stare benissimo in un trattato di psicologia perché la casa è una parte essenziale della vita. Poi un libro stupendo che comprai tanti anni fa, La casa di un gentiluomo inglese, con foto bellissime e infine l'incontro di sabato scorso in centro a Modena con un anziano uomo che suonava con passione uno strumento straordinario vecchio di 200 anni, un cembalo affascinante più unico che raro.
Tutti ricordi legati al piacere e all'armonia dell'arte di vivere.

Annamaria ha detto...

La casa è sempre una parte essenziale della nostra vita. Io ho avuto quattro case, due da ragazza e due da sposata compresa quella attuale, e tutte mi hanno lasciato ricordi indelebili. Ma, come hai letto, anche quelle di alcune mie amiche.
Grazie delle belle cose che hai condiviso, Giorgio, e dei tuoi consigli: non conosco Lowry, ma andrò a cercare i suoi dipinti e il film.
E che meraviglia il suono di un cembalo antico!
Buona serata!

Stefyp. ha detto...

Cara Annamaria, che bello questo post, anche a me ha portato alla luce ricordi di bimba. Il quadro di Holsoe è molto bello, curato nei singoli particolari: l'ombra della sedia sul muro, il battiscopa disegnato delle pareti, i piatti appesi, la scala... c'è spazio per l'immaginazione, eppure, senza la presenza dei due bimbi seduti a guardare un libro, l'ambiente, secondo me, risulterebbe anonimo, mancherebbe di calore familiare.
Molto romantico anche il brano che hai abbinato, grazie.
Buona serata e un abbraccio grande, Stefania

Annamaria ha detto...

Sì,cara Stefania, hai visto quante ombre e particolari nel dipinto? Io vi ho fatto solo un cenno veloce ma tu li hai notati tutti. E hai ragione: se non ci fossero i due bimbi, quello spazio sarebbe ben altra cosa, vuoto e privo di calore familiare.
Grazie della tua attenzione e del tuo apprezzamento.
Un abbraccio di buona serata a te!!!