lunedì 23 novembre 2020

"Sebastian"

È sempre interessante rileggere un libro a distanza di tempo, perchè la diversità del momento - e spesso di stato d'animo - ce ne fa cogliere aspetti nuovi, consentendoci di apprezzate sfumature che magari la prima volta ci erano sfuggite e facendoci inquadrare la vicenda in un'altra luce. 

È stato per me il caso del testo che vedete qui in foto, intitolato "Sebastian": esordio letterario di Cesare Picco, classe 1969, pianista e compositore di fama internazionale.
Il lavoro - uscito poco più di un anno fa e dedicato a Johann Sebastian Bach - è
insieme documento e romanzo, biografia ma anche un po' favola che l'autore ha costruito senza seguire una rigorosa cronologia, ma alternando capitoli centrati sull'adolescenza del musicista, ad altri relativi agli anni della maturità e agli ultimi mesi segnati dalla perdita della vista.
Ma mentre, la prima volta che l'ho avuto in mano
, del libro mi aveva colpito soprattutto il lato per così dire favolistico, la mia recente rilettura mi ha fatto cogliere con maggior forza altri aspetti di grande spessore che Picco fa emergere da una scrittura avvincente e profondissima.

Protagonista del romanzo è appunto Bach, del quale l'autore delinea le fasi della formazione, insieme all'amicizia che lo lega al compagno di liceo Georg Erdmann e che li vedrà protagonisti di un viaggio dai contorni fantastici da Ohrdruf a Lüneburg. Ma lo scrittore segue poi Sebastian nel corso della sua esistenza fino all'affermazione come kapellmeister a Cöthen, al matrimonio con la seconda moglie Anna Magdalena, al successivo trasferimento a Lipsia in qualità di kantor e infine agli ultimi mesi di vita.

Nasce così un racconto in cui, oltre allo scrittore, voci narranti sono anche l'amico Georg e poi proprio Anna Magdalena.
La storia si dipana intorno agli anni dell'adolescenza in cui il giovane Bach mostra
precoci doti musicali intuite dalla delicatissima attenzione di Elias Herda, splendida figura di maestro che ordisce segrete trame per consentire al suo migliore allievo di proseguire gli studi nella Michaelisschule di Lüneburg.
E accanto a Sebastian quindicenne, Herda mette Georg di qualche anno più
grande: in apparenza per proteggerlo, ma in realtà per non spezzare la loro amicizia e consentire a entrambi di continuare gli studi musicali, superando le difficoltà economiche e i divieti posti dalla famiglia Bach. Inizia così per i due amici un viaggio avventuroso: trecento chilometri da percorrere a piedi tra varie insidie, ma anche indomabili speranze e sogni che talora andranno a sovrapporsi alla realtà.
Ma altri capitoli vedono Bach nel rapporto con la propria numerosa famiglia, poi segnato dalla malattia e oggetto di cruente
operazioni agli occhi, assistito con devozione dalla seconda moglie Anna Magdalena. Emerge qui un ritratto delicato e intenso di questa donna, del suo amore per Sebastian, così come della sua passione per la musica e della collaborazione col marito del quale trascrive attentamente le partiture.

Al di sopra di tutto, però, di Bach ragazzo e poi uomo maturo Picco
mette in luce la costante e appassionata ricerca del suono dell'universo, di quel codice segreto che attraversa cose e persone quasi il mondo, come un immenso spartito, fosse fatto di musica e percorso da vibrazioni che solo l'orecchio assoluto e il genio sanno cogliere.
Una ricerca che inizia dalle prime pagine del libro con la "Mappa dei suoni di Ohrdruf"
dove viene segnata la tonalità in cui risuona ogni angolo del paese, ogni albero, ogni strada, ogni muro...per arrivare alle ultime pagine in cui, ormai in punto di morte, Bach inizia ad avvertire - come afferma egli stesso - "il suono più puro e sconvolgente che abbia mai udito" e confessa ad Anna Magdalena: "È in quel suono che desidero perdermi".

Un romanzo profondo e toccante da far leggere - a mio avviso - anche a scuola. Nel racconto, infatti, Cesare Picco pone più volte l'accento su quel sentirsi "in divenire" tipico degli anni dell'adolescenza: anni di purezza e stupore, passione e impeto che talora regalano il coraggio di compiere un salto nel buio, quasi una sorta di rinascita per realizzare la propria vocazione. E man mano che si procede nella lettura, si coglie l'intensa poesia di tale ricerca.

Bello inoltre il fatto che ogni capitolo abbia per titolo una composizione bachiana, come fosse la colonna sonora più appropriata per comprendere il senso delle vicende narrate.
Così, ho scelto il brano di oggi proprio tra queste, un pezzo dolce e sorridente
che riconoscerete subito perchè è tra i più famosi ed eseguiti: il Corale "Jesu bleibet meine Freude" - Gesù rimane la mia gioia - che chiude la celebre "Cantata BWV 147".
È un'aria
che mi ha sempre colpito per la sua singolarità, costituita da una sorta di scambio tra parte corale e melodia. Mentre infatti, di solito, un coro canta su di un andamento musicale più movimentato rispetto agli accordi, qui invece il motivo ornato e fiorito - quello che più facilmente resta nella memoria - fa solo da introduzione e accompagnamento, mentre il coro canta su di un impianto armonico più fermo.
Un pezzo intriso di gioia contemplativa nel quale - ancora una volta - per Bach lo splendore
delle note si traduce nel sorriso dell'intero universo.

Buon ascolto!

 

10 commenti:

Gus O. ha detto...

Bach, un gigante in mezzo a un formicolare di nani inquieti e frenetici.
Grazie Annamaria.

Annamaria ha detto...

Concordo sul fatto che Bach è un gigante. Non sarei così drastica però nel giudizio sugli altri musicisti. Anche solo tra i contemporanei di Bach, ci sono compositori di grande pregio. E se non raggiungono la sua altezza, sono comunque...bellezze diverse.
Buona serata Gus, e grazie!

giorgio giorgi ha detto...

Sai, ascoltando questo brano, mi veniva da pensare alla religiosità, cioè al rapporto con l'Altro e pensavo anche con cosa non c'entrava proprio nulla questa musica: per primi ho pensato ai mafiosi, poi ai politici corrotti, poi a quelli che odiano gli altri, i diversi... Ma ce li vedi tu a suonare o ascoltare questa musica, tutti costoro, col cuore gioioso?
Ecco, la gioia dell'anima che suscitano le note di Bach, ha del divino, dell'universale, del relazionale: parla di gioia, di vivere, di stare insieme, di godere insieme agli altri, di natura, di spiritualità e di semplicità.
Ecco: religiosità, l'incontro con l'Altro diventa davvero l'incontro con l'altro, con gli altri, con tutti gli altri uomini. Una cosa profonda, che nasce dal profondo del cuore, della bellezza di vivere, di esistere in un mondo dove non si è soli (a contemplare i propri soldi, la propria intelligenza, le proprie fortune, la propria bellezza).

Annamaria ha detto...

Sì, Giorgio: la musica di Bach ha proprio "del divino, dell'universale, del relazionale, parla di gioia di vivere..." come scrivi. E' un dono inestimabile che ci esorta ad aprirci ad altre dimensioni al di fuori di noi, ma anche da scandagliare nel profondo di noi stessi.
Certo, da tanta bellezza occorre però lasciarsi raggiungere e ferire, accettando l'insanabile nostalgia di chi si riconosce INCOMPLETO. Ecco il problema...e non tutti accettano a volte di aver bisogno degli altri o dell'Altro.
Grazie delle tue riflessioni e buona giornata!

Stefyp. ha detto...

Brava Annamaria, complimenti, un post superlativo. Ho letto il libro come sai, ma una sola volta, mi è però bastato per apprezzarne tutto il fascino. Il romanzo è avvincente, e Cesare Picco è stato bravissimo a ricamare sulla vita dell'artista una bella storia. Ho visto Bach sotto un'altra luce, in maniera forse un po' fiabesca, ma il libro è stato istruttivo soprattutto per me che conoscevo solo il musicista.
Mi è piaciuto soprattutto il Bach adolescente, a cominciare dalla descrizione relativa alla "Mappa dei suoni di Ohrdruf" che trovo affascinante e intrigante, e ho apprezzato il coraggio e lo spirito di sacrificio che dimostra nell'affrontare la sua vocazione di musicista senza rinunciare ai valori dell'amicizia.
Il brano naturalmente è molto bello, come tutta la musica di Bach. Grazie carissima Annamaria per questo momento intenso e buona serata. Stefania

Annamaria ha detto...

Grazie Stefania! Sì, Cesare Picco è stato proprio bravissimo e nella mia rilettura del libro sono stata colpita anche dalla particolare profondità di alcune pagine. Sono le parole che lo scrittore mette in bocca prima ad Anna Magdalena (pag.184) e poi a Sebastian in punto di morte (pagg.187-188). Si parla del potere della musica, capace di farci rinascere anche dopo un grande dolore e di donare a Sebastian, ormai cieco, una più acuta e profonda percezione dei suoni. Pagine davvero sublimi.
E poi c'è la bella storia di un'amicizia e di un avventuroso percorso di formazione.
Grazie ancora delle tue considerazioni e un abbraccio di buona serata!!!

Nella Crosiglia ha detto...

come sempre sai cogliere e consigliarci le cose più pure mistiche eroiche e segrete dei vari grandi musicisti. Un libro veramente da non perdere che , anche chi può conoscere Bach riesce ad afferrare la sua grande interiorità melodica, fatta di spiritualità e gioia di vivere durante le tante disgrazie che sul finire della vita gli sono capitate. Vita che non è stata solo dolore ma ricerca musicale così perfetta e gioiosa da far parlare tutte le cose del creato , che vengono riproposte nel bellissimo brano che tu hai scelto.
Grazie ancora mia cara AnnaMaria..
Un sempre abbraccio da stritolo

Annamaria ha detto...

Sai, cara NELLA, a volte con i libri occorre fortuna, e io ne ho scovato sempre di belli!
Tu hai detto benissimo! La vita di Bach è stata dolore, ma anche gioia di vivere, ricerca musicale capace di far parlare tutto il creato e questo libro di Picco mette in luce tali aspetti in modo sorprendente e - oserei dire - talora anche poetico.
Una lettura da non perdere davvero!
Grazie di cuore e un abbraccio sempre grande!!!

Rossana Rolando ha detto...

Vito Mancuso considera la musica di Johann Sebastian Bach capace di penetrare nelle strutture intime dell'essere laddove il bene, la bellezza, la giustizia hanno più ragioni e più potere di attrazione dei loro contrari. Una musica, come tu dici, che è ricerca del codice segreto del mondo e delle umane vicende, rivelazione e dono di un possibile senso.
Grazie per questa lettura appassionata (sicuramente un buon consiglio anche per alunni sensibili alla introspezione e alla dimensione dell'arte).
Un caro abbraccio.

Annamaria ha detto...

Ricordo, cara Rossana, quello splendido libro di Mancuso sulla bellezza di cui avevamo parlato tempo fa. Sì, la musica di Bach è come un raggio di luce che arriva nel profondo riportandoci all' essenziale.
Ma al tempo stesso è ricerca che dà voce alle innumerevoli dimensioni del creato. E nel suo romanzo anche Picco ce ne parla in modo davvero appassionante.
Grazie di cuore e un abbraccio grande!!!