L'ascolto di César Franck, la scorsa settimana, oltre alla bellezza dei suoi brani mi ha riservato anche una piacevole sorpresa.
Avete presente quando, magari da anni, una musica vi gira in testa, non sapete che cos'è e a tratti vi struggete di curiosità?
Ebbene, stavolta il tormentone veniva da lontano, dall'epoca preistorica in cui facevo parte della schola cantorum della mia parrocchia. Ma qui occorre fare un bel salto indietro nel tempo.
Credo di aver già detto in passato quanto da bambina - sugli otto, dieci anni o giù di lì - amassi cantare nel coro della mia chiesa soprattutto quando, nelle Messe solenni, lo si faceva dalla balconata dell'organo seguendo la funzione da quel singolare punto di vista. A quell'età, per me e le mie compagne la cosa era fonte di divertimento anche se, praticamente appollaiate in poco spazio, dovevamo stare attente a non far scricchiolare troppo l'impiantito di legno sotto i nostri piedi. L'organo era proprio quello che vedete nella foto: il coro maschile stava a sinistra e quello femminile a destra del maestro, un giovane musicista di belle speranze che avrebbe poi fatto carriera.
Oltre ad alcuni inni a due voci, ci aveva insegnato un Kyrie, un Gloria e un Magnificat, ma non chiedetemi di chi perchè non l'ho mai saputo, forse di un autore dell'Ottocento. Però giuro che, nonostante l'epoca preistorica, la musica me la ricordo ancora tanto che ve la potrei canticchiare, anche se forse non è il caso. Il Kyrie era una melodia solenne e pacata che esordiva in tonalità maggiore, poi il Christe in minore e infine il Kyrie uguale a prima, come nella maggioranza dei casi.
Il Gloria invece era più animato, almeno all'inizio, ma quello che amavo di più era il Magnificat nientemeno che a quattro voci: qui ce la mettevamo tutta per dare il meglio nei vari incastri vocali, nonostante qualche svarione in quel latino col quale nessuno, per il momento, aveva ancora dimestichezza. Dopo l'introduzione, interveniva la solista, splendida soprano poco più che ventenne della quale - a nostro dire - il maestro era innamorato. Insomma, eravamo bambine ma, oltre alla voce, avevamo anche la vista lunga.
La cosa più suggestiva, però, era senza dubbio il suono del vecchio organo dal quale ci sentivamo letteralmente attraversati soprattutto quando il maestro inseriva i registri più pieni. Un suono che, anche in seguito, mi ha sempre catturato tanto che mi ci perdevo dietro irrimediabilmente nel bel mezzo delle funzioni. È stato proprio durante queste celebrazioni che avevo sentito più volte quel brano sconosciuto fonte del mio tormentone, ritrovato poi giorni fa tra le musiche di César Franck (1822 - 1890).
Si tratta del movimento iniziale del "Preludio, Fuga e Variazioni op.18", pezzo d'impianto bachiano come quello della volta scorsa, del quale vi riporto sia la versione originale per organo che la suggestiva trascrizione per pianoforte.
È una composizione dall'andamento malinconico che, in qualche passaggio, può ricordare il ritmo di una ninna nanna o di una dolce pastorale, per il suo bellissimo tempo ternario di 9/8 e il suo ritornare spesso sul tema iniziale ripreso poi anche nelle variazioni.
Ma la mia gioia non è stata solo il poter dare finalmente un nome alla melodia depositata nella mia memoria, ma godere insieme dello splendore della trascrizione per pianoforte che, a mio avviso, ne valorizza il fascino. Qui la brava interprete sottolinea infatti le varie dinamiche, esaltando i contrasti tra i passaggi più incisivi in cui la musica si anima ed altri nei quali va invece a smorzarsi piano, con struggente dolcezza.
E sono grata a César Franck per avermi fatto tornare bambina o poco più.
Buon ascolto!
(La foto - che raffigura l'organo della Chiesa di San Lorenzo a Lodi - è presa dal web)