lunedì 24 aprile 2023

Le mie città - 4

F. Guardi : "Cannaregio e il Ponte dei tre archi"

Non si può parlare in poche righe di Venezia, città che ti regala un incanto destinato a restarti dentro, e ogni volta che la rivedi dispiega ai tuoi occhi altra bellezza suscitando sempre nuovo stupore. Ma ho tanti ricordi che me la rendono cara e non posso non annoverarla tra i miei luoghi del cuore.
Ci sono stata la prima volta a quattordici anni, e poi in parecchie occasioni
tra gite scolastiche, viaggi con amici o altre evenienze, ultima delle quali la laurea magistrale a Ca' Foscari di una cara persona di famiglia.

Di Venezia avevo già scritto tempo fa precisamente qui, parlando degli angoli che più mi affascinano: non tanto quelli famosi e fastosi del centro, ma quelli dei sestieri dall'atmosfera più popolare dove, in certi miei sogni adolescenziali, immaginavo di fuggire, di nascondermi o di perdermi.
Ho sempre pensato che Venezia sia la città più adatta nella quale perdersi,
per abbandonarsi a ciò che essa ci presenta di rio in rio, di calle in calle: prospettive, riflessi, luci e ombre, contrasti tra il bianco del marmo e il cotto di case, ponti e sotoporteghi. Un luogo in cui lasciar andare ansie e pensieri per concederci al suo cuore segreto e addentrarci nel labirintico andirivieni di calli e campielli dove ogni svolta apre mondi dal molteplice incanto.

  
Ma quando la città ha iniziato ad essere davvero mia?
Non la prima volta in cui ho visto piazza San Marco peraltro in una giornata radiosa,
 ma una sera d'inverno, appena arrivata con degli amici che avrei dovuto portare in giro il giorno dopo. Sul vaporetto che ci conduceva in centro, ero rimasta all'aperto pensando ingenuamente di ripassare la serie di palazzi che si affacciano sul Canal Grande immaginandomi già come guida: di qui la Ca' Pesaro...di là la Ca' d'Oro e via dicendo. Ma era dicembre, faceva freddo, era buio e per di più una fitta nebbia si addensava sui canali laterali illuminati da qualche fioco lampione che rendeva ancor più evidente l'oscurità circostante!
Eppure, quei palazzi ridotti ad ombre, la solitudine dell'ora, ma soprattutto il silenzio
rotto dallo sciabordare dell'acqua mi avevano preso in modo irrimediabile, esercitando su di me un fascino che ancora dura. Era quella la mia Venezia in cui fuggire, rifugiandomi dove le specchiature marmoree di chiese e palazzi si confondevano con la pietra corrosa delle fondamenta e i ponti inarcati sui canali aprivano prospettive inusitate.

Per questo, nella scelta di un dipinto che la rappresentasse qui, ho avuto molte incertezze. Meglio le cartoline del Canaletto o la pennellata vibrante e luminosa degli Impressionisti? Meglio la città colta nelle sue evanescenze da Turner o negli angoli più poveri da Sargent? Poi ho pensato alla suggestione dell'acqua che fa di Venezia un luogo unico al mondo, un miracolo di splendore e insieme di precarietà, e sono tornata a uno dei miei antichi amori: Francesco Guardi (1712 - 1793).











A cominciare dal suo meraviglioso "Gondole sulla laguna" del quale ho già parlato qui, la maggioranza dei suoi dipinti ci presenta infatti in primo piano l'acqua dei vari canali disseminata proprio di gondole, mentre la città, se non resta ai margini, è spesso in secondo piano. Tante sarebbero le opere da ricordare in cui l'artista ne ritrae i molteplici scorci, ma una tra le mie preferite è questa, intitolata "Cannaregio e il Ponte dei tre archi" e conservata presso la National Gallery of Art di Washington.

Un sestiere lontano da San Marco quello delle fondamenta di Cannaregio dove ancora oggi si trova il ponte che ha ispirato l'artista, forse meno celebre di quelli sul Canal Grande, ma che il Guardi ci ha restituito in un'immagine di grande semplicità ed eleganza. Colpiscono, infatti, quei tre archi a tutto sesto sotto i salienti che ne movimentano il profilo, facendone una splendida rappresentazione dal fascino barocco. E il cotto rossastro della muratura contrasta con la cornice bianca che ne disegna e sottolinea il perimetro.

Le due sponde presentano edifici a destra più semplici e popolari, mentre sulla sinistra gli alti e tipici camini veneziani fatti a tronco di cono rovesciato - come vediamo per esempio nelle tele del Carpaccio - ci indicano la presenza di palazzi nobiliari.
Ma del dipinto amo anche l'atmosfera densa del cielo e il colore verdino dell'acqua
nella quale si specchiano barche e case in un riflesso indefinito che dà ulteriore fascino alla rappresentazione.
E mi pare che, se da un lato ciò può essere un'eredità della pittura tonale del
Cinquecento che proprio in Veneto ha avuto il suo centro, dall'altro conferisca all'opera un'aura già preromantica. Del resto, quella del Guardi non è la riproduzione esatta di Venezia a somiglianza dei quadri del Canaletto, ma un'immagine che l'artista ha filtrato attraverso la propria sensibilità e le proprie emozioni.

Ed è seguendo la suggestione dell'acqua nel suo movimento che ho scelto il brano di oggi. È Vivaldi naturalmente, col mirabile "Andante" del "Concerto in Si bemolle maggiore a due cori RV 583, per archi e violino discordato".
Il termine discordato si riferisce a un' accordatura leggermente diversa dal solito
nella quale una corda dello strumento viene abbassata di tono allo scopo di variarne il timbro dando alla musica un effetto talora più intenso o dissonante; l'espressione a due cori si riferisce invece alla presenza di due complessi strumentali.
Il pezzo ha un ritmo lento e un tono struggente che creano subito un clima
meditativo. Sopra un accompagnamento sempre uguale - quasi una sorta di ostinato simile al moto ondoso dell'acqua lagunare - il violino solista inanella una melodia dolcissima e di rara delicatezza. L'aria si sovrappone alla base creata dagli archi e, dal pianissimo iniziale, si ripete arricchendosi di trilli e variazioni di progressiva intensità senza tuttavia perdere la sua atmosfera assorta.
Un brano da ascoltare a lungo lasciandosi pervadere dal suo incanto, magari sognando di perdersi nello splendore di Venezia.

Buon ascolto!

(La foto è presa dal web) 

 

8 commenti:

Marco Capponi ha detto...

Venezia. E hai detto tutto. La tua descrizione dell'arrivo in dicembre mi ha ricordato l'inizio di "Fondamenta degli incurabili" di Brodskij (ed. Adelphi), breve testo dedicato alla mia amata città - quella che su tutte mi ha insegnato ad amare la vita, come ricordo anche nel mio libro. Ogni ponte è unico: non ne esiste uno uguale all'altro. E i giardini segreti? E gli orti? E poi la musica... sebbene non sia il solo, Vivaldi è Vivaldi e il suono dei suoi archi, delle progressioni armoniche, degli unisoni sono inconfondibilmente veneziani. Quasi come certi intercalari dei gondolieri, che qui non ripeto!

Annamaria ha detto...

Oh sì, anche gli orti e i giardini e la musica!!! E Vivaldi certo, che non è il solo tra i compositori veneziani, ma è quello che meglio ci restituisce, tradotto in note, il "respiro" di Venezia tra luce e malinconia, splendore e precarietà.
Grazie di cuore, Marco!

Rossana Rolando ha detto...

"Era quella la mia Venezia in cui fuggire...": molto bella la tua memoria di una Venezia intima, segreta, sottratta al chiasso di un turismo invasivo. Mi sono venute in mente le descrizioni di Thomas Mann, in "La morte a Venezia", tra incanto e malinconia. Un caro abbraccio.

Annamaria ha detto...

Sì Rossana, la mia è la Venezia "sottratta al chiasso di un turismo invasivo" proprio come hai detto. E non importa se quelli che mi attirano sono i quartieri più popolari, perchè lo splendore della città si respira anche lì. E se poi c'è la nebbia, questa non fa che accrescerne il fascino.
Grazie, e un caro abbraccio a te!

Marina ha detto...

Venezia è bellissima, l'ho visitata da bambina, in viaggio con i miei durante un'estate, ma i ricordi più straordinari sono legati a una gita fatta con il mio ragazzo (poi marito), per un romantico fine settimana. Strano, perché nella sua bellezza, Venezia è una città che mi immalinconisce, ha un'aria mesta che, se dovessi identificare con un colore, sarebbe il rosa antico :) Adesso stiamo meditando di tornarci: voglio rivederla.
Per quanto riguarda i quadri, Turner è uno fra i miei pittori preferiti, ma quello che hai scelto di Guardi è molto rappresentativo, le gondole sulla laguna sono l'immagine più simbolica di Venezia (e sono andata a leggere l'altro tuo articolo: non conoscevo questo "vedutista"): il quadro mi piace molto.

Annamaria ha detto...

Grazie di aver condiviso i tuoi ricordi di Venezia e le tue sensazioni, Marina!
In effetti è una città che in certe zone immalinconisce, ma è una malinconia struggente come certi pezzi di Vivaldi.
Quando ci tornerai, se per caso non la conosci ancora, vai a vedere Santa Maria dei Miracoli, una chiesetta dalle luminose specchiature marmoree che sorge in un campo piccolo e quasi povero. È un vero e proprio gioiello sorprendente perché contrasta con la semplicità del luogo.
Buonanotte!

Marina ha detto...

Andrò senz'altro. Segnato a futura memoria. Grazie ;)

Annamaria ha detto...

Grazie a te, Marina!