lunedì 12 aprile 2021

In cerca di leggerezza - 4


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

È stata la magia del vento in queste ultime giornate così ariose - se pure un po' più fredde - a riportarmi alla memoria il dipinto che vedete. E insieme sono stati i primi temporali di primavera, i cieli variegati di nuvole mentre alberi e campi si rivestono di un tenerissimo verde: immagini di leggerezza che la natura ci offre per particolari, brevi periodi all'inizio della stagione primaverile. Poi, col procedere del tempo il verde si scurirà, se ne attenuerà la freschezza e la temperatura via via più calda muterà anche la luce e i colori.

E sono proprio la luce e i colori ad affascinarmi in questa immagine che avrete certamente riconosciuto: si tratta infatti di un' opera di Vincent Van Gogh (1853 - 1890) intitolata "Paesaggio a Saint-Rémy" e conservata a Copenaghen, presso la Ny Carlsberg Glyptotek.
Il dipinto - realizzato un anno prima della sua morte, durante la degenza dell'artista nella clinica psichiatrica di Saint-Rémy - ci presenta tanti dei tratti inconfondibili del suo stile, anche se non emergono i caratteri quasi violenti che contraddistinguono l'espressionismo visionario di altre sue composizioni, forse ancora più famose. Penso alla celeberrima "Notte stellata" con quel cielo rutilante e vorticoso che sembra incombere sullo spettatore e venirgli addosso, o all'altrettanto famoso "Campo di grano con corvi" dalla pennellata veloce e corposa nel delineare i forti contrasti tra il giallo e il blu.

Al contrario, in questo paesaggio non avverto nulla di angoscioso, ma quella che - a mio avviso - sembra regnare è una leggerezza ariosa come un respiro di sollievo.
Da un lato troviamo le nuvole, spesso
ricorrenti nei dipinti di Van Gogh: ora fantasiose e avvolgenti, ora capaci di evocare figure umane come in "Campo di grano con cipressi" o "Ulivi". Qui, sono gonfie e attorte quasi un drago si protendesse sul panorama fino a lambire le montagne; eppure non avverto in esse il frutto inquietante di un'allucinazione o la minaccia di una tempesta imminente, ma mi pare che diano all'insieme una luce che ben si armonizza coi colori del paesaggio rappresentato.

È infatti la distesa di prati e colline al centro del quadro, con qualche casetta incuneata qua e là, a offrirci uno spazio movimentato ma rasserenante in cui affondare lo sguardo. Protagonista è il vento che attraversa la morbida campagna provenzale a iniziare proprio dalle nuvole, per poi animare il verde dei campi in primo piano, svegliandone tra l'erba sfumature diverse. È una gamma di tinte fredde quella che qui Van Gogh dispiega con ricchezza: dalle tante tonalità di verde di prati e colline fino all'azzurro e al blu più intenso man mano che ci si allontana, a indicare le montagne sullo sfondo e il cielo. Infine, il bianco della grande nuvola che tutto sovrasta e illumina con una freschezza che dona respiro.

Ma nella costruzione dello spazio, leggo anche quella maestrìa prospettica che troviamo - per esempio - in Cézanne. È la capacità di cercare la profondità prima di tutto con i colori, attraverso i quali campi e casali, colline e alberi s'incastrano con naturalezza in una geometria nata, più che da un disegno predeterminato, da un istinto squisitamente geniale. Ne deriva l'impressione di entrare all'interno del dipinto avvertendo quel senso di libertà e di leggerezza che dà il vento sul viso, e respirando la frescura della campagna con una sorta di effetto sinestetico per cui tinte e immagini si traducono subito in percezioni tattili.

A pensarci bene, quelli che caratterizzano questo dipinto sono anche i colori dell'acqua quando si fa spuma del mare o ruscello dalle tinte mosse e cangianti sulle cui rive si specchia la vegetazione. E mi stupisce sempre che un' armonia così piacevole per lo sguardo sia scaturita da un animo tormentato come quello di Van Gogh, soprattutto negli ultimi anni della sua vita. O forse è il sollievo che, in taluni momenti, la natura regala a chi ne è più assetato e meglio di altri sa afferrarne lo splendore segreto in un insopprimibile grido di salvezza.

Proprio per questi riferimenti al vento e all'acqua, mi piace associare al dipinto un brano di Jan Sibelius (1865 - 1957), l' "Improvviso op.5 n.5 in si minore".
Sono i ripetuti arpeggi sui quali è costruito il pezzo - ora lievi, ora più impetuosi -
a suggerirmi tali richiami, mentre la tonalità minore ci introduce in un clima di sognante malinconia.
Mi rendo conto che sto accostando due mondi per molti aspetti lontani: quello mediterraneo della
Provenza riprodotta da Van Gogh e le suggestioni nordiche del compositore finlandese. Ma mi sembra abbiano in comune il misterioso fascino degli spazi aperti, insieme all'inquietudine del vento che le note di Sibelius sembrano restituirci così efficacemente.
E forse proprio questi elementi sono stati la via di salvezza sognata da Van Gogh
attraverso la propria arte, la ricerca di un senso inseguito nel soffio leggero del vento tra l'erba e riprodotto - direbbe Montale - "come nei sommossi campi del mare spuma o ruga".

Buon ascolto!

 

8 commenti:

giorgio giorgi ha detto...

Post perfetto, per scrittura e accostamento tra dipinto e musica, anche se io dietro a quella nuvola un po' inquietante ci vedo un terribile temporale in arrivo.

Annamaria ha detto...

Può darsi, Giorgio. In effetti, dietro quella nuvolona il cielo è più scuro. Però io mi sono lasciata prendere dalla serenità dei colori nella parte centrale del dipinto.
O forse il motivo è che a me i temporali - se non fanno danni - piacciono perchè animano il paesaggio!
Grazie!

Gus O. ha detto...

La malinconia di Jan Sibelius e la bellezza dei dipinti di Van Gogh.
Sei bravissima.

Annamaria ha detto...

Grazie Gus! Passo l'apprezzamento a Sibelius e Van Gogh.
Buon pomeriggio!

Marina ha detto...

Un accostamento, come sempre, perfetto fra immagini e musica. Complimenti per come spieghi le opere d’arte: interpretandole, descrivendole, è come se tu ci vivessi dentro. E sono sensazioni che trasmetti a chi legge, tanto vero che io ho sentito il vento e ho visto il campo di grano muoversi flessuoso sotto la sua spinta leggera.
Non conoscevo questo brano, molto suggestivo e mi permetto di suggerirti l’ascolto di uno, che sicuramente, conoscerai: “Giochi d’acqua a Villa d’Este” di Liszt, Sibelius me lo ha ricordato molto.

Annamaria ha detto...

Grazie mille, Marina, della segnalazione del brano di Liszt. Conoscevo i "Giochi d'acqua" di altri compositori, ma non questo! Lo ascolterò con attenzione per cogliere le affinità con Sibelius.
Quanto alla mia lettura di certe opere d'arte, è un po' il frutto dei miei insegnanti di liceo che mi hanno comunicato prima di tutto la loro passione. Poi, negli anni, questa ha messo radici...e ti assicuro che ne sono passati tanti!!
Ciaoooo!!!

Rossana Rolando ha detto...

Veramente molto suggestivi sia l'accostamento, sia le descrizioni. Vero quello che noti in Van Gogh: il tortuoso percorso interiore che sublima il tormento dell'animo in armonia e bellezza o, viceversa, lo splendore della natura che soccorre il grido doloroso.
Il doppio intreccio del dentro e del fuori: il sentire dell'artista trasfigurato nell'esteriorità dell'opera o l'aiuto che giunge da fuori e si interiorizza. Come nel vento che si traduce in musica e ci raggiunge.
Grazie e buona serata.

Annamaria ha detto...

È un tema, questo del dentro e fuori, cui fai spesso riferimento nei tuoi commenti, e te ne ringrazio, cara Rossana, perché le tue osservazioni sono sempre arricchenti e vanno a sviluppare opportunamente idee che io ho espresso magari di sfuggita.
Buona serata!!!