venerdì 10 luglio 2020

"You were a child"

Ci sono versi di poeti, stralci di testi magari brevissimi come fulminee illuminazioni, che talora ci restano dentro e riaffiorano quando meno ce lo aspettiamo a interpretare una situazione, a identificare uno stato d' animo come noi meglio non potremmo.

Si tratta magari di ricordi lontani che pensavamo di aver dimenticato. 
Invece si sono depositati in noi quasi a nostra insaputa e talora - a distanza di tempo - si staccano come madrepore che da un fondale marino arrivano in superficie. Così prendono a parlarci fuori dal contesto in cui sono nati per diventare nostri. Del resto, prerogativa del linguaggio poetico è proprio la capacità di superare spazio e tempo per farsi universale, pur avendo origine da un impulso squisitamente soggettivo.

A me succede ogni tanto, soprattutto con i versi di Giuseppe Ungaretti che fotografano in modo essenziale e incisivo situazioni e moti interiori che il lettore può applicare anche a se stesso. Ed è stato qualche giorno fa che, riflettendo sulla pandemia e sulle prospettive future disegnate da vari esperti con l'incertezza che le contraddistingue, mi è affiorato da chissà dove questo verso ungarettiano:

"D'altri diluvi una colomba ascolto."

Un unico verso, ma in realtà un'intera poesia intitolata "La colomba" e formata proprio da un solo endecasillabo.
Non l'ho mai studiata a scuola, ma so da dove me ne deriva il ricordo perché me l' avevano chiesta - una vita fa! - all'esame di abilitazione. Francamente, non ho idea di cosa posso aver detto improvvisando su di un testo mai visto in precedenza, ma d'allora questo verso si è depositato in me lavorando in segreto, tant'è vero che è riaffiorato spontaneamente nei giorni scorsi.

La colomba nel racconto biblico annunzia la fine del diluvio universale, ma a me pare che qui, parlando di "altri" diluvi, il poeta faccia riferimento a sventure più recenti e vicine che egli stesso può aver vissuto - prima fra tutte la guerra - ma in rapporto alle quali avverte in sè segnali di salvezza. 
Me lo suggerisce il fatto che Ungaretti non scrive "una colomba attendo" - indice di una speranza, sia pure non ancora realizzata - ma proprio "ascolto", come se la fine dei diluvi fosse già in atto e andasse semplicemente colta prestando attenzione a una piccolo evento qual è il canto di una colomba. 
Un ascolto tuttavia anche interiore, quasi che la pace e l'armonia che essa simboleggia fossero da cercare prima di tutto in noi stessi, in un impulso profondo al quale dare spazio e voce.
Per questo, il verso ungarettiano mi comunica un senso di fiducia, come se la salvezza dalle varie tempeste della vita fosse già insita nella realtà, e il mondo fosse già stato riscattato in una dimensione che, però, non riusciamo a percepire e che solo l'intuizione di un poeta sa cogliere e anticipare.

E in parallelo con tali considerazioni, mi è tornato in mente un brano di musica di Giovanni Allevi tratto dal cd "Hope" - speranza, appunto! - uscito proprio verso la fine dello scorso anno. 
Il pezzo s'intitola "You were a child" - tu sei stato un bambino - e per certi aspetti è nuovo nello stile del compositore ascolano perchè, oltre che all'orchestra, è affidato ai "Pueri cantores" della Cappella Musicale del Duomo di Milano e al Coro dell'Opera di Parma.
A colpirmi è prima di tutto il testo, scritto dallo stesso Allevi, che recita così: 

"Please, remember when you were a child just like me
Everything was magic like a mirror of God
Now the world is crying for the lack of love
And the thirst for power has stolen your hearts.

See the world through my eyes
Remember when you were a child."

Non è nuova invece, nell'attività del compositore, l'attenzione verso il mondo dell'infanzia che qui è visto proprio come simbolo di uno sguardo di luce su tutto il creato. Nel canto, sono infatti i più piccoli a rivolgersi agli adulti chiedendo che essi - in un mondo che soffre per mancanza di amore e sete di potere - ricordino di essere stati bambini, recuperando quella dimensione di innocenza in cui la realtà era percepita come specchio di Dio.

Musicalmente, il brano si apre con una lunga introduzione per orchestra e coro: un canto senza parole che sembra arrivare dalla profondità di un mondo ignoto e lontano, da un buio che va dissolvendosi pian piano verso la luce, una sorta di caos primordiale che prelude però ad una nascita. 
Infatti, la parte sinfonica e corale, al culmine di un senso di intensa attesa, va a risolversi nella trasparenza di due splendide voci bianche con una semplicità che desta stupore. Il loro canto, prima pacato, si anima poi nell'esortazione conclusiva segnata da alcune vibranti dissonanze, e viene successivamente ripreso da tutto il coro con una leggiadrìa che lascia nell'ascoltatore un senso di profonda pace.
Dolcissimo, a mio avviso, il duetto finale dei piccoli solisti: un sorta di contrappunto che ci riporta alle radici classiche della musica di Allevi, e che si conclude con un acuto in cui strumenti musicali e voce umana si fondono diventando una cosa sola. 
Un canto che ci esorta a recuperare lo sguardo salvifico dei bambini, una luce di speranza nata dalla sapienza di un cuore di fanciullo come quello del compositore.

Buon ascolto!

8 commenti:

Gus O. ha detto...

Poesia e musica di grandi personaggi.
Ciao Annamaria.

Annamaria ha detto...

Certo: decisamente grandi!
Grazie, Gus, e buon pomeriggio!!

Rossana Rolando ha detto...

"D'altri diluvi una colomba ascolto." Stupendo endecasillabo.
Sottolineo in particolare due temi che attraversano il tuo bellissimo post, mi pare anche con qualche sfumatura teologica: “ecco, io faccio nuove tutte le cose” (Ap. 21,5) .
Il motivo della memoria: per Allevi che sprona a ricordare di essere stati bambini e per te che raccogli il verso fissato all’esame di riabilitazione e poi sedimentato, mentre riaffiora dai meandri della coscienza (memoria della memoria). E poi il tema della salvezza legata ad una speranza nuova che si fa strada - per chi sa vederla e ascoltarla - tra i diluvi dell’esistenza, ma anche generata dalla consolazione che la poesia e la musica sono in grado di produrre nel cuore (per Ungaretti la colomba, per Allevi il canto innocente).
Mi viene in mente, riferito ad entrambi i temi, Primo Levi, Il canto di Ulisse.
Grazie. Un caro abbraccio.

Annamaria ha detto...

Grazie, cara Rossana, di questa tua attentissima analisi del post, e di avermi riportato a Primo Levi e al canto di Ulisse. Sì: anche qui troviamo il tema della memoria e quello della salvezza, la poesia di Dante che riaffiora e diventa fonte di vita e di dialogo proprio in una situazione altamente drammatica.
E poi certo, Ungaretti e Allevi mi hanno suggerito non solo una speranza nuova, ma anche la percezione di una salvezza in realtà già presente, da cercare nelle nostre origini, nel profondo e da covare in noi per saperla leggere poi anche negli eventi esterni.
Ancora grazie e un abbraccio grande!!!

eglissima egle ha detto...

Uno studio profondo sia nel verso che proponi che nel coro di Allevi. Ti faccio i miei complimenti. Soprattutto crediamo nella speranza.
Grazie, cara.
Un abbraccio.

egle

Annamaria ha detto...

Grazie Egle! Ho associato testo poetico e musica perchè mi pare che entrambi gli autori esprimano più che una speranza: un'interiore certezza che il segreto della salvezza è già in noi.
Un abbraccio a te!!!

Stefyp. ha detto...

Come dici tu, la speranza nelle due proposte si è già trasformata in chiarore oltre il tunnel. Cosa c'è di più bello della purezza di queste voci? Davvero un brano intenso molto piacevole da ascoltare, ed emotivamente molto coinvolgente. Grazie cara Annamaria, un post molto bello.
A risentirci, un abbraccio e buona continuazione.
Stefania

Annamaria ha detto...

Hai sentito, Stefania, che voci??? Nitide, limpide, sicure e purissime davvero!
Ci comunicano, insieme alla musica, il candore dei bambini e una speranza già in qualche modo realizzata.
Grazie del tuo ascolto e un abbraccio grande!!!