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(Foto di Claudio Calvani) |
Ma mentre chiudo la tenda, gli occhi si posano sul calendario appeso proprio lì accanto e mi soffermo un attimo a osservare la foto di aprile.
Di questi tempi è un' ancora di salvezza il calendario. O perlomeno può esserlo perchè ci squaderna davanti, in ordinata sequenza, mesi e giorni da riempire di progetti concreti o di sogni. E se i programmi che avevamo per il futuro sono saltati in un baleno, sfogliarne le pagine ci toglie per qualche momento la sensazione di ristagnare in un limbo lungo e indistinto, restituendoci il senso di un cammino verso la luce per vedere quanto ancora manca all'alba.
"Sentinella, a che punto è la notte?": vengono in mente i versetti del profeta Isaia - e insieme le parole della canzone di Guccini "Shomer ma mi-llailah" - in cui una sentinella attende i segni dell'aurora portando in cuore le ansie e le domande della città sulla quale veglia.
E mi sembra emblematica questa foto giusto in corrispondenza del mese di aprile: lo splendore di un paese antico - Pitigliano - che si erge sulla precarietà della pietra tufacea e sotto un cielo plumbeo. Un luogo affascinante che ho visitato anni fa, ma che in questo momento mi suscita altre considerazioni.
Siamo forse anche noi come quel borgo sotto la minaccia del temporale: anime dalle radici profonde, messe allo scoperto proprio come il basamento su cui poggia il paese perchè, nella notte, affiorano le cose che in realtà per noi contano e sulle quali abbiamo fondato il nostro esistere.
Ma quella foto mi comunica anche un senso di vaga nostalgia, insieme alla percezione di una bellezza che proprio il cielo scuro carico di nubi rende - se possibile - ancora più attraente. Visto da lontano, il paese potrebbe apparire solo come un borgo un po' in rovina su di una pietra erosa - le case addossate le une alle altre, bucherellate dal nero delle finestre - mentre in realtà è custode di un fascino antico che sembra riaffiorare più vivo quanto più si rivela precario.
E mi pare che anche il sole e il temporale, con i loro colori contrastanti, conferiscano al luogo un'atmosfera di inquieta, angosciosa attesa.
Così, ho cercato una musica che potesse rispecchiarne il clima e ho pensato d'impulso a Brahms come se nessun altro compositore potesse essere associato allo splendore drammatico di questa immagine. È infatti un paesaggio che, a mio avviso, esige una musica intensa e un ampio respiro orchestrale capace di esprimere un moto d'anima reiterato e dolente.
Ho scelto quindi il celebre terzo movimento della "Sinfonia n.3 in Fa maggiore op.90". Nonostante l'indicazione "Poco allegretto", non si tratta di un pezzo leggero o scherzoso e a suggerircelo è il do minore in cui il brano è stato scritto: guarda caso, la stessa drammatica tonalità della "Quinta Sinfonia" di Beethoven e della "Grande Messa K.427" di Mozart.
In Brahms, quella che si avverte all'interno del tema di apertura è proprio un'intensità crescente e ripetuta, quasi una sorta di accento che va a sottolineare l'impulso angoscioso annunciato prima dai violoncelli, ripreso dai violini e in seguito dagli altri strumenti. È un movimento che sale a somiglianza di un'invocazione via via più struggente; ma dove poi la musica si rasserena in passaggi soffusi di dolcezza, certe sonorità sfumate sembrano sottintendere proprio una mai sopita nostalgia per la luce. Così almeno a me pare.
"Sentinella, a che punto è la notte?" Nel testo biblico non c'è risposta se non nella costanza del nostro chiedere, vigili nella speranza che alla notte segua l'alba, un'alba forse già presente se la domanda sarà perseverante, instancabile e reiterata proprio come il tema espresso da queste note.
Buon ascolto!