martedì 4 settembre 2012

Rituali

Settembre è iniziato, per fortuna con un clima più fresco che consente - per chi è stato via - un ritorno a casa non troppo spiacevole e una più facile ripresa delle consuete occupazioni.

Tuttavia, quando finite le vacanze, ci si deve allontanare da luoghi ricchi d'incanto per tornare alla vita di tutti i giorni, man mano che dal cuore della bellezza la distanza cresce, il distacco si avverte. E' come uno strappo interiore che ci riporta altrove e non c'è come il mutare del paesaggio per condurci poi inesorabilmente a modificare anche i pensieri, riportandoli alle contingenze quotidiane.

Eppure....
Eppure la bellezza che ci ha circondato per un certo numero di giorni può seguirci, accompagnarci ovunque senza mai smettere di cantarci dentro. Lo sappiamo bene non solo se portiamo con noi ricordi e foto, ma soprattutto se in qualche modo essa ci ha cambiato il cuore.
Ormai è nostra, e se da una parte il legame che si è creato ci consente di averla con noi, dall'altra non ci si può allontanare da Lei - ne parlo come fosse una persona - di corsa o sbadatamente, così come non si uscirebbe dalla casa di un amico senza salutarlo.

Allora, ogni volta che finite le vacanze, parto dal mio paesetto di montagna, vado sempre a salutare il Gran Paradiso.
E non è cosa dell' ultimo momento, ma una sorta di rituale che sento di dover rispettare dedicandogli tutto il tempo che richiede.


Il Gran Paradiso infatti, più che una montagna, qui è una presenza viva che ti raggiunge in ogni angolo del paese, con una cima, uno scorcio di ghiacciaio, un tratto di parete rocciosa. Una presenza che ritma le giornate nel gioco di luci ed ombre, un costante riferimento di stupefacente splendore o anche solo un segno per capire che tempo farà.

Così, vado nell'incanto della Valnontey e mi soffermo su uno dei ponti che attraversano il torrente da cui la valle prende il nome. Lì, sono proprio di fronte alla grande montagna, nel pieno sole e nel vento che anima spesso le prime ore del pomeriggio. Se mi appoggio alla spalletta, posso sentire anche l'urto dell'acqua contro i piloni e immaginare di essere su una nave in movimento.
Sto lì un po'. Non troppo, però, da quando due anni fa mi si è avvicinato gentilissimo un signore chiedendomi se per caso ci fosse qualche problema.... temendo forse che stessi meditando un gesto disperato!...Lo avevo subito rassicurato con un largo sorriso e poi avevo continuato il mio dialogo con la montagna mentre un po' mi scappava da ridere...
O forse mi aveva preso per matta perchè io al Gran Paradiso stavo parlando come si fa con un interlocutore vivo!
E ogni volta salutare la montagna è proprio come rivolgersi ad una persona amica per la quale si prova immensa gratitudine perchè in qualche modo si è fusa con la nostra vita. Una persona che si vuole ringraziare dell'ospitalità, ma alla quale si desidera anche dire che il tessuto del nostro cuore sarà sempre intrecciato al suo.

Allora, meglio delle parole è la musica, con un famoso canto di Bepi de Marzi: "Varda che vien matina", una melodia dallo stile in parte somigliante ad altre dello stesso autore, un'aria colma di dolcezza che evoca la malinconia che coglie chi si allontana dalla persona amata.

Varda che vien matina
zè terminà la note con ti
dame 'l capelo rosso
che te me vardi andare sul prà.
Prima che spunta 'l sole
prima che 'l ciaro riva fin qua
te lassarò 'na strada
come 'na volta pena segnà.
Varda che vien matina
l'erba se piega co' mi da la bruma.
Prima che spunta 'l sole.

Buon ascolto!

2 commenti:

Ambra ha detto...

Malinconica, sì. Ma ascoltare la canzone e guardare le immagini mi ha riempito di dolcezza.

Annamaria ha detto...

Sono contenta, Ambra!
E hai visto l'ultimo sole della giornata che lambisce le cime del Gran Paradiso???...
Grazie e un abbraccio!