mercoledì 14 dicembre 2011

"Shine"

Hanno ridato qualche sera fa in tv "Shine", famosissimo film del 1996 dove il regista Scott Hicks narra - sia pure con alcuni ritocchi - la storia vera del pianista David Helfgott.

Mi ha sempre colpito la drammaticità di questa vicenda: la passione di David - piccolo genio del pianoforte - per la musica, il difficile rapporto col padre che segna con crudezza la sua adolescenza, l'esecuzione del
celeberrimo terzo concerto di Rachmaninov e il crollo nervoso con l'esplodere della malattia mentale.
Poi il recupero, nella paziente trama d'amore del felice incontro con Gillian e il ritorno alla musica nella quale il protagonista riattinge il senso profondo della propria identità.

Un racconto che sottolinea da un lato il rapporto tra genialità e follia e dall'altro il tormentatissimo legame di David col padre, uomo contraddittorio che pretende e insieme proibisce fino a creare nel ragazzo durevoli sensi di colpa.

Ma altri due aspetti stavolta mi hanno catturato al di sopra di tutto: la freschezza della narrazione che mette in luce il candore del protagonista, magnificamente interpretato da Noah Taylor, da adolescente, e Geoffrey Rush da adulto; e - al di là della grandezza del "Rach.3" - i brani scelti dal regista come colonna sonora del film.


Il candore del protagonista, in primo luogo.
Sembra infatti che il disturbo nervoso susciti in lui una sorta di innocenza primigenia che affiora da tutto e tutto permea: dal delirio al desiderio, dal continuo sconnesso farneticare alla gioia, luogo fatato dove il sentimento diventa impulso puro e assoluto che fa librare in volo e - in alcune sequenze - regala al racconto la magìa della favola. E invece è verità.


E poi la colonna sonora, nella quale ho apprezzato in particolare la scelta di Beethoven e di Vivaldi in un gioco sapiente di contrasti e affinità. Mi spiego.
Magistrale, a mio avviso, aver inserito il
"Gloria" di Vivaldi e il finale della "Nona Sinfonia" di Beethoven a commento di alcune sequenze in cui il disordine mentale ha rotto ormai gli argini.
Infatti n
ella concitazione del racconto dove, sovrapposti a voci e rumori, questi brani sembrerebbero fuor di luogo e quasi una stonatura, comprendiamo invece che, in realtà, proprio lì essi interpretano benissimo lo scarto tra il livello di percezione del protagonista e quello degli altri personaggi.
Come se la narrazione procedesse contemporaneamente su due piani: la quotidianità esteriore degli eventi e l'interiorità di David.

Così pure, è attraverso la dolcissima melodia del mottetto sacro "Nulla in mundo pax sincera" RV 630 di Vivaldi, che leggiamo nell'anima del protagonista la gioia ineffabile di poter godere della magia delle note.
Proprio questo è il brano che ho scelto di riportare qui oggi, luminoso suggello di bellezza sopra il mistero di un'esistenza - come quella di Helfgott - trafitta dallo splendore musica.


Buon ascolto!

"Nulla in mundo pax sincera
sine felle; pura et vera,
dulcis Jesu, est in te.

Inter poenas et tormenta
vivit anima contenta

casti amoris sola spe."


7 commenti:

Chiara ha detto...

Questo è un film da inserire nella lista dei film da guardare

Annamaria ha detto...

Certo Chiara! E davvero uno splendido film!!!
Grazie di essere passata di qui!

Chiara ha detto...

Oh, figurati. E' sempre un piacere leggerti e ascoltarti.

Videodiretta ha detto...

Semplicemente felice domenica!
Ti abbraccio e a presto:)
Luci@

Annamaria ha detto...

Buona domenica a te, carissima Lucia, e grazie di questa visita!

Anonimo ha detto...

Bellissimo commento, cara Annamaria! Anch'io amo alla follia questo film, che ritengo sia il più bello che io abbia mai visto: film cult (non a caso anche di un certo Giovanni Allevi). Un film perfetto in ogni suo aspetto. Nulla è lasciato al caso. La storia è vera, ogni parola è densa di significato, l'iconografia, il simbolismo degli sfondi... I personaggi. David che si scompensa alla morte della scrittrice che lo aveva incoraggiato a ribellarsi al padre psicotico per seguire la sua strada di pianista. I guanti rossi, gli occhiali con la lente rotta prima al protagonista e, alla fine, quando David ritorna alla vita, al padre. Il parco con i tre alberi. La scatola di tonno simbolo di libertà... E poi il Rac 3, meraviglioso e mi pare suonato da Rush, l'attore protagonista di David adulto. Mi fermo qui altrimenti sparisce per la terza volta il mio post.
Ancora complimenti, Annamaria!
egle

Annamaria ha detto...

Grazie, carissima Egle, di aver arricchito questo blog con la tua competenza e le tue attentissime osservazioni!
Davvero - come scrivi - nulla nel film è lasciato al caso e quanto scrivi mi aiuta a cogliere ancora meglio tutto lo spessore e la grandezza della sceneggiatura.
Un grande abbraccio!