Dallo scorrere delle acque di un ruscello al fragore delle onde del mare, dai versi più vari degli animali al soffio del vento o al temporale, una musica ci avvolge in continuazione, creando in noi rispondenze e suggestioni.
Ma come è affascinante la scoperta di tali armonie in natura, lo è altrettanto la storia della nascita degli strumenti musicali con cui l'uomo ha tentato di riprodurre ritmi e timbri, esplorando le infinite possibilità espressive dei suoni.
Mosso poi dal desiderio di sperimentare tali possibilità anche attraverso la danza o le attività rituali, si è creato nel tempo strumenti più raffinati, adottando tecniche costruttive che si sono evolute dalle meccaniche più semplici a quelle più sofisticate e vagliando materiali e soluzioni creative sempre nuove.
Basti pensare alla complessità di un organo a canne o all'importanza del tipo di legno usato per la realizzazione di un violino o alle modifiche che hanno portato dal clavicordo al clavicembalo, al fortepiano e finalmente al pianoforte. Ma gli esempi si potrebbero moltiplicare.
Ci sono tuttavia strumenti che vantano un'origine antichissima e che - nonostante nel tempo siano variati nei materiali e in taluni particolari - hanno sostanzialmente mantenuto la primitiva semplicità.
Uno di questi è il cosiddetto "flauto di Pan" che le fonti ci dicono essere nato in Cina nel III millennio a.C., comparso in Grecia nel 600 a.C., poi in Egitto e nel mondo romano dov'era conosciuto col nome di "syrinx".
Altre testimonianze lo registrano inoltre nelle Americhe precolombiane e ancora oggi è usato dai musicanti di strada peruviani.
In Italia, è possibile trovare un'antica immagine di questo tipo di flauto nei mosaici pavimentali della Basilica di Aquileia risalenti al IV secolo d.C.
Il Cristo Buon Pastore - qui raffigurato in un'iconografia che interpreta in senso cristiano elementi della precedente tradizione pagana - non ha in mano un attrezzo da lavoro, ma proprio un "flauto di Pan".
Il nome deriva dal riferimento mitologico a Pan, dio dei boschi e dei pastori (dal greco paein, cioè pascolare), ma anche dio di tutto (in greco pan), quindi della natura considerata nella sua totalità.
La leggenda - ripresa tra l'altro da Débussy in una sua composizione intitolata appunto "Syrinx" - ci racconta che Pan, nato con busto d'uomo ma gambe e corna di capra, si era innamorato della ninfa Siringa che, per sfuggirgli, si sarebbe tramutata in un ciuffo di canne capaci di emettere al soffio del vento un dolcissimo suono. Così Pan, per ricordare la ninfa, costruì lo strumento musicale che chiamò siringa.

Recentemente tuttavia, alcuni interpreti lo hanno fatto uscire dall'ambito specifico in cui si è affermato, contribuendo a farlo conoscere al grande pubblico.
Fra gli altri, va ricordato il flautista rumeno Gheorghe Zamfir - forse il più famoso a questo riguardo - ma insieme a lui anche Ulrich Herkenoff che ha elevato lo strumento al rango di solista all'interno di un insieme da concerto o di un'orchestra sinfonica, ispirando vari compositori a scrivere brani per "flauto di Pan".
Ne possiamo apprezzare il suono in un famoso pezzo di Ennio Morricone: "Cockeye's Song", tratto dalla colonna sonora dell'altrettanto famoso film di Sergio Leone "C'era una volta in America".
Qui, dopo una concitata introduzione, il particolarissimo e inconfondibile timbro di questo flauto ci immerge in un'atmosfera singolare, soffusa di malinconica dolcezza e di poesia. Vi troviamo passaggi ora più mossi, ora più lenti e prolungati, note ora roche, ora squillanti soprattutto nelle ottave più alte.
Una melodia peraltro adattissima alla pellicola di Sergio Leone che ci offre un'immagine di umanità a tutto tondo in cui s'intrecciano poesia e durezza, violenza e nostalgia come facce della stessa medaglia.
Un brano da gustare in solitudine, lasciando che il suono del "flauto di Pan" ci conduca lontano - o dentro di noi - sull'onda del suo fascino.