Sto riordinando in computer le foto scattate in varie occasioni, negli ultimi mesi.
E' un lavoro che faccio volentieri, anche se mi prende parecchio tempo perchè finisco sempre per indugiare su tante immagini che si portano dietro considerazioni e ricordi.
E infatti, mentre armeggio tra le cartelle alla ricerca di un'opportuna collocazione, lo sguardo mi va alle foto degli anni scorsi e m'incanto nel ritrovare il mio villaggio di montagna proprio in pieno gennaio, sotto una spessa coltre di neve.
Lo vedete nel riquadro il mio paesetto delle vacanze, in una foto di qualche inverno fa. Qui, smessi gli abiti del turismo, sembra proprio - come dice una mia amica - "il paese delle fate":
un mucchietto di case che starebbero in una mano, raccolte e vicine
quasi volessero stringersi per timore del freddo, un'immagine che si
ammanta di una magìa senza tempo.
La
osservo e sogno: dalla prospettiva in cui mi appare, non fosse per tanti aspetti che mi sono familiari, potrebbe rappresentare un
villaggio qualsiasi incastonato tra le montagne di una qualunque regione
della terra. Senza
un cartello, un'insegna che lo identifichi e lo circoscriva nel cerchio
del nostro ricordo, resta un angolo di mondo simile a tanti altri,
distinto nella sua bellezza solo dalla luce.
C'è infatti una spera di sole leggera come una carezza che ne illumina la parte alta, facendo splendere la collina innevata alle sue spalle. Così pure, a ben guardare, è sempre un timido sole a dare rilievo alla neve in primo piano, mettendo in evidenza le tracce di un piccolo sentiero.
Sulla destra invece, la montagna scura di abeti contrasta col biancore e apre una prospettiva verso altre vallate di cui però non si scorge il fondo.
Il villaggio sembra affacciarsi così su di un pianoro sospeso sul vuoto e questo - insieme all'ombra leggera che sale dal basso mentre il sole del pomeriggio invernale già declina - ne accresce il mistero.
Mi piace l'idea che, per un momento, un paesaggio possa non essere più identificato se non dalla luce e dalle ombre che lo accarezzano.
Mi affascina il pensiero che, per un istante, un luogo possa uscire dalla gabbia cieca dell'abitudine in cui lo confiniamo, dalla cornice talora circoscritta del nostro ricordo o del nostro sguardo, per assumere dimensioni infinite e vivere di vita propria. Forse solo nella freschezza della prima volta abbiamo colto una simile magìa, poi più.
Certo, se tra noi e l'ambiente circostante nasce un rapporto di familiarità, ciò crea con esso un legame profondo: le case, le rocce, i sassi, il vento, tutto diventerà vivo quasi ogni elemento avesse un'anima e si trasformasse in un sorprendente, segreto interlocutore. Così, ogni ritorno sarà una gioia e ogni distacco una sorta di "Addio monti"; ma in fondo i luoghi vivranno più che altro di vita nostra, del vissuto che su di essi avremo proiettato e dell'universo delle nostre emozioni.
Ma se - d'un tratto - la realtà che vediamo perdesse l'identità che le abbiamo assegnato, se le cose sfuggissero al limite dei nomi con i quali le abbiamo definite e le riconosciamo quotidianamente, che cosa diventerebbe questo angolo di mondo? Sotto quale prospettiva lo vedrei? A quali suggestioni mi potrebbe condurre?
Forse, di primo acchito sarei presa dallo smarrimento quasi mi aggirassi in una dimora sconosciuta, vagherei disorientata per i sentieri o sarei pervasa da un senso di desolante estraneità come quando la livida istantanea di un lampo, nel forte di un temporale, illumina gli oggetti rendendoli irriconoscibili.
O forse m'incontrerei per un attimo con lo stupore del Mistero.
Nello sgomento o nel brivido dell'emozione, tutto all'improvviso apparirebbe nuovo e potrei coglierne il soffio, il respiro sconfinato che vi aleggia e vi gioca, vi si rivela e si nasconde: respiro presente ad un tempo nel profilo delle cime alla prima luce dell'alba, così come in un cristallo di ghiaccio o nel furtivo incedere delle volpi nel soffice manto di neve.
Un'eterna danza del creato che perdura anche non vista, troppo grande per essere compresa se non a sprazzi o per fugaci illuminazioni, come troppo grande è la Bellezza alla quale - nel corso dei secoli - abbiamo dato una miriade di definizioni, in verità sfiorandone solo un lembo del mantello senza riuscire ad abbracciarla nella sua pienezza.
E nel contemplare l'immagine del mio paesetto, mi risuona dentro Mozart in uno dei brani più sublimi che abbia mai scritto: il secondo movimento, "Andante cantabile", del "Concerto per violino e orchestra n.4 in Re maggiore K.218", composto a soli diciannove anni!
Si allarga con riposante soavità l'introduzione orchestrale per lasciare poi spazio al solista e alla sua melodia sognante, nella quale ritroviamo tutto l'incanto della giovinezza, insieme a quell'equilibrio tipicamente mozartiano capace di rasserenare l'anima e ricucirne le ferite come un balsamo.
Note da portare in cuore lasciando che rifioriscano spontanee e che - spezzato per un istante il rigido
incantesimo dell'abitudine - ci predispongano a percorrere sentieri ancora più alti, ad ascoltare la più grande musica del cosmo e cogliere il suo
tocco d'infinito, come il vento sul viso nel silenzio di una
notte stellata.
Buon ascolto!
18 commenti:
Paesaggio e Musica da sogno!
Un caro abbraccio.
Stefano G.
Grazie di essere passato qui, caro Stefano!
Un abbraccio di buona serata!
Le foto, le immagini riescono a muovere in te riflessioni e fantasie sublimi. E' splendido quello che hai scritto. Ogni commento è superfluo.
Le immagini spesso ci portano lontano, carissima Ambra! E non parliamo poi di quella meraviglia che è la musica di Mozart....
Grazie!!!
Niente male il tuo "paesetto delle vacanze"... ;-) (specialmente se cliccando viene ingrandito).
L'Andante Cantabile del 4 concerto per violino e orchestra di Mozart è il tocco di perfezione che completa quest'angolo di paradiso...
Complimenti, cara Annamaria ;-)
Grazie, Antonio!
Sì, davvero niente male! Nella foto non si vede perchè è scattata da un'altra angolatura, ma sulla destra, davanti al mio paesetto c'è il Gran Paradiso!!!
E poi c'è Mozart....che è un Gran Paradiso musicale!!!
Un abbraccio!
B Lo sguardo di stupore sulle cose che ci circondano e anche su noi stessi libera dalle angustie e riduzioni che le definizioni portano con se e ci fa scoprire ciò di cui siamo costituiti: il desiderio dell'infinito.
I bambini hanno questo sguardo limpido e mi piace ricordare in tal senso alcuni passaggi della canzoncina 'Quando i bambini fanno oh'
....cosi' ogni cosa è nuova/è una sorpresa/e proprio quando piove i bambini fanno oh guarda la pioggia!..... ogni cosa è chiara e trasparente e mi vergono un pò perchè non so più dire oh..."
Recuperare questo sguardo è un processo che ridisegna le nostre categorie in base alle quali noi definiamo tutto e ci apre a'cieli nuovi'
Grazie cara Annamaria, per gli spunti che ci offri con le tue
ricchie riflessioni e stupende musiche.
Un forte abbraccio con amicizia.
Rosi
Tutti aspettiamo che il Mistero si manifesti.
Ciao SAnnamaria.
Carissima Rosi, molto opportune e vere le tue considerazioni!
Bella la tua immagine di "cieli nuovi" a cui ci apre uno sguardo di stupore.
Grazie di cuore di essere stata qui.
Ti abbraccio anch'io con affetto!!!
Certo, Gus! Per quanto sia grande, ora cogliamo il Mistero solo "allo specchio e in enigma".
Grazie e buon pomeriggio!!!
Il grande Mozart accompagna degnamente la tua casa delle fate con le sue luci ed ombre nei suoi chiaroscuri.
Anch'io ho avuto una casa delle fate. Ero alle elementari e andavamo in vacanza in montagna. Di fronte al balcone della casa in cui stavamo tre mesi (le smanie per la villeggiatura!) c'era una verdissima collina con qua e là ciuffi d'alberi e lì una piccola baita in cui sognavo di vivere. So anche di aver tentato di disegnarla con scarsi risultati.
Grazie per riportarmi a questi antichi ricordi con la tua scrittura e la musica che l'accompagna.
Un abbraccio.
egle
Grazie di aver condiviso i tuoi ricordi di montagna, cara Egle!
Vero che Mozart sta bene nel "paese delle fate"???
Un abbraccione!!!
Questa bellissima immagine unita splendidamente alla musica di Mozart, mi risveglia ricordi recenti di un rustico in montagna che mi ha portato tanta felicità e ora non potevo più tenere per molte ragioni. E questo tuo piccolo panorama, come un presepio vivente, aumenta un po' la malinconia di non avere più un rifugio sicuro vicino alla neve, ai boschi alle montagne, alla natura
Ti stritolo come d'abitudine!
Sì, NELLA, un posto così è davvero un rifugio. Ma quando ci andrò quest'estate, potresti venire a trovarmi e ritrovare un po' i tuoi monti!!!
D'inverno vado poco: infatti questa foto è di qualche anno fa.
Grazie, e un abbraccio di buona serata!
Ciao Annamaria eccomi qua. Mi sono un po' persa ma adesso sono contenta di aver potuto leggere questo tuo post, soprattutto perchè mi ha permesso di ascoltare Mozart, una musica che ben si associa al tuo "paese delle fate". Bè forse è superfluo dirti che ricorda immagini di luoghi dove abito, ma pur essendone abituata non sono immune da provare per questa piacevoli sensazioni ... attrae e fa sognare! Buona domenica, un caro saluto Stefania
ps: ti ringrazio per il messaggio che hai lasciato al mio nuovo blog, l'ho apprezzato molto.
Grazie, cara Stefania! Sono contenta che l'immagine del mio "paese delle fate" ti piaccia con la colonna sonora di Mozart.
Buona domenica a te e complimenti e auguri per il tuo nuovo blog!!!
Ciao Annamaria.
Quando c'è la neve l'ambiente in cui vivo è proprio così.
Il mio "paese delle fate".
Che bella la descrizione che ne fai.
Ti abbraccio forte cara amica, baci.
P.s. Mozart è superbo.
Ciao Pia, bentornata!!!
Ciascuno ha un proprio luogo che porta nel cuore. Ti penserò in mezzo ai monti allora.
Sì, Mozart è decisamente un incanto!
Ti abbraccio, carissima!!!
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