
Papa Wojtyla, infatti, non è un'immaginetta d'altri tempi, un santino o solo una pagina sia pure importante di storia o di agiografia.
E' invece una persona di cui, anche attraverso i media, abbiamo condiviso alcune vicende quasi da testimoni oculari, partecipando col cuore ai momenti drammatici della sua vita, coinvolti dalla sua sofferenza come dalla sua fede e dalla sua grinta.
Non sta a me ricordare eventi che tutti conosciamo: dalla giovinezza di Karol (Lolek per gli amici) segnata dal lavoro in fabbrica, dalle passioni per la poesia e il teatro, ai lunghi intensissimi anni di pontificato. Ma mi piace soffermarmi qui oggi su di un particolare aspetto, un dato fisico ed espressivo a mio avviso non trascurabile : la sua voce.
A colpirmi per prima infatti, dal giorno della sua elezione a Papa, è stata proprio la voce: forte, sicura, calda, giovane, con quell'inflessione straniera che lo portava a chiudere le "o", pronta a risuonare coraggiosa in ogni angolo di mondo, a guidare un canto insieme alle folle di giovani, con quel timbro confortante capace di incoraggiare o talora, incisivo, volto ad ammonire.
Quella stessa voce si sarebbe più tardi indebolita, incrinata e infine spezzata: prima gagliarda, poi sempre più tremante e impastata di sofferenza perchè non fosse il Papa bello e televisivo, sportivo ed attraente ad emergere, ma "l'Essenziale invisibile agli occhi".
Tutti ricordiamo - in una delle sue ultime apparizioni alla finestra dello studio - il suo gesto di dolore e forse d'impazienza, quel portarsi la mano alla fronte quando, nonostante lo sforzo, non era riuscito a parlare. C'era tutta la sua umanità in quel moto spontaneo, in quel pianto certo più esplicito di tanti discorsi perchè si può essere voce, sostegno, grido, testimonianza in molti modi: con lo sguardo, coi gesti, con la malattia, con le lacrime.
Anche col silenzio.
Allora, proprio alla sua voce così sofferta voglio dedicarne oggi un'altra, quella della Musica, con uno dei brani più trascinanti che io conosca.
Il "Cum Sancto Spiritu" della "Petite Messe Solennelle" di Rossini è infatti un coro straordinariamente gioioso, dove le varie parti che costruiscono l'architettura del pezzo s'inseguono salendo con vivacità ma al tempo stesso con serena distensione, e dove la tipica esuberanza rossiniana degli accordi introduttivi si stempera in quasi danzante levità.
E i sorrisi che fioriscono sui volti dei coristi parlano di una gioia che viene dall'anima profonda della musica e dal testo al quale il canto ridona vita.
Così pure, il richiamo allo Spirito che conclude il "Gloria" mi sembra in sintonia con quel vento che, il giorno del funerale di Giovanni Paolo II, ha sfogliato le pagine del Vangelo posto sulla sua bara, quasi a sigillo della sua vita terrena e sostanza di quella futura.
Buona visione e buon ascolto!