sabato 30 settembre 2017

Splendore di un "Notturno" per archi

C.D.Friedrich: "Un uomo e una donna davanti alla luna"
Dopo il vivacissimo e scintillante brano di Grieg della scorsa settimana, oggi torno a proporvi un pezzo decisamente romantico.
Lo so, le mie scelte sono un po' altalenanti: non rispettano infatti una precisa programmazione relativa ad autori, strumenti o tematiche e neppure un criterio puramente cronologico.

Amo invece seguire la passione del momento insieme a ciò che la musica mi suggerisce in rapporto alle emozioni offerte dal trascorrere del tempo, dal paesaggio, magari da un dipinto o dalle mille circostanze della quotidianità. 
Un ascolto dentro e fuori di me, animato dalla gioia di condividere con voi i brani nei quali ritrovo particolari radici, risonanze o che mi parlano con maggiore intensità.
E mi piace che, per chi passa di qui, ci sia anche un pizzico di sorpresa, come quando - una vita fa - compravo i dischi della serie "I Grandi Musicisti" dei Fratelli Fabbri Editori. Uscivano in edicola una volta alla settimana e non vedevo l'ora di portarmi a casa l'album di turno come un piccolo tesoro; ma non venivano pubblicati in ordine cronologico e ogni volta si rinnovava in me il gusto della sorpresa!

Bene. Allora la sorpresa di oggi è un autore nuovo per questo blog.
Si tratta del russo Aleksandr Porfir'evic Borodin (1833 - 1887), singolare figura di compositore perchè non ha dedicato la propria vita alla musica, ma alla ricerca nel settore della chimica e della medicina. Scienziato, dunque, prima ancora che musicista. Eppure, nonostante ciò, la profonda passione per il mondo delle note gli ha consentito di scrivere ugualmente opere per le quali, oggi, viene ricordato più ancora che per la fama ottenuta in campo scientifico.
Il brano che ho scelto è - lasciatemelo dire! - incantevole: una di quelle melodie che restano dentro e lavorano l'anima nei suoi anfratti più riposti.
Si tratta del terzo movimento, "Notturno", del "Quartetto per archi n.2 in Re maggiore", pezzo di struggente romanticismo, forse tra i più famosi del compositore insieme alle "Danze polovesiane"
Vi ritroviamo per certi aspetti la malinconia e la profondità dell'anima russa ma, a mio modesto avviso, anche parecchi riferimenti alla musica colta dell'Ottocento europeo. Il clima del brano, nella sua atmosfera di intimità, può infatti ricordare vari altri pezzi per archi: dal "Larghetto" della "Serenata op.22" di Dvorak scritta solo qualche anno prima, all' "Andante cantabile" del "Quartetto n.1 op.11" di Tchaikovsky, per risalire al Beethoven dell' "Adagio, quasi un poco andante" del "Quartetto n.14 op.131". E, se non fosse un po' azzardato...aggiungerei anche Schubert!

Protagonisti di questo "Notturno" un incantevole, intensissimo violoncello cui spetta l'esposizione iniziale del tema, e il primo violino che lo riprende subito dopo. Si dipana così una melodia cantabile e dolcemente malinconica.
Segue uno sviluppo molto più teso e movimentato - appassionato e risoluto indica la partitura - che riprende il tema andandone a scoprire ogni possibilità espressiva per ritornare poi, gradatamente, alla delicatezza iniziale. 
Di assoluto splendore qui - a 4,54 dall'inizio - il gioco di rimandi tra il violoncello che riespone la melodia e il primo violino che la riecheggia a distanza di mezza battuta: un meraviglioso dialogo dai toni elegiaci che si accende di ulteriore bellezza quando, poco dopo, l'aria fiorisce più intensa sulla base del vibrato.
Si tratta, in realtà, della stessa frase musicale che, nell'arco del brano, va ripetendosi in continuazione. E tuttavia risuona sempre nuova, coniugata com'è dalla sensibilità del compositore in mille differenti sfumature che l'attraversano in una ricca tavolozza di colori dell'anima: ora più serena, poi malinconica, intima, nostalgica, ora più luminosa, poi più cupa e qua e là un po' smarrita.
Ne deriva un'atmosfera segnata spesso da una profonda e struggente dolcezza, altrove da un vago senso di sgomento, ma sempre da un'attitudine intensamente romantica e contemplativa.

Buon ascolto!

domenica 24 settembre 2017

Una corsa all'aria aperta

Un brano concitato e vibrante quello di oggi! 
Una musica vivacissima che ho scoperto ripercorrendo le opere di un autore pubblicato qui nel luglio scorso e che desidero subito condividere con voi.

Si tratta di Edward Grieg (1843 - 1907) e del "Preludio" della "Holberg Suite per archi op.40", scritta nel 1884 e dedicata al drammaturgo Ludvig Holberg per la celebrazione dei duecento anni dalla sua nascita.
Come altri brani più famosi del compositore norvegese, anche questo è caratterizzato da notevole freschezza ed è ricco di una vivacità che ci consente di sbrigliare la fantasia. 
Possiamo infatti lasciarci catturare dal ritmo teso e fremente dei violini e delle viole, immaginando cavalli in corsa con le criniere al vento, in mezzo a una prateria o sulla riva del mare. Un'irrefrenabile e gioiosa galoppata all'aria aperta, un ritmo rapinoso che ci porta via con sè, leggero e movimentato nella sua struttura di terzine ascendenti, sulle quali s'impostano poi alcuni intervalli di quinta discendente.

Nel brano, Grieg ci presenta riferimenti e passaggi orchestrali che - in memoria di Holberg - ci riportano alla cultura musicale del Settecento, anche se il compositore li risostanzia del proprio spirito con un'impronta del tutto personale fatta di trascinante vivacità.
La struttura stessa della Suite, del resto - formata da Preludio, Allemenda, Gavotta, Aria e Rigaudon - rimanda a danze che si ritrovano spesso nelle opere in stile barocco, a cominciare da quelle bachiane. E lo conferma anche il sottotitolo della composizione dove si precisa: "in stile antico".
Risuona infatti talora in questa musica un'aura di solennità, alla quale tuttavia Grieg conferisce sempre tocchi originali di vivacissima freschezza. 
Sono effetti creati ora dall'andamento vibrante di viole e violini, ora dai pizzicati attraverso i quali il musicista sembra divertirsi giocando con le note.

Ma quello che si avverte sempre più chiaro e marcato è un impeto di fondo, non tempestoso e tragico come troviamo a volte in altri compositori, ma all'inizio leggero e poi sempre più teso a sprigionare una prorompente energia fino alla solare, luminosissima conclusione. 
Una corsa nel vento a briglia sciolta, quasi un richiamo al mondo della natura nel respiro dei suoi spazi aperti: un modo di celebrare la vita nella sua esuberanza e nello splendore delle sue manifestazioni.

Buon ascolto!

 


domenica 17 settembre 2017

Stagioni interiori

Lago Verney (foto di Roberta Vacchiero)
























Ci sono talora immagini che, con il loro splendore, i colori, ma soprattutto con la particolare atmosfera che sanno creare, colgono in pieno un clima, la fisionomia di una stagione, rispecchiando non solo squarci di paesaggio fuori di noi, ma anche panorami interiori.
Possono essere dipinti, disegni, fotografie, ma sempre capaci di rappresentare il nostro vissuto qui e ora, suggerendoci una miriade di sensazioni. E a volte capita che abbiano un impatto di tale suggestione da stabilire con noi misteriose corrispondenze, quasi iniziassero a parlarci.

È ciò che mi è accaduto quando, navigando nel sito web "Valle d'Aosta oltre le immagini, le emozioni", mi sono imbattuta nella foto che vedete in alto. 
La mia reazione è stata immediata come mi fossi trovata proprio lì, sulle rive del Lago Verney, vicino al colle del Piccolo San Bernardo, in un giorno di settembre verso il tramonto.
A catturarmi subito è stata la totale solitudine di quel paesaggio spoglio che la piccola costruzione in pietra chiara - unica in tanto spazio aperto - non fa che sottolineare. E con la solitudine mi ha raggiunto la percezione di un silenzio intatto, insieme alla dolcezza dei colori caldi e un po' bruciati del prato ormai autunnale, in contrasto con l'azzurro cupo del laghetto e quello chiarissimo del cielo. Contrasti non così netti come in piena estate, ma segnati da ombre che si allungano qua e là, accarezzando il paesaggio e lasciando intuire che il sole sta calando.

Mi è parso di specchiarmi in questo panorama, ritrovando nella sua solitudine e nella percezione del tempo che passa non l'apparente senso di vuoto, ma una rasserenante pace lontana da qualunque tristezza. 
E mi ha ricordato l'incanto dell'ultima passeggiata fatta in montagna non molti giorni fa, al tramonto, mentre le ombre scendevano piano sul paese già deserto e immerso nel silenzio. Una solitudine esteriore, ma segno di una vita che continua dentro, nelle case, nei cuori, nel segreto della terra.
Anche allora, ho avvertito le sensazioni che mi ha sempre comunicato l'atmosfera di settembre: la suggestione di un tempo che finisce stemperandosi nella dolcezza che prelude all'autunno, e insieme il presagio ancora indistinto di altra vita che verrà.
Sensazioni create dal fascino del paesaggio, certo, ma capaci di raggiungerci come un dono da covare poi nel chiuso nell'anima, lasciandoci pervadere dalla morbidezza infinita del mutare della stagione.

Così, a commento di quest' immagine, ho scelto per voi - e per me - un brano di Ludwig van Beethoven che amo da sempre, ma che non ascoltavo da parecchi anni, non so bene perchè. Talora c'è un segreto pudore che ci impedisce di concederci a quelle musiche che hanno segnato particolari periodi della nostra vita e che hanno il potere di farceli ripercorrere, restituendoci un mondo di sensazioni intatte. 
Ma le sue note, oggi, mi sono parse in serena armonia con l'atmosfera che la foto del mio piccolo lago tra i monti mi suggerisce. E allora eccolo.
Si tratta del secondo movimento, "Larghetto", del "Concerto in Re maggiore op.61 per violino e orchestra", uno dei capolavori della letteratura violinistica del primo Ottocento. 
Il brano, famosissimo, si snoda in un incantevole dialogo tra la pacata intensità dell'orchestra e la voce nitidissima del violino solista. Ne nasce così una dolce romanza che ci riempie di fascino fin dall'esordio, e ci accompagna con un incedere lento, totalmente privo di affanno, ma pervaso da un'aura contemplativa ricca d'ineffabile splendore.

Buon ascolto!

 

sabato 9 settembre 2017

Pura energia

Organo della Chiesa di "Notre-Dame des Victoires" - Parigi
Nei giorni appena trascorsi in pausa-blog, mi ha fatto compagnia un brano che avevo in mente da tempo e col quale avevo già programmato di aprire - diciamo così - il mio nuovo anno di lavoro.

"Troppo bello!" pensavo, presa dall'ansia di condividerlo, mentre più e più volte ascoltavo le diverse interpretazioni indecisa nella scelta. 
E' infatti un pezzo entusiasmante, gioioso, leggero...insomma, pura energia! Uno di quei brani che vi consiglio di ascoltare a tutto volume, per gioia vostra - e dei vicini di casa! - con le vibrazioni dell'organo che vi attraversano il corpo, l'anima e i muri, facendovi sentire una cosa sola con la musica!

Si tratta di una pagina di Bach per me tra le più affascinanti: la "Sinfonia" iniziale della Cantata BWV 29 "Wir danken dir, Gott, Wir danken dir".
A prendermi a tutta prima è stato il testo: un inno di ringraziamento a Dio nel quale si ripone la propria speranza e dal quale s'invocano protezione, prosperità, benedizione e misericordia. 
Ma è stata poi la musica a catturarmi in pieno, nell'attitudine splendidamente gioiosa proprio della "Sinfonia" d'apertura il cui tema, vivacissimo, è la trascrizione per organo del Preludio della "Partita n.3 in Mi maggiore BWV 1006 per violino solo" composta da Bach undici anni prima.

Dicevo che ho faticato un po' a scegliere l'interpretazione che ascolterete qui.
Il fatto è che di tale Sinfonia esistono parecchie esecuzioni per organo solo, ma anche altre in cui è accompagnato dall'orchestra.
Dopo innumerevoli ascolti, tra le tante - ora velocissime, ora un po' più lente e maestose - ho preferito la versione per organo solo che sentirete perchè, a mio avviso, conferisce al brano particolare spessore sottolineandone insieme profondità e ritmo.
Mi pare sia proprio quest'ultimo - spesso affidato alla pedaliera, ma anche alla mano sinistra - a fare di Bach un contemporaneo: un compagno di viaggio che, strada facendo, si affianca a noi con vivacità, rigore e inesauribile inventiva, suggerendoci gioiosi angoli di visuale per farcene scoprire, passo dopo passo, lo splendore.
Un Bach sempre rigenerante che, nella concretezza della tonalità di Re Maggiore, non ci permette di sostare a ripiegarci su noi stessi ma che, nota dopo nota, fa scaturire proprio dalla nostra interiorità - qui sta il potere della musica! - sorgenti di sorprendente, luminosa energia. 

Un brano che mi piace dedicare a chi riprende il lavoro dopo la pausa estiva, a tutti coloro che - a cominciare dalla sottoscritta - sentono il bisogno di tornare alle proprie attività con maggiore grinta, così come agli studenti e agli insegnanti che inaugurano un nuovo anno scolastico. 
Ma soprattutto penso a quegli adolescenti ansiosi di conoscere, cercare, scoprire, esplorare, costruire, inventare, catturati da mille passioni tra le quali anche la musica, magari proprio organistica.
Tra questi, in particolare, mi permetto di citare il giovane liceale Federico. 
A lui, se mai un giorno passerà di qui, dedico il vivacissimo pezzo di oggi, e così pure alla sua mamma Marinella e alla nonna, compagni di piacevolissime chiacchierate mattutine in un delizioso angoletto di montagna.

Buon ascolto!