Tutti conosciamo la straordinaria ricchezza e varietà della sua ispirazione musicale che - oltre a composizioni celeberrime come "Le quattro stagioni" e il "Gloria" - ci ha regalato svariate opere sacre e profane, sonate e un numero elevatissimo di concerti per diversi strumenti.
Una musica straordinariamente innovatrice la sua, nell'ambito della scuola barocca italiana, tanto che parecchie composizioni sono state oggetto di trascrizione da parte di alcuni musicisti suoi contemporanei.
Nella molteplicità delle sue opere, oggi ho scelto il secondo movimento, "Larghetto", dal "Concerto n.9 in Re maggiore per violino, archi e basso continuo RV 230" tratto da "L'estro armonico".
Raramente ho ascoltato un pezzo di così ricca e delicata suggestione e mi piace pensare che Bach - che l'ha trascritto per clavicembalo insieme ad altri concerti della stessa raccolta - sia stato spinto a farlo non solo per la novità della forma, ma anche per lo splendore della melodia.
All'introduzione iniziale decisamente solenne nella sua successione di accordi ripetuti, segue il tema per violino solo che inanella una fioritura dolcissima di note ora soffuse di vaga malinconia, ora più luminose, ma sempre in un clima meditativo di grande intimità. Quello che ci accompagna è un ritmo lento - oserei dire un passo - calmo come un respiro sul quale si dipana la melodia.
E ci conduce in un'atmosfera da sogno che mi ricorda la quiete palpitante del cielo, in una notte di primavera.
Nonostante a predominare sia la parte solistica, livello armonico e livello melodico si fondono con nitido equilibrio: da una parte infatti l'orchestra d'archi scandisce gli accordi dell'accompagnamento, mentre dall'altra il violino solo si esprime attraverso un fraseggio ricco di fioriture e di abbellimenti.
E questa fusione perfetta che si avverte tra le due dimensioni del testo musicale si ritrova, in un certo qual modo, anche nel titolo della raccolta: "L'estro armonico".
Si tratta di un titolo piuttosto singolare perchè, in realtà, i due termini sono contrastanti. Infatti, se il sostantivo estro ci riconduce a un che di libero e fantasioso, qualcosa che ha a che fare con l'originalità o la genialità di una persona e ancor più di un artista, l'aggettivo armonico ci riporta alla nozione di armonia che - in campo musicale - è un complesso di regole ben precise fissate in ordine alla composizione.
Ma proprio nell'accostamento di tali aspetti opposti in una sorta di ossimoro, l'espressione può far pensare ad un procedere comune di tecnica e arte: la prima che dà forma alla seconda e questa che la anima di vita nuova. O più ancora, vi si può leggere la volontà di impadronirsi della tecnica per poi andare al di là di essa e liberare il cuore.
Ma non è l'unica raccolta vivaldiana a presentare tali caratteri quasi programmatici. Altre due s'intitolano infatti "Il cimento dell'armonia e dell'invenzione" e "La stravaganza".
La prima - della quale tra l'altro fanno parte "Le quattro stagioni" - ci riporta ancora al contrasto tra regola e fantasia, tra la componente oggettiva della norma e l'irrompere in essa della soggettività. La seconda richiama un elemento di bizzarria o di trasgressione com' è l'allontanarsi da una via stabilita e, musicalmente parlando, consiste nel ricorrere da parte di Vivaldi a modulazioni e intervalli melodici inconsueti per la sua epoca.
Ma dicevo prima che la composizione da cui è tratto il brano di oggi è stata trascritta da Bach. Ne è nato infatti il "Concerto n.1 in Re maggiore per clavicembalo BWV 972".
Allora, per mia e vostra gioia, ho riportato qui di seguito ben tre clip video del "Larghetto": la prima con la versione originale di Vivaldi; la seconda con la trascrizione bachiana; e la terza - troppo bella....non potevo non pubblicarla! - con l'esecuzione del pezzo di Bach al pianoforte invece che al clavicembalo.
E due ultime osservazioni.
Innanzitutto, mi piace sottolineare lo splendore della trasposizione bachiana - di cui avete un piccolo saggio nella clip video - che traduce la polifonia dell'orchestra nelle voci di un solo strumento ricavandone una mirabile corrispondente armonia.
Ma in secondo luogo, mi cattura il fascino intenso che acquista tale trascrizione quando - invece che al clavicembalo - è eseguita al pianoforte, in particolare nell' interpretazione di Boris Bloch che trovate qui. Ne deriva un brano di assoluto splendore in cui - mentre riecheggia un'eco del famoso "Preludio n.1 in Do maggiore" che apre il "Clavicembalo ben temperato" - ritroviamo delicatezza, intimità, sogno e una morbidezza infinita.
Da Vivaldi a Bach quindi: autori diversi e strumenti diversi per coniugare estro e armonia insieme all'inesauribile ricchezza del loro genio musicale!
Buon ascolto!