martedì 28 giugno 2016

Il primo caffè della giornata

Il primo caffè della giornata lo prendo al bar alle nove del mattino, minuto più minuto meno.
Veramente, sarebbe più corretto dire "Prendo al bar il primo caffè della giornata ecc. ecc.", ma sento aria di vacanza e oggi mi va di scrivere così. Volendo, in cambio della costruzione della frase, di corretto sarei tentata di prendere il caffè....ma poi non so che effetto potrebbe farmi, visto che oggi ho già cominciato maluccio, almeno a giudicare dall'esordio di questo post.

Il primo caffè della giornata va sorbito piano, a piccoli sorsi, in silenzio, mentre si guarda fuori cosa promette il tempo e si lasciano fluire liberamente i pensieri. Meglio se il bar non è chiassoso e l'atmosfera è familiare, come in uno di quei locali dove ti conoscono e sanno che, se ne hai voglia, attacchi discorso, altrimenti ti lasciano tranquilla nel tuo brodo. Ma qualche volta è bello anche essere in compagnia, soprattutto se è dolce...la compagnia intendo, non solo il caffè.

Il primo caffè della giornata, però, lo si può prendere anche a casa di un'amica di quelle più mattiniere. Lo si beve sedute in cucina, tipico luogo di confidenze: arredamento rustico, atmosfera country chic, silenzio intorno, tovaglietta a fiori e un gattone che occhieggia dal giardinetto circostante, come si fosse magicamente entrati in un libro di Philippe Delerm.
Nelle stagioni più fredde è consentito restare a casa propria. Allora però va preso presto, quando la giornata è ancora tutta da sognare - diciamo verso le sette del mattino? - e va sorseggiato piano, con uno sguardo dietro le tendine della finestra alla città che si sveglia.

Invece d'estate, in montagna, il primo caffè ha la cornice di una baita in fondo ai prati, in perfetta solitudine nell'aria del mattino, col fragore del torrente che scorre lì accanto rilassa anche i pensieri.
Il più gustoso però resta quello invernale, che bevi alla stazione quando fuori è ancora freddo e buio e lo stanzone del bar è come la cucina di casa, un rifugio caldo e accogliente animato da pendolari che stanno andando al lavoro....ma tu no!!! E questo è fondamentale.

Il primo caffè della giornata, nel caso avessi dormito male o ti fossi guastato l'umore per qualche motivo, ti riconcilia col mondo, a patto che sia forte, ben caldo e cremoso. Il caffè, non il mondo. In caso contrario, la giornata comincia in salita e bisogna avere subito di riserva un piano B.

Il primo caffè della giornata di solito per me è anche l'ultimo sennò poi non dormo e, se lo bevo al pomeriggio, finisce che la notte conto le pecore, dal che ho sempre dedotto di essere una ragazza sveglia...Così lo prendo al mattino, anche nella speranza che metta in funzione i pochi neuroni superstiti della sottoscritta. 
Ma evidentemente oggi qualcosa non andava e non c'è riuscito perchè mi è venuto fuori questo post demenziale e so già che alcuni di voi staranno sgranando gli occhi per dire "Uhhh, com'è vero!!!" pensando che alla poveretta - che sarei io - il caldo sta facendo brutti scherzi.

Ora lo so, passando alla musica, tutti si aspetteranno che, patita come sono di Bach, sfoderi qui la sua "Kaffeekantate BWV 211" - eh sì, ha scritto anche quella! - ma oggi sono di diverso avviso.
E' infatti un brano di Vivaldi quello che vi propongo: non ha riferimenti immediati col caffè, ma ci regala un brio che lo può adeguatamente sostituire nel caso in cui il baretto di fiducia sia in pausa settimanale e occorra d'urgenza un piano B.
Si tratta del primo movimento - "Allegro" - dal "Concerto per violino e archi in Sol maggiore Op.3 n.3 RV 310" da "L'estro armonico", anche questo trascritto per clavicembalo da Bach come altre composizioni di cui parlavo in passato. Tuttavia ora mi preme condividere con voi l'originale vivaldiano.

Anche se la mia attenzione si focalizza sul primo tempo, ho scelto una clip video che riporta l'intero concerto non solo per lo splendore dei due movimenti successivi, ma soprattutto per il livello interpretativo decisamente superiore alle altre registrazioni offerte da youtube. 
Qui infatti, l'Allegro iniziale è ricco di una vivacità fresca e frizzante e la musica sale di progressione in progressione, coniugando la potenza ariosa degli archi con la voce acuta del violino. Ne deriva un'esecuzione luminosa che sa mirabilmente equilibrare ritmo e leggerezza, dandoci l'illusione di ascoltare musica dal vivo, come fossimo seduti in una sala da concerto.  
E l'esordio scintillante del brano - ancor meglio di un caffè - ha il potere di riconciliarci con la giornata e col mondo.

Buon ascolto!
 

lunedì 20 giugno 2016

Le tacche sul muro

Guardo dal balcone della cucina gli alberelli del prato di fronte - ve li ricordate ? - quel filare piantato anni fa, dopo che il verde da cui ero circondata è stato asfaltato e sostituito con un parcheggio.

Avevo raccontato la vicenda  in questo vecchio post  sfogando tutto il mio disappunto, ma nutrendo anche la speranza che gli esili alberelli crescessero in fretta rianimando lo spazio riservato al verde pubblico.
Bene, come vedete sono cresciuti e ancora crescono sotto l'occhio vigile della sottoscritta che periodicamente ne valuta con lo sguardo l'ampiezza della chioma, quasi fossero fanciulli a cui si misura l'altezza segnando delle tacche su di un muro.
Osservateli: piantati insieme, cresciuti insieme, stessa esposizione, stessa quantità di sole, acqua e intemperie, eppure diversi tra loro, ciascuno con la propria fisionomia, starei per dire con la propria identità. Quasi come fratelli che, nati dagli stessi genitori, hanno tuttavia carattere, temperamento e inclinazioni differenti.
Il primo con la chioma ricca ma un po' spampinata, il secondo e il terzo leggermente più piccoli, il quarto decisamente rigoglioso con il fogliame pieno e raccolto, e il quinto più piccino, in apparenza il più fragile della famiglia.
  
Certo, in questi anni non hanno visto alcuna potatura e sono venuti su così come capita. Ma da esili fanciulli quali erano, si sono fatti grandi e - se come   esseri viventi sono dotati non solo di una loro sensibilità, ma pure di una sorta di sensitività - anche da lontano avranno colto l'attenzione vigile del mio sguardo, l'affetto con cui faccio il tifo per loro o mi arrabbio ogni volta che vedo gente che ne deturpa la bellezza e l'armonia.
C'è infatti, purtroppo, chi - di tanto in tanto passando - ne strappa dei rami così per noia, per divertimento, per non saper cosa fare, per trapiantarli nel proprio giardino, ma io dico per chiara inciviltà! Allora soffro per questi alberelli come davvero fossero miei e talora mi domando se per caso avvertano i sentimenti di cui sono oggetto.
E' nota infatti la sensibilità delle piante e la loro rispondenza al modo in cui vengono trattate, alle cure che le circondano, addirittura alla voce di chi parla loro come a persone di famiglia e le saluta quando entra e quando esce.
Di conseguenza, mi viene naturale pensare a quale potrebbe essere la loro reazione se fossero immerse nel mondo delle note e mi chiedo se anch'esse amino la musica....
Gli esperti in materia dicono di sì: che si tratti di piante di appartamento, di alberi da frutto o arbusti vari, amano la musica, soprattutto quella sinfonica, e pare crescano più rigogliosi se a raggiungerli, in particolare, sono le frequenze di un autore come Mozart.

La cosa non mi meraviglia perchè dalle note del compositore salisburghese ci arrivano vibrazioni che sempre sono state considerate positive se non addirittura terapeutiche. Così, ai miei alberelli oggi desidero dedicare proprio un suo pezzo: il terzo movimento, "Adagio", dal "Divertimento n.7 in Re maggiore K.205".
Si tratta di un brano lieve come l'aria, leggiadro come solo può esserlo Mozart, lento, ma segnato da fremiti leggeri e passaggi di rara luminosità. E mi fa pensare all'ondeggiare delle mie pianticelle nel vento che ne anima le chiome, mentre la luce suscita mutevoli riflessi e chiaroscuri nelle diverse ore del giorno.
A dire il vero, per completare le cose, dovrei mettere la musica a tutto volume sul balcone, per la gioia dei miei alberelli e dell'intero condominio....ma forse non è il caso. Allora mi limito a postarla qui, fiduciosa nella loro percezione, e continuo ad osservarli dietro la tendina della finestra covandone con affetto la crescita.
Una crescita che, insieme alla gioia e alla piacevolezza che regala al mio sguardo, mi ricorda anche il tempo che passa mutando ogni cosa e aggiungendo tasselli di storia alla nostra vicenda terrena.
E la leggerezza pensosa di Mozart mi dice che le tacche sul muro sono anche per noi.

Buon ascolto!

 

lunedì 13 giugno 2016

Martha !!!

Una delle eredità che mi ha lasciato il lavoro è il fatto di pensare il tempo ad anni scolastici e - ancora oggi che sono in pensione da un po' - tale abitudine per me è rimasta invariata.
Con ciò, non intendo dire che sto con l'orologio e il calendario alla mano come in passato. Ora al mattino posso permettermi di non puntare più la sveglia e nel corso dei mesi riesco a fare programmi con maggiore libertà di prima.
Nella sostanza però, vivo ancora ad anni scolastici, e nonostante le mie attività siano cambiate, periodi impegnati e vacanze sono pressocchè ancora quelli di una volta, ma sono soprattutto i ritmi psicologici ad essere rimasti quasi identici.

Trovo che quella tra ferie e lavoro sia sempre un'alternanza benefica perchè ci consente di apprezzare il positivo di entrambi e sono felice che la pensione non mi abbia precipitato nel grigiore di un tempo tutto uguale e indistinto.
Infatti, come mi sento piena di energia e di prospettive a settembre, altrettanto mi rallegro ogniqualvolta si avvicinano le classiche vacanze di Natale o di Pasqua, e in vista di un bel fine settimana pregusto anch'io il sollievo di un meritato (....???) riposo. 
A maggior ragione, quindi, ora che l'anno scolastico è appena terminato gioisco anch'io con la moltitudine degli studenti - e forse un pochino più di loro - perchè non ho debiti da colmare nè mi aspettano esami di maturità. Ormai, all'anno successivo....mi promuovo da sola e posso festeggiare liberamente quelle che i Francesi chamano les grandes vacances!

Penso che - al lavoro o meno - inizio e fine di determinate fasi dell'anno non vadano mai trascurati o passati sotto il silenzio indifferente di un momento qualunque: anche nel loro piccolo sono significativi e mi è sempre piaciuto sottolineare con qualche minimo rituale i giorni che segnano il passaggio ad un ritmo di vita diverso.
Non si tratta di fare gran che: spesso mi basta l'acquisto di un libro con cui inaugurare un nuovo ciclo di letture o più ancora di uno spartito o di un cd con una nuovo brano di musica che mi resti dentro, per ritmare la gioia di un tempo che si apre come una pagina bianca su cui scrivere.

Quest'anno, per inaugurare le vacanze, non ho avuto bisogno di cercare molto perchè lo spunto è arrivato da solo. Me lo ha offerto il concerto di ieri sera in piazza Duomo a Milano, un evento straordinario con l'orchestra della Scala diretta da Riccardo Chailly e una solista di eccezione quale Martha Argerich!!! 
Su di lei avevo già visto venerdì scorso, trasmesso da Rai 5, un interessante film documentario girato dalla figlia Stéphanie e - sempre su Rai 5 - ho potuto ascoltare in diretta il concerto di ieri sera.
Dunque, è nientemeno che con il talento pianistico della Argerich che ho deciso d'inaugurare l'estate - quando arriverà, s'intende! - e in questi giorni sto riascoltando su youtube le sue più famose interpretazioni tra le quali ho scelto il brano di oggi.

Si tratta della "Sonata in re minore K.141" di Domenico Scarlatti (1685 - 1757), un brano acceso e vibrante, un vero e proprio pezzo di bravura, le cui frequenti note ribattutci regalano la sensazione di essere avviluppati nel volo di un nugolo di farfalle.
Il video ci consente di gustare la strabiliante maestria della grintosissima pianista argentina che del pianoforte mostra una padronanza assoluta
Si resta stupiti dalla scioltezza con cui affronta le numerose difficoltà tecniche di questa sonata e dalla velocità delle sue mani che sfiorano la tastiera con leggerezza e insieme con incredibile energia, in un'esecuzione che unisce virtuosismo a ricchezza interpretativa.

Ma al di là del suo prodigioso e indiscusso talento, mi hanno sempre colpito in lei due aspetti in realtà contrastanti tra loro
Da un lato, una ferrea attenzione alla tastiera che - come si coglie talora dal video - la porta a cantare le note a fior di labbra, o forse addirittura a contare il tempo; dall'altro, una sicurezza tale da rasentare a volte un atteggiamento di nonchalance, di elegante noncuranza, quasi suonare fosse un gesto così connaturato in lei da tradursi semplicemente in un modo di essere.

Buona visione e buon ascolto!
 

domenica 5 giugno 2016

In gioiosa lista d'attesa....

Lipsia: "Thomaskirche"
Non riesco a staccarmi da Bach
E dire che ne ho già pubblicato qui un numero considerevole di brani e ogni tanto penso che sarebbe opportuno fare un po' di pausa.
Eppure non so proprio allontanarmi dalle sue note.

E non mi riferisco solo ai pezzi postati di recente che non mi sazio mai di ascoltare, ma anche ad altro. 
Sarà che sto lottando con alcuni brani della seconda Suite inglese, assolutamente non facili per le mie capacità di eterna principiante; ma più prendono forma sotto le mie mani e più il loro splendore mi conquista. 
Sarà che ho parecchi altri pezzi che attendono pazientemente di essere pubblicati qui, e talora ho quasi la sensazione che mi sollecitino a non dimenticarli.
Ma in verità mi sono un po' gasata anche perchè - notiziola fresca fresca! - quest'estate tornerò a Lipsia, città nella quale Bach è vissuto dal 1723 fino alla morte, e di nuovo potrò sostare in silenzio nella Thomaskirche dov'è sepolto, come in una luminosa mattina di quattro anni fa della quale potete ritrovare il ricordo qui.

Lo so, la prima volta che ci si reca in un luogo tanto desiderato si carica di un fascino irrepetibile e ritornarvi non fa sempre lo stesso effetto. 
Inoltre, se tutto va bene, il mio sarà ancora un viaggio di gruppo e prevedo già che, per essere sola, dovrò fuggir via di corsa coi minuti contati, quasi andassi all'appuntamento con un amante segreto....ma forse il bello sta anche in questo. Se ci pensiamo infatti, la musica ha molto a che vedere con l'amore, perchè va a toccare corde profonde e nascoste, regalandoci una scintilla di quella pienezza alla quale tutti aspiriamo. 

Allora, oggi permettetemi di pubblicare un ennesimo brano di Bach, da tempo in gioiosa lista d'attesa. 
Si tratta del "Preludio in Mi bemolle maggiore BWV 552", pezzo grandioso e solenne che, a mio modesto avviso, costituisce una delle più belle composizioni organistiche di tutta la sua produzione, una di quelle che vanno a risvegliare il Bach che misteriosamente portiamo già dentro.
Non so bene perchè, ma ho spesso la sensazione che, tra le tante e svariate sue opere, ce ne siano alcune - se possibile - ancora più bachiane di altre, quasi ci comunicassero l'essenza più profonda della sua ispirazione e del suo genio musicale
Non si tratta solo della presenza di progressioni, passaggi contrappuntistici o altri tratti del suo stile divenuti ormai chiari segni di riconoscimento, com'è per esempio lo sfumato per Leonardo o la figura serpentinata per Michelangelo. Ma è come se a tali opere ci legasse una sorta d'imprinting che ci fa percepire una corrispondenza segreta e immediata, quasi vi riconoscessimo una luce che è stata già nostra, forse in un tempo lontano.
Ecco, a me il Preludio BWV 552 dà questa sensazione.

Tra l'altro, è uno dei brani orchestrati da Schoenberg di cui parlavo qualche tempo fa, ma stavolta preferisco di gran lunga l'originale bachiano per organo.
Basta infatti ascoltare gli accordi iniziali, potenti, solenni e - per così dire - assertivi nella luminosa tonalità di Mi bemolle maggiore, per entrare subito nel vivo della composizione ed essere presi dalla grandiosità di quest'opera scritta, come indica il testo, "pro organo pleno". E' proprio tale pienezza di registri e di sonorità a prenderci già dall'esordio, con un'energia che percorre poi il resto del brano attraversandolo in tutta la sua complessità.

Alcuni musicologi, inoltre, hanno voluto leggere in esso una simbologia che, poic rimanda al numero tre, hanno interpretato come omaggio di Bach alla Trinità. Tre sono infatti i bemolli in chiave - come si vede nella clip video - e tre i temi che si susseguono nel pezzo, prima esposti separatamente e poi intrecciati in un dialogo ricco e articolato nel quale si muovono su scale discendenti, forse a simboleggiare il Divino che si piega per dare origine alla creazione. E la stessa cosa accade anche nella fuga che segue al preludio, della quale vi riporto il link: https://youtu.be/Wkw0XSTV7C4. 

Una fusione di elementi insomma, che - come in tanti altri autori - accomuna arte e vita, genio ed esperienza vissuta, consentendoci di ritrovare nelle composizioni di Bach non solo il musicista, ma insieme l'uomo e il credente legati in inscindibile unità.
  
Buon ascolto!