lunedì 29 febbraio 2016

Intervallo di quarta eccedente

Oggi parliamo dell'intervallo di quarta eccedente.
Tranquilli, non ho intenzione di addentrarmi nei complessi meandri dell'armonia musicale che talora fatico a comprendere, nè voglio annoiarvi con l'uso di termini tecnici!
Ma il fatto è che, quando ascolti musica da anni, inevitabilmente ti resta dentro: te la canti, te la suoni, magari te la dirigi in un momento di follia in rigorosa solitudine davanti a un concerto in tv, tanto che alla fine la senti ovunque come fosse onnipresente.

E in effetti, lo è: il cigolìo di una porta, un nome gridato con una particolare cantilena, il suono stridente di una frenata, tutto si trasforma in note, modulazioni, passaggi che evocano altre musiche depositate nella memoria e che di là riemergono.
Così, ad esempio, il particolare trillo del mio cellulare quando lo metto in carica mi ricorda la mozartiana Aria di Papageno dal "Flauto magico"; i due colpi di clacson di un tir che passa sulla circonvallazione diventano i primi due accordi della wagneriana Ouverture del "Tannhauser", intervallo di quarta giusta stavolta, senza eccedenze. E così via.
Ma a colpirmi sono anche le particolari inflessioni della nostra voce che - lo ricordiamo - è il primo strumento musicale. Il nostro parlare infatti è musica: lo registrassimo, non sarebbe difficile tradurlo in note.

Sarà per questo che mi è rimasta dentro la voce della mia postina che, tutti i giorni o quasi, sento al citofono. 
E' una dolce signora dal fare molto tranquillo che si annuncia dicendo soltanto "Po-sta!" e niente altroMa le due sillabe della parola suonano esattamente come due note separate da un intervallo di quarta eccedente: "do - fa diesis" oppure "fa - si naturale" o ancora "re - sol diesis", per portare qualche esempio. E quel semitono in più rispetto all'intervallo di quarta giusta conferisce alla sua voce una sfumatura dissonante, una leggera venatura di malinconia che la impreziosisce.

Oggi ci ha recapitato la posta per l'ultimo giorno: dopo circa un anno di servizio nella mia zona, è stata trasferita altrove e, benchè ci siamo viste poco e più che altro sentite, mi ha salutato con una cortesia squisita che ho apprezzato molto.
A dire il vero...la dolce signora è totalmente ignara dei santi che - per merito suo - abbiamo più volte tirato giù dal cielo, stante il fatto che citofona regolarmente intorno alle 13,30 quando io e mio marito siamo in pieno abbiocco postprandiale davanti alla tv, e finisce sempre che ci guardiamo in cagnesco per decidere chi debba scendere a ritirare la posta.

Però un po' mi dispiace. In realtà, ai postini ci si affeziona perchè - tanto o poco - partecipano alle attese della nostra vita: dall'ansia che generalmente mi prende quando annunziano una raccomandata ("Oddio....sarà mica l'agenzia delle entrate???"), alla gioia che ho avuto di recente ricevendo il calendario del mio paesetto di montagna con una mia foto (intendo dire con una foto di paesaggio scattata da me....non fraintendetemi!).
A sostituirla verrà un ragazzo e - chissà perchè! - me lo immagino svelto, mattiniero, ma senza intervalli nella voce: un avviso di posta più monotono insomma, con due sillabe uguali cantate proprio sulla stessa nota. Pazienza!

Allora, pensando alla postina oggi vi regalo "Maria", probabilmente il brano più famoso di "West Side Story", rivisitazione in chiave moderna della vicenda shakespeariana di Romeo e Giulietta su libretto di Arthur Laurents, musicato dal compositore e direttore d'orchestra statunitense Leonard Bernstein (1918 - 1990). 
Il motivo della mia scelta è duplice. Il primo è il fatto che la postina, se non ricordo male, si chiama proprio come la protagonista del musical; ma l'altro - e la cosa per me non è affatto secondaria - è la presenza dell'intervallo di quarta eccedente proprio sulle prime due note del nome Maria, nel ritornello della canzone che tutti conosciamo e magari qualche volta abbiamo anche canticchiato. Si tratta di un intervallo fortemente dissonante che - più che nella musica del passato - s'incontra nel jazz o comunque in composizioni cronologicamente più vicine a noi come appunto "West Side Story".

Nella clip video tratta da un recital dei tenori Domingo, Carreras e Pavarotti, il brano è seguito da "Tonight", altro famosa canzone del musical, ma soprattutto interpretato meravigliosamente dai tre artisti che - lasciatemelo dire! - sono una gioia anche per gli occhi a cominciare, se posso esprimermi schiettamente, da Placido Domingo.
Dedico tutto, in audio e in video, alla mia postina: la sua voce con intervallo di quarta eccedente mi mancherà.

Buon ascolto!

 

domenica 21 febbraio 2016

La musica della macchina

L.Russolo, "Dinamismo di un treno" (1912)
Credo di aver già parlato più volte del fatto che mi piace viaggiare in treno.
Treni e stazioni ferroviarie hanno spesso fatto parte della mia vita come punti di osservazione della varietà dell'esistenza, e al tempo stesso luoghi in cui questa si svolge con particolare intensità.
Sarà forse un dna ereditato da mio nonno paterno che faceva il capostazione e purtroppo non ho conosciuto se non in fotografia, ma il mondo delle ferrovie ha sempre esercitato su di me un fascino particolare e, in viaggio, in genere mi sento a mio agio come in un ambiente familiare.

E' probabilmente anche per questo che, nell'ambito dei miei interessi musicali, sono stata colpita da un brano ispirato da un treno, anzi da una locomotiva. 
Si tratta di "Pacific 231", movimento sinfonico per orchestra che il compositore svizzero Arthur Honegger (1892 - 1955), grande appassionato di treni, ha scritto proprio in onore di questo tipo di locomotiva a vapore.

Avevo vent'anni quando l'ho sentito per la prima volta e può sembrare strano che, amante come sono - e com'ero - della musica del Settecento, sia stata affascinata da un pezzo composto invece nel 1923 da un autore come Honegger, aperto alle novità che circolavano nella sua patria adottiva, la Francia, nel primo Novecento. Ma è proprio così.
"Pacific 231" (foto di Jean Pierre Bénard)
Il brano sprigiona infatti una potenza che lo rende straordinariamente avvincente e ci propone il viaggio di una locomotiva attraverso tutte le fasi del suo percorso: da quando la macchina è ferma, alla messa in moto, alla sua accelerazione verso la massima velocità, fino al momento in cui rallenta e gradatamente si arresta.

Dai lentissimi accordi iniziali profondamente cupi che segnano la partenza del treno, al suo progressivo lanciarsi in una marcia cadenzata e poi nella corsa, è tutto un moltiplicarsi, sovrapporsi e intrecciarsi di ritmi sempre più concitati tra i quali si fanno strada i vari temi, prima emergendo solo a tratti, poi dispiegandosi sempre più potenti e grandiosi
Si tratta di un formidabile crescendo nel quale largo spazio è affidato agli ottoni, ma anche a contrabbassi, violoncelli e poi all'intera orchestra che esplode in sonorità fragorose e talora dissonanti, fino a quando il ritmo rallenta in un apparente disfacimento di suoni sconnessi, ma in realtà perfettamente calcolati.

Vi regalo il brano acccompagnato da un video di grande efficacia: musica e immagini si accordano infatti con particolare sincronia rivelandoci tutte le suggestioni che il movimento di una locomotiva può esercitare su di noi dalla partenza all'arrivo.
Il filmato, preso da varie fonti che ci riportano a vecchie pellicole incentrate sul viaggio dei treni, alterna momenti in cui i suoni possono suscitare in noi sensazioni oscure e lugubri, ad altri in cui la musica nel suo ritmo dirompente ci apre a visioni potenti e grandiose. Non dimentichiamo che, quando Honegger compone "Pacific 231"in Francia si è già affermato il Futurismo che esalta - tra l'altro - la società industriale e il tema della velocità nei nuovi mezzi di comunicazione.  
Ma ascoltando il brano, vengono in mente anche i famosi versi carducciani "Un bello e orribile / mostro si sferra...." scritti sessant'anni prima proprio con riferimento al treno a vapore, e di tale mostro in certi passaggi sembra quasi di sentire lo stridore e l'ansito.

Senza dubbio una composizione di straordinaria potenza descrittiva, ma soprattutto dalla forte capacità di suggestione. Lo afferma lo stesso Honegger nella presentazione che si legge in apertura del video prima che - a 1,53 dall'inizio - parta la musica:

« Ho sempre amato le locomotive con passione; per me sono esseri viventi, e le amo come altri possono amare le donne o i cavalli. Nel "Pacific" quello che ho cercato di fare non è l'imitazione dei rumori della locomotiva ma la traduzione d'un'impressione visiva e di un godimento fisico in una costruzione musicale. La composizione parte da una contemplazione oggettiva: il respiro tranquillo della macchina in riposo, lo sforzo dell'avviamento, e poi il progressivo aumento della velocità finché si arriva allo stadio lirico o patetico di un treno di trecento tonnellate lanciato in piena notte a 120 all'ora. Ho scelto a oggetto della composizione la locomotiva di tipo "Pacific n. 231" per i convogli pesanti dalle grandi velocità. »

In effetti, nonostante questo sia stato considerato un brano di musica a programma, sono le suggestioni a prevalere e a sollecitare la nostra sensibilità facendone - anche indipendentemente dalle immagini - un pezzo di entusiasmante impatto emotivo.

Buon ascolto!

sabato 13 febbraio 2016

Cure palliative

Parlo con un'amica di vecchia data e si discute, tra l'altro, di cure palliative. 
Lei, medico di provata esperienza, lamenta il fatto che questo prezioso servizio reso al malato e a coloro che lo assistono, sia offerto quasi esclusivamente dagli hospices mentre dovrebbe essere presente in ogni struttura ospedaliera, e mi spiega quanto il significato del termine "palliativo" sia stato travisato e impoverito nel tempo.
Afferma infatti che cure palliative non sono soltanto - come molti credono - le terapie che si praticano quando la situazione del malato è disperata, giusto per alleviare la sofferenza, ma con l'idea che in fondo siano rimedi sostitutivi e inefficaci ai fini di un reale miglioramento. Non si tratta neppure dell'uso di farmaci naturali al posto di quelli chimici, o comunque non semplicemente di questo.
"Palliativo" - mi spiega - deriva dal latino "pallium", mantello. E che cosa fa un mantello? Protegge e riscalda, copre e difende, avvolge e accompagna...
Cura palliativa è accogliere sotto un mantello di protezione chi sta soffrendo e i suoi familiari con lui: è sedare il dolore fisico, certamente!, ma anche prendersi cura di tutta la persona e di coloro che l'assistono condividendo la fatica del cammino.
E' difendere dalla paura, riscaldare col calore del dialogo, di un sorriso, di una parola; è avvolgere con i piccoli grandi gesti di un'accoglienza senza fronzoli, ma sincera. E' accompagnare su di un sentiero accidentato facendo pesare meno a chi lo percorre l'inevitabile senso di solitudine, perchè siamo tutti soli davanti alla morte e per certi aspetti anche davanti alla vita.

La cosa mi affascina.
Allora penso a quanto sarebbe importante che le cure palliative non fossero praticate solo nei casi estremi e unicamente in campo medico, ma diventassero l'ordinaria amministrazione dei rapporti tra persone, lo stile delle nostre relazioni quotidiane.
Bello essere avvolti dal calore dell'ascolto, coperti dal mantello della discrezione, difesi con la coltre del rispetto, accompagnati da comprensione e condivisione!
Certo, ciò accade già spontaneamente nell'amicizia e tra tutti coloro che si vogliono bene. Ma al di là di questo, nel tessuto di relazioni degradate com'è spesso quello attuale - dove l'altro è l'estraneo se non addirittura il nemico e la normalità dei rapporti, quando va bene, è improntata a una plumbea cortina d'indifferenza - sarebbe auspicabile che il nostro agire quotidiano fosse davvero "palliativo".
Nessuno ce lo impone, non ci sono norme che - al di là delle regole di una corretta educazione - prescrivano la condivisione, l'affetto o la luminosità di un sorriso. Eppure quanti fili possono essere riannodati da uno sguardo di benevolenza, un gesto garbato, un "grazie" meno affrettato o convenzionale. 
E se non riescono ad annullare il fardello di problemi che ciascuno di noi si porta dietro nella propria giornata, possono però alleggerirlo.
....Come una musica che all'improvviso ci apre l'anima, un fiore che buca la coltre di gelo invernale, una pozzanghera nella quale scoprire, inaspettato, il riflesso della luna. E per qualche momento anche il nostro cielo s'illumina.

Così oggi, ancora una volta ci rivolgiamo a Mozart per godere della sua terapeutica luminosità in un brano che ci regala un indicibile incanto. 
Si tratta del secondo movimento, "Adagio", dal "Quartetto n.1 in Re maggiore K.285", una delle creazioni per flauto più belle in assoluto.
E' un'aria alla quale la tonalità di si minore conferisce una riposante delicatezza che consente ai pensieri di spaziare liberamente sul ritmo scandito dai pizzicati che sostengono tutto il pezzo. Perfetta la sincronia tra il flauto solista e gli altri strumenti e dolcissima l'interpretazione di Emmanuel Pahud che ora fa risaltare con intensità la melodia limpida e malinconica ad un tempo, ora la sfuma piano, pianissimo...  
In taluni passaggi, come meravigliose rispondenze d'anima avvertiamo qua e là l'eco di altre arie mozartiane, ma ciò non fa che accrescere la suggestione di questo mirabile Adagio. E' un incanto che ci conduce fino al sorprendente finale dove il tema, invece di risolversi in una conclusione, s'interrompe restando in sospeso...in attesa del terzo movimento.
Un Mozart che ci accompagna davvero come un pacificante mantello di note sotto il quale trovare respiro e sorriso: una dolcissima terapia per punteggiare di luce le nostre giornate.

Buon ascolto!

 

venerdì 5 febbraio 2016

La danza dei followers

Condivido anch'io, su queste pagine, lo sconcerto di alcuni amici blogger che - nel corso degli ultimi mesi - hanno visto diminuire misteriosamente il numero dei propri followers.  
Per quanto mi riguarda, la cosa è iniziata un po' di tempo fa, quasi in sordina: ogni tanto la cifra dei miei iscritti calava di due o tre unità, poi risaliva di una, poi scendeva ancora giù. 
Lì per lì, ho pensato che chi mancava all'appello si fosse tolto per motivi suoi e - certo - siamo tutti liberissimi di fare le nostre scelte. Converrete tuttavia che scoprire che i lettori se ne vanno è un po' inquietante. Finora, in questa sorta di saliscendi ne ho persi sette: un numero basso in confronto alle decurtazioni più alte subite da altri blogger, ma sempre spiacevole perchè ogni singola persona è un mondo a sè, portatore di una ricchezza unica
Talora ho cercato di controllare quali iscritti fossero spariti, ma - perdonatemi - non riesco tutti i giorni a fare i conti di chi c'è e chi non c'è.

Tuttavia, più avanti sono stata punta da un altro dubbio: e se invece qualcuno, entrando qui e non trovandosi, pensasse che a cancellarlo sia stata io??? Assolutamente no!!!
In seguito, ho letto i post nei quali - circa un mese fa - la nostra amica NELLA del blog rockmusicspace.blogspot.it  lamentava la sparizione improvvisa di un elevato numero di followers insieme ad altri guai tecnici
Allora finalmente ho capito che quanto succede a me sta accadendo anche a tanti altri e che la cosa dipende, diciamo così, dall'alto.
Insomma, non so se per colpa di Google, di Blogger, di qualche algoritmo o altra diavoleria informatica, i nostri followers vanno, vengono, spariscono, a volte ritornano, altre volte no, in una danza in cui spesso si portano dietro anche i link con cui li abbiamo segnati nel blogroll.
Soluzioni? Ho letto qua e là i consigli di chi ha lo stesso problema, ma data la mia scarsissima competenza in questo campo, non mi azzardo a seguirli per timore di combinare guai peggiori. In passato, le rare volte che ho tentato di modificare qualche impostazione....ho ottenuto esattamente il contrario (!) e me ne è derivata la sensazione che quello del web sia un mondo di equilibri misteriosi e precari che è meglio non alterare.
Così, dopo i primi momenti di allarme, più concretamente ho pensato anch'io - come la nostra amica NELLA - di pubblicare un post stile "comunicazione di servizio", che sarebbe poi questo.
Allora, a voi che leggete, desidero chiarire tre cose:

1) Se vi siete iscritti al blog e improvvisamente non trovate più la vostra icona tra i miei followers o il vostro link nella barra laterale, sappiate che NON sono stata io a cancellarvi.

2) Se lo desiderate, iscrivetevi pure di nuovo. Non posso garantirvi con quale esito, ma ricordate che la vostra presenza sarà sempre gradita.

3) Sappiate comunque che, iscritti o non iscritti, il legame che in questi anni si è creato tra noi, tra un commento e l'altro, non viene meno e non si spezza. E questa per me è la cosa più importante!
Fine della comunicazione.

Poi però ho anche considerato che, dopo tutto lo stress che questa storia ci sta provocando, abbiamo bisogno di un po' di spensieratezza. Io per prima devo esorcizzare le paure che mi prendono periodicamente, come quella di svegliarmi una mattina, accendere il computer e - orrore! - non trovare più non solo i followers, ma neppure il blog!
Insomma, davanti a queste ansie mi occorre un potente antidoto. 
E allora....musica ragazzi!!!
Ho scovato per voi - e anche per me, s'intende - un brano di Franz Joseph Haydn (1732 - 1809) che è una meraviglia: sereno, brioso, movimentato, un pezzo che ci restituisce respiro, sorriso, fiducia ed entusiasmo.
Si tratta del quarto movimento della "Sinfonia in Sol maggiore n.88 Hob:I:88", un pezzo scorrevole, giocoso e travolgente che alterna passaggi di spumeggiante leggerezza ad altri di più potente sonorità. 
Lasciamoci allora portar via dall'architettura concitata e gioiosa di queste note, nella speranza che - in futuro - a regolare la danza dei followers non siano più gli algoritmi, ma solo i ritmi della musica!!! 

Buon ascolto!