martedì 27 ottobre 2015

Nella patria del violino....


Sì, proprio nella patria del violino si è tenuto domenica scorsa il dodicesimo incontro del nostro ormai consolidato gruppetto di amici blogger. 
E' stata Cremona infatti - città di Antonio Stradivari, della più raffinata liuteria e di tanto altro splendore artistico nonchè gastronomico - la cornice di questo appuntamento autunnale atteso con gioia da tutti i partecipanti.
Mi è capitato di osservare già in passato che il tempo gioca a nostro favore. Ed è stato così anche stavolta perchè - complice appunto il trascorrere degli anni e la condivisione dell'esperienza di blogger - abbiamo goduto di una crescente familiarità e di un'intesa sempre più facile e spontanea.
Un clima di distensione e di allegria ci ha quindi accompagnato per tutti i momenti del nostro incontro, tra rinomate bellezze artistiche e squisiti piaceri della tavola.
Inoltre, la coincidenza di date con la tradizionale Festa del Torrone - studiata con occhio sopraffino dalle nostre instancabili organizzatrici Ambra, Sandra ed Erika - ha reso la giornata ancor più piacevole e gustosa in tutti i sensi.

Mattinata trascorsa tra le sale del Museo del Violino, ad ammirare gli splendidi Stradivari, Guarneri, Amati e non solo, ma anche ad osservarne - attraverso filmati e foto - le varie fasi costruttive, dal legno grezzo fino alla realizzazione dell'oggetto finito. Sequenze che ci hanno illustrato l'affascinante arte della liuteria, consentendoci di apprezzare meglio i vari strumenti nelle loro decorazioni, nel colore ricco di calda intensità e nella nitida finezza di suono. 
Un'esposizione di assoluta meraviglia, dagli esemplari più antichi e preziosi fino al singolarissimo violino muto di Pietro Grulli, usato nell'Ottocento per studiare e dotato di una cassa armonica molto ridotta in modo che il suono venga percepito solo dall'esecutore.
Successivamente, visita al Duomo, davvero sontuoso nella sua ricchezza artistica, dove non è mancata un'emozionante sorpresa: un concerto d'organo offerto ai visitatori! Impagabile ascoltare nientemeno che la "Toccata e fuga in re minore" di Bach sul prestigioso organo "Mascioni", sentendosi attraversare l'anima dalle potenti vibrazioni dello strumento! Un autentico, inaspettato regalo!
Poi, pranzo in uno dei più rinomati ristoranti della città per gustare le specialità locali e pomeriggio nella splendida e affollatissima piazza ad attendere il corteo storico organizzato in occasione della festa. 
Infine, giro per bancarelle e pasticcerie, tra dolciumi vari, torroni di ogni tipo e violini di cioccolato, con la tentazione di cedere a una crisi di shopping compulsivo che - chissà mai perchè....eh?! - ha improvvisamente contagiato parte dell'allegra brigata.

E per commentare la piacevolezza di quest'incontro nella patria di Antonio Stradivari, il brano di musica non può essere che per violino. 
Si tratta del "Cantabile e valzer in Mi maggiore op.19" di Niccolò Paganini (1782 - 1840) pezzo composto, come ricorda il titolo, da due parti ben distinte nel ritmo e nella melodia. La prima, nella sua dolcezza e - appunto - nella sua distesa cantabilità, serve quasi da introduzione alla seconda dove il violino, qui accompagnato dal pianoforte, ci regala un valzer vivace e garbatissimo.
Anche se non si tratta di un brano di carattere spiccatamente virtuosistico come altri del compositore, il canto di Paganini è sempre ricco di fioriture e lo si avverte chiaramente in diversi passaggi.
E mi sembra che il suo ritmo possa rispecchiare un po' il passo del nostro gruppetto per la vie della città: un'andatura pacata per consentire il dialogo, uno sguardo ai monumenti, un sorriso, uno scambio di confidenze, un'esplosione di risate. La gioia e la gratitudine, insomma, di una giornata tra amici felicemente ritrovati, insieme a un pensiero di affetto per chi - questa volta - ci ha seguito solo col cuore, ma che ci auguriamo d'incontrare al prossimo appuntamento.

Buon ascolto!

lunedì 19 ottobre 2015

Dalla Russia alla Spagna....

Ogni tanto ci vuole! 
Ogni tanto fa bene sperimentare l'effetto catartico di un brano di musica dall'intensa e prorompente vivacità, un brano capace di ridestare l'entusiasmo quando sembra languire, di mobilitare risorse che magari non sospettavamo di possedere, rinfocolando l'incorruttibile scintilla di giovinezza che cova in ciascuno di noi!

Certo la musica, poichè va a toccare immediatamente la sfera emotiva, conosce mille modi diversi per essere terapeutica. Lo è un adagio di Mozart con la sua pacificante serenità, lo è un corale bachiano con la sua atmosfera di mistico stupore, ma lo è anche un pezzo di eccezionale vitalità, una rutilante fantasmagorìa di note proprio come quella che vi propongo oggi.

Quando due anime si fondono, il risultato può essere travolgente e se poi ad incontrarsi sono lo spirito russo e quello spagnolo, l'impatto può dar luogo a una musica di straordinaria esuberanza come quella di Nicolai Rimsky-Korsakov (1844 - 1908) nel suo "Capriccio spagnolo op.34".
Si tratta di una composizione articolata in cinque movimenti di cui la clip video vi riporta gli ultimi tre: "Alborada", "Scena e canto gitano" e "Fandango asturiano".
Il termine "Capriccio" indica una creazione talora virtuosistica - pensiamo ai famosi 24 Capricci di Paganini - e comunque generalmente libera nella costruzione musicale dei vari elementi. E davvero questo brano ci regala una varietà di movimenti talora lenti e cadenzati, talaltra più accesi in un crescendo sempre più infuocato in cui si alternano e s'intrecciano liberamente temi e ritmi. 
E' il trionfo della danza: scintillante, frenetica, colorita, fino alla conclusione caratterizzata da una vivacità sempre più concitata e quasi delirante. 
Certamente un pezzo di grande effetto in cui l'autore prende spunto dalla musica popolare iberica, offrendocela nell'interpretazione di un'orchestra sinfonica nella quale largo spazio è affidato alle percussioni, mentre violisti e violoncellistici hanno il compito di imitare il suono della chitarra.

Rimsky-Korsakov - tra l'altro - non è l'unico tra i musicisti russi ad essersi lasciato ammaliare dal fascino spagnolo: con lui anche Tchaikovsky, Glinka e Borodin vi hanno fatto riferimento in alcune loro composizioni che ci testimoniano quanto, nella sua ricchezza di spunti folkloristici e nella sua passionalità, lo spirito iberico abbia qualche affinità col mondo russo. 
Qui, ne deriva un brano dove l'attitudine malinconica data dall'uso frequente della tonalità minore si accende di vibrante energia e le tipiche danze spagnole si animano di particolare esuberanza.
Intenso e vibrante anche il direttore - nientemeno che Valerij Gergiev! - grintosissimo nel padroneggiare la musica quanto singolare nella sua bizzarria: vi siete accorti che invece della bacchetta....ha in mano uno stuzzicadenti?...

Un brano che dedico a tutti quegli amici lettori - conosciuti, sconosciuti, occasionali o affezionati - che stanno attraversando un momento un po' così...e vivono magari la sensazione di essere deprivati di energia e di risorse.
Un brano che - a mio modesto avviso - può restituirci gioia, festa, brio, libertà e col suo crescendo quasi parossistico, ci permette di entrare nella musica e nel suo ritmo con ogni fibra.
Il ritmo, appunto. Impossibile non lasciarsene afferrare in questo pezzo che intreccia temi e melodie, passaggi meravigliosamente arpeggiati e scatenate percussioni, che ci fa danzare e danzare ancora sul volo degli archi come sulla leggerezza scandita dalle nacchere.

E se ci saremo abbandonati all'ebbrezza di una musica così scintillante, l'applauso finale del pubblico sarà anche per noi!!!

Buon ascolto!

lunedì 12 ottobre 2015

Nell'oro dell'autunno


Difficile non cedere al fascino della stagione autunnale, coi suoi colori e le sue sfumature, senza andare in cerca di un dipinto che di questi colori ci riempia lo sguardo, lasciandoci una sensazione di vibrante armonia.
Sono tornata allora a Claude Monet che ci consente di cogliere lo splendore della natura nelle diverse stagioni, attraverso la sua pittura "en plein air" così calda e insieme così lieve e ariosa. Sono numerose, infatti, le composizioni in cui l'artista ha esplorato la meraviglia del trascorrere del tempo sul paesaggio: dal silenzio invernale della campagna innevata alle fioriture primaverili, dai filari di pioppi nel fremito del vento alle mille sfumature di un tramonto, ai riflessi di un corso d'acqua o alle brume mattutine. 
Il dipinto che vi regalo oggi s'intitola "La Senna ad Argenteuil, autunno", un olio su tela del 1873 conservato alla Courtauld Gallery di Londra.  
E' una delle tante opere ambientate ad Argenteuil dove Monet ha soggiornato dal 1871 al 1878, periodo ricco di creatività e di attenzione alla resa pittorica della luce, grazie all'interesse per la pittura inglese di Constable e Turner conosciuta dall'artista durante un precedente viaggio in Gran Bretagna.

Il quadro ci presenta uno splendido insieme di colori, riflessi, luce, vibrazioni, riverberi: una straordinaria veduta che non si finirebbe mai di contemplare non solo per la ricchezza di particolari soprattutto sullo sfondo, ma anche per quella sensazione di vibrante leggerezza che ci consente di entrare nel paesaggio - e quasi di percorrerlo - non solo con lo sguardo, ma col cuore. 
Dalle nuvole nel loro dolce e un po' indistinto vagare alle chiome degli alberi che si riflettono nella Senna; dall'acqua che si fa specchio lievemente increspato in primo piano fino al paese sullo sfondo, incerto nei contorni eppure ricco di dettagli appena accennati, tutto si fonde - e talora si confonde - in dolce, serena armonia.
Colori caldi e limpidi, come le varie sfumature di giallo e di azzurro, come l'oro sfolgorante della stagione autunnale che risplende senza ferire lo sguardo in una luminosità dolce e soffusa.
Mirabili quegli alberi sul fiume e il leggero confondersi e quasi scomporsi delle forme riflesse nell'acqua. Impressioni - è proprio il caso di dirlo - che l'artista riesce a cogliere grazie alla sua totale immersione nella natura. 
Non dimentichiamo a questo proposito che, ad Argenteuil, Monet aveva allestito una sorta di battello-atelier con cui si spostava lungo il fiume per ritrarne le rive e il paesaggio da punti di vista altrimenti impossibili. Possiamo illuderci allora di procedere insieme a lui lungo il corso della Senna e di contemplare col suo sguardo ogni angolo, avvertendo sul viso il vento leggero che trasporta quelle nuvole vaganti e un po' sfumate, nell'atmosfera di dolcezza e pure di lieve malinconia del paesaggio autunnale.

Atmosfera che mi pare si respiri anche nel brano che vi propongo oggi.  
Si tratta del terzo movimento - Adagietto - dalla Suite n.1 da "L'Arlesiana" di George Bizet (1838 - 1875).
Il termine "Adagietto" ci conduce in un clima di meditazione lenta e dolcissima  e ci riporta col pensiero ad un successivo e forse più famoso "Adagietto", tratto della Quinta Sinfonia di Mahler che - se volete - potete ritrovare qui. 
Una trentina d'anni separa le due composizioni - quella di Bizet scritta nel 1872 e quella di Mahler nel 1901 - eppure mi pare che, per certi aspetti, in entrambi i pezzi si respiri un'atmosfera simile, fatta di una serenità che sfuma in lieve malinconia.
Nonostante questo di Bizet sia un brano molto più breve e meno grandioso di quello mahleriano, la sua melodia affascinante e nostalgica sembra in qualche modo preludere al futuro, soprattutto in certi passaggi che salgono verso luminose aperture e poi dolcemente si smorzano.
Note di cui riempirsi l'anima, mentre gli occhi contemplano i contorni del paesaggio autunnale e l'oro del fogliame che si tinge di bruno.

Buon ascolto!

lunedì 5 ottobre 2015

Colore di lavanda

Ogni promessa è debito e mi pare di avervi detto mesi fa - a proposito del mio calendario provenzale - che avrei pubblicato ancora qualche immagine.
Parlavo, a suo tempo, di lavanda e dei colori del paesaggio. 
E allora eccoli di nuovo i campi viola - nella foto del mese di ottobre - a illuminare del loro splendore l'abside dell'abbazia di Sénanque!!!

A dire il vero, non mi risulta che la lavanda fiorisca dopo la fine di agosto....ma vi assicuro che - miracoli di Provenza! - nel mio calendario accade, e così la foto mi regala l'illusione che ottobre possa trasformarsi in una nuova estate.
Mi affascina la luminosità mediterranea di quei colori e la limpidezza di quel cielo che sa si vento, così bello e pure così diverso, nella sua intensità, dal mio cielo di Lombardia di manzoniana memoria. Anche da me, talora l'azzurro contrasta serenamente col romanico di chiese e abbazie, ma a prevalere è il colore caldo del cotto e dei mattoni a vista.

Qui invece, è la pietra grigia a dominare in un insieme rustico dove i colori prendono risalto gli uni dagli altri e la luce nitida di un cielo che ha la freschezza del mattino, dà rilievo alle ombre e agli incastri della muratura. 
Sono figure solide innestate e sovrapposte in un'architettura di straordinaria semplicità: un cilindro, un cono e una struttura poligonale che termina con un campanilino a spioventi. Poche finestre a tutto sesto si aprono nella costruzione massiccia eppure non pesante, ma equilibrata nelle sue forme spoglie e severe: una severità che quel colore di lavanda accende gioiosamente, andando a suggerire sogni in cui perdersi....

Mi piace immaginare, per esempio, come l'avrebbero dipinta i tanti artisti che hanno amato la Provenza - da Monet a Van Gogh - trasferendo sulla tela la magia di tutto quel fremere di viola, di quella natura così ridente attorno all'antico edificio.
Forse, con tocchi veloci di pennello, ne avrebbero colto il vibrare leggero al soffio del vento, con una una delicatezza capace di farci avvertire anche il profumo dei fiori; o forse ci avrebbero restituito un'immagine segnata da tratti densi e materici, quasi il paesaggio fosse deformato dal sogno. 
Ma immagino anche come la luce del sole - nelle diverse ore del giorno - sappia trarre differenti sfumature e riverberi da quei solchi viola che danno profondità al panorama, e da quella muratura chiara, di un grigio leggero che parla di semplicità.

Un insieme che dà riposo allo sguardo e al cuore, come il brano di musica di oggi che ci conduce in un'atmosfera di luminosità quasi mozartiana.
Ma non si tratta di Mozart: l'autore del "Largo" che vi propongo - dal "Concerto in mi minore op.57 per flauto e orchestra" - è invece Saverio Mercadante (1795 - 1870), compositore vissuto nel clima vivace della scuola musicale napoletana e al quale dobbiamo un nutrito numero di opere tra melodrammi, sinfonie, concerti e pezzi sacri.
In questo brano, dopo la drammaticità degli accordi introduttivi, si apre invece una melodia nitida, dal fascino immediato, che si snoda con ritmo disteso arricchendosi delle eleganti fioriture del flauto. Sono dolci virtuosismi che ci accompagnano fino alla conclusione del pezzo, ora dialogando con l'orchestra, ora riservati allo strumento solista, ma disegnando sempre un'aria di limpida cantabilità che ben si adatta - almeno così a me pare - allo splendore delle immagini.

Buon ascolto!