lunedì 27 ottobre 2014

In leggerezza di cuore

Milano, Unicredit Tower, foto di Stefano Davanzo
Sì, davvero un incontro all'insegna della leggerezza di cuore quello che si è svolto ieri - ma per alcuni amici anche sabato pomeriggio - a Milano e che ha visto insieme per la decima volta un consolidato gruppetto di blogger!

E' ormai un'interessante e piacevolissima consuetudine quella che ci riunisce un paio di volte all'anno per una passeggiata culturale (e gastronomica!) attraverso alcune città d'arte: in primavera in giro per l'Italia e in autunno nella metropoli lombarda, esplorando di volta in volta i quartieri più caratteristici della Milano di ieri e di oggi.
Una brigatella già affiatata la nostra, alla quale si è aggiunto qualche nuovo amico blogger che si è subito inserito nel gruppo con cordialità e simpatia.

Si è spesso tentati di ironizzare sul tempo che passa aggiungendo anni e talora preoccupazioni al nostro vivere e invece, in questo caso, veramente direi che il tempo gioca a nostro favore perchè ad ogni incontro, anche a distanza di mesi, l'affiatamento è più immediato e il dialogo più sciolto.
Del resto, passare dal virtuale al reale è sempre coinvolgente: ci unisce la nostra l'esperienza di blogger e davvero il desiderio di condivisione è grande se muove non solo chi è geograficamente vicino alla città in cui ci si vede, ma anche persone provenienti da Roma e da Bari, persone che - diciamolo! - meriterebbero proprio un premio-fedeltà!!!

Così, seguendo l'itinerario preparato da Ambra, spiritualmente coadiuvata da Sandra ed Erika, e descritto con vera precisione certosina nel suo post del 6 ottobre scorso - se non ci credete, andate a vedere! - "a corserelle e fermatine" è iniziato il nostro giro. 
Prima l'arte contemporanea in piazza della Scala, alle Gallerie d'Italia, dove ci siamo soffermati su alcune opere che hanno suscitato in noi ammirazione, ma talora anche qualche interrogativo. Di seguito, la vecchia Milano nel delizioso quartiere di Brera dove abbiamo squisitamente pranzato, per poi avviarci - complice un bel cielo sereno - verso Porta Nuova, corso Como e il nuovissimo quartiere intorno a piazza Gae Aulenti. Insomma, una splendida passeggiata!

Così, desidero festeggiare la piacevolissima giornata aprendo le porte di questo blog a una new entry: esattamente a Carl Maria von Weber (1786 - 1826) col suo "Invito alla danza in Re bemolle maggiore op. 65" qui in versione orchestrale, che dedico ai partecipanti all'incontro e naturalmente a tutti voi che passate di qui.
Si tratta forse del brano più famoso del compositore e che può essere classificato sia come Rondò brillante che come Valzer. Se si considera che Weber era parente di Mozart e contemporaneo di Haydn, ci si accorge tuttavia che l'atmosfera che si respira nel pezzo prelude già al futuro ed è vicina a quello che sarà - poco più tardi - lo stile di Johann Strauss padre.

Tra l'altro, mi pare che questa musica - in cui la movimentata parte centrale è inclusa tra un'introduzione e una conclusione molto pacate - rispecchi un po' l'andamento della nostra giornata, iniziata e finita per tutti nella solitudine dei singoli viaggi, ma trascorsa nella vivacità del gruppo.
Dopo il lento inizio, esplode infatti il tema principale decisamente brillante, ricco di garbo ed eleganza com'è tanta musica di Weber, vero e proprio invito alla leggerezza e alla danza del cuore. 
Il brano prosegue poi con notevole varietà, alternando passaggi più distesi ad altri più esuberanti, un po' com'è stato il tenore delle nostre conversazioni, segnate da grande entusiasmo ma anche da momenti di dialogo più pacato e confidenziale; punteggiate di risate, ma pure di più profonda condivisione.
Una musica che ci rapisce nel suo ritmo ora leggero, ora sempre più marcato e vorticoso, esortandoci ad abbandonare pensieri e preoccupazioni per lasciarci coinvolgere dalla serenità dell'amicizia e dall'ebbrezza delle note.

Buon ascolto!

 

domenica 19 ottobre 2014

Nel nuvolo d'autunno

Sono stata letteralmente affascinata, in questi ultimi giorni, da un dipinto che, nelle mie frequenti peregrinazioni da internauta, ho trovato quasi per caso e che oggi desidero condividere qui con voi.

Si tratta di un quadro di Giuseppe De Nittis (1846 - 1884), uno dei più grandi pittori italiani della seconda metà dell'Ottocento che ho già avuto occasione di ricordare in passato e precisamente qui .
L'opera s'intitola "Paesaggio lacustre nei pressi di Napoli" (ca.1866), ma per quanto risulti tra le più importanti dell'artista, non sono riuscita a scoprire dov'è conservata. Forse alla Pinacoteca De Nittis di Barletta, sede della raccolta più consistente dei lavori del pittore, ma non ne ho alcuna conferma. Nonostante abbia scaravoltato il web (e le varie librerie di casa...) le mie ricerche sono state vane e la foto che vedete - presa da internet - permette di risalire solo al Dorotheum, una prestigiosa casa d'aste, o ad alcune raccolte d'arte online, ma nulla più.
Così, se lo vorrete, vi invito ad aiutarmi in questa mia ricerca finora infruttuosa, nella speranza che abbiate maggiore successo.

Ad affascinarmi subito nel dipinto sono stati i colori, o forse sarebbe meglio dire il colore, tanto le svariate sfumature che vanno dal grigio al beige sempre più caldo, insieme a qualche lieve tocco di azzurro e di nero, si fondono insieme. Prendono infatti rilievo l'una dall'altra e, soprattutto nella parte alta del quadro, creano quasi un effetto di monocromia.

L'opera raffigura un paesaggio che sembra affondare nel nuvolo dell'autunno: dal lago che, in fondo, diviene specchio di luce, fino ai fitti cespugli di vegetazione palustre; dalle nuvole che si addensano ora cupe, ora percorse da sprazzi più chiari, a quell'uccello nero - una folaga? - che col volo slanciato ed elegantissimo, mette in risalto la solitudine e il silenzio circostante.
Ma nonostante questo, un senso di attesa, un'atmosfera di sospensione attraversano un po' tutto il dipinto, mentre la visione dell'orizzonte, che pure si delinea incerto nello spazio aperto che ci sta davanti, dà respiro al nostro sguardo.
Così, la calma che traspare dall'immagine pervade a poco a poco anche noi che osserviamo e andiamo scoprendo i particolari di cui essa è intessuta e che ne costituiscono il fascino: i riflessi filiformi della vegetazione nell'acqua, il grigio ora scuro, ora più sfumato della superficie stagnante e le lingue di terra color fango che si addentrano nel lago, dove in lontananza si scorgono altri uccelli neri.
Ma delicato anche il lievissimo azzurro delle infiorescenze, come pure i cerchi chiari delle foglie di ninfea e gli esili ciuffi di canne che affiorano dall'acqua. 
E poi, quel cielo modernissimo, disfatto e cupo ma non incombente, reso con pennellate che lasciano intravvedere qua e là leggere sbavature, creando ancor più realistiche suggestioni.

Un panorama che, nonostante il titolo ci conduca nei dintorni di Napoli, nulla ha del colore locale, ma diventa una sorta di paesaggio dell'anima nel quale talora possiamo trovare profonda corrispondenza, annidati anche noi nel folto del canneto, forse in attesa, con lo sguardo a quello spazio indefinito dai contorni incerti, come le ombre e i riflessi che a volte portiamo in cuore.
Un dipinto di singolare bellezza, realizzato insieme a diversi altri paesaggi quando De Nittis era appena ventenne - prima ancora che si orientasse verso l'Impressionismo - e che rivela già tratti notevoli di originalità e poesia. 

Vi invito così a contemplarlo sulle note di un altrettanto affascinante brano di Edward Elgar (1857 - 1934): si tratta di "Sospiri op.70", un delicatissimo Adagio originariamente composto per violino e pianoforte e poi trascritto nella versione per orchestra d'archi, arpa e organo che trovate qui. 
Un brano che, nella sua intensità, può anticipare l'Adagio di Barber, così come la sua atmosfera in alcuni passaggi può richiamare l'ancor più famoso Adagietto della Quinta Sinfonia di Mahler.  
Una musica da cui lasciarsi prendere, sonorità intrise di malinconia e tuttavia non prive di sprazzi di luminosità, sfumate come i contorni e i colori di questo paesaggio lacustre e ricche di suggestioni che ci conducono ad una contemplazione d'anima.

Buon ascolto!

(Ringrazio quanti, tra i lettori, nei mesi scorsi hanno fatto ricerche sulla collocazione del dipinto segnalandomi già da tempo che si trova in una collezione privata. Oggi, 12 ottobre 2015, apprendo dall'attuale proprietario dell'opera - cui va la mia gratitudine per la squisita cortesia - che il quadro è conservato a Napoli e la sua datazione precisa è 1873.)

sabato 11 ottobre 2014

Mare d'autunno

Che accade tra amici quando ci s'incontra magari dopo tanto tempo?
Si esulta, ci si abbraccia, ci s'ingolfa in mille discorsi nel desiderio immediato di condividere ricordi, esperienze grandi e piccole, di dirsi insomma ciò che urge in cuore. Ed è subito festa.

Quasimodo, dall'infinito cielo dei poeti in cui immagino si trovi, mi perdonerà se, in questo piccolo blog, oso esprimermi richiamando un po' i suoi versi, ma...è proprio così: è subito una festa che esplode con quell'autenticità che talora solo l'amicizia sa regalare.

Se poi le persone che s'incontrano non si sono mai viste e il loro dialogo si è intessuto nel tempo tra le trame e gli orditi del web e magari proprio in un blog, allora la cosa va facendosi ancor più interessante perchè è bello toccare con mano - per così dire - ciò che l'esperienza virtuale ci ha fatto solo intravvedere.

E l'espressione che ho usato non è fuor di luogo, se penso agli abbracci che giovedì scorso ci siamo scambiate io e Nella dello splendido blog "Rock Music Space" nel nostro primo incontro live che qui voglio celebrare.
Penso mi capiscano bene gli amici blogger con cui di tanto in tanto ci si vede, se considerano la gioia che si prova quando il dialogo maturato davanti allo schermo di un computer si traduce in una concretezza fatta di gesti, voce, sguardi, sorrisi, vita piena insomma.

Bene. Con Nella é stato proprio un riconoscersi dentro, ritrovando anche dal vivo quella sintonia che già era passata attraverso gli scritti. E quanti discorsi si sono immediatamente intrecciati, mentre ancora restavamo in piedi sulla soglia di casa, a suo dire...."come persone che aspettano il pullman"!!!

Bello per me trovare un'accoglienza ricca di quella schietta verità che nasce dal profondo e fa sentire a proprio agio, nel calore di una dimora viva, piena di segni di un'esistenza appassionata, fatta di musica, di danza, di persone sempre presenti nel cuore, ma anche di simpatici amici a quattro zampe.
Una casa che Nella ama definire modestamente il suo eremo campestre, ma che in realtà è uno splendido angolo di collina aperto su di un dolce panorama di ulivi. E a me, che vengo dalle nebbie padane, è parso un piccolo paradiso.

Quanto abbiamo parlato, quanta musica ha ritmato i nostri discorsi e quante cose ancora avrei desiderato condividere approfittando della sua ospitalità, se solo avessi avuto più tempo e non fosse venuta subito sera - ci risiamo con Quasimodo! - mentre su di me incombeva l'ora del treno di ritorno!....
Ma mi resta la sorridente concretezza di un dialogo schietto che - come tutti gli incontri veri - supera anche le distanze.

Così, oggi desidero postare un brano che proprio Nella mi ha fatto ascoltare, e che dedico a lei e a tutti voi che passate di qui. 
Si tratta della "Variazione n.18" dalla "Rapsodia su di un tema di Paganini per pianoforte e orchestra op.43" di Sergej Rachmaninov, che prende spunto dal "Capriccio op.1 n.24 per violino solo" di Paganini, rielaborandolo talora con marcato virtuosismo, altre volte in modo più distesamente lirico.

Confesso che avevo presente le variazioni nelle quali il riferimento a Paganini risulta più evidente, ma non la diciottesima che - tra l'altro - è la più famosa(!). Sono quindi doppiamente grata a Nella per avermela fatta conoscere. 
E' un Andante cantabile ricco di una passionalità dolce e potente, come un sentimento che colma il cuore conducendoci in un'atmosfera luminosa e lievemente malinconica ad un tempo. 
Qui il tema del Capriccio è capovolto rispetto all'originale, e ne deriva quindi un'aria del tutto nuova declinata con delicatezza senza pari fin dalle prime battute del pianoforte. Poi l'orchestra la riprende con enfasi ed una progressiva intensità in cui - a dire il vero - più del riferimento a Paganini, si avverte lo stile tipico del compositore russo che ci trasporta in un'atmosfera di assoluto romanticismo.
Una musica che è come un mare d'autunno, ora intensa e impetuosa, ora dolcissima e pacata, percorsa da un vento di passione che ci regala grandiose aperture e ci fa volare alto.....proprio come Nella insegna a tutti coloro hanno la fortuna di incontrarla.

Buon ascolto!
 

lunedì 6 ottobre 2014

Splendore senza tempo

Mi è capitato di osservare più volte quanto le composizioni di alcuni grandi musicisti del passato siano state spesso rivisitate in chiave moderna, talora con esiti di sorprendente positività che dei vari brani hanno fatto emergere aspetti inusitati e segrete sfaccettature.
E' accaduto in primis con Bach per la versatilità dei suoi temi e dei suoi ritmi   - come ricordavo in un precedente post - ma accanto a lui possiamo annoverare anche Mozart, Haendel, Beethoven e via dicendo.

Tuttavia, per leggere uno spartito in una diversa dimensione andandone a sviscerare ogni latente possibilità espressiva, non sempre è necessario un arrangiamento che ne modifichi il ritmo o ne rielabori i temi, come spesso accade per esempio nelle rivisitazioni jazz.
A volte, è sufficiente cambiare strumento solista per creare nuovi effetti, suggestioni, risonanze, che regalino al testo colore e morbidezza, tensione e drammaticità, a seconda che i suoni siano più acuti e sottili o potenti e corposi. Il timbro del pianoforte è certo differente da quello del violino, del flauto o dell'arpa - solo per fare qualche esempio - e lo sapevano bene gli autori del passato che di frequente trascrivevano sonate o concerti per strumenti diversi da quelli originali, ricreando per così dire il clima musicale delle varie composizioni.

Per questo, consentitemi oggi di tornare di nuovo a Bach per proporvi la parte finale di uno dei suoi brani più famosi in assoluto: la "Ciaccona" dalla "Partita n.2 in re minore per violino solo BWV 1004", qui nella suggestiva trascrizione per pianoforte di Ferruccio Busoni, vera e propria opera d'arte nell'opera d'arte.
Sì, ho scelto una clip video che del pezzo riporta solo gli ultimi tre minuti perchè - al di là dell'indiscusso splendore dell'intera pagina sia nell'esecuzione originale che nella trascrizione - a mio avviso bastano già a farci percepire ancora una volta la straordinaria modernità bachiana.  
Ciò grazie al pianoforte che, se da un lato dona particolare morbidezza al brano, dall'altro ne sottolinea e accentua in tutta la sua grandiosità il carattere polifonico. Ma grazie anche al tocco ora pacato e luminoso, ora energico e risoluto di Hélène Grimaud, in un'interpretazione che - per quanto rispetto ad altri esecutori sia più lontana dai canoni barocchi - trovo comunque decisamente affascinante.

Il tema si snoda con una semplicità fatta di corrispondenze perfette che, ancor prima di dispiegarsi con più ampio spessore, vanno a risvegliare in noi un ritmo, una pulsazione profonda e segreta, quasi Bach ce lo portassimo dentro da sempre senza saperlo, inscritto nel dna dell'anima come una scintilla divina che le note fanno rifiorire.
Il fatto è che la Ciaccona, al di là del suo riecheggiare altri testi bachiani - per esempio l' "Invenzione a due voci n.14 BWV 785" qui riconoscibile a mio avviso a 1,16 dall'inizio - ci regala per così dire l'essenza stessa di Bach che, come linfa sotterranea e vivificante, scorre in ogni sua composizione. 
Una sintesi di rigore e inesauribile inventiva, una creazione di mirabile unità nella diversità, come spesso percepiamo proprio nelle opere in cui ad un'aria seguono delle variazioni, a cominciare dalle "Goldberg".

E le mani della Grimaud sembrano danzare in un gioco che - dalla lentezza iniziale, dove ogni singola nota risuona limpida, scandita con una misura che ce ne fa cogliere anche il minimo riverbero - si fa poi più articolato nella serie via via più incalzante e accesa di accordi e vibranti dissonanze.  
Note come gocce lievi che disegnano una trama di preziosità senza tempo; tocchi delicatissimi, poi fremiti che vanno facendosi più intensi e progressivamente più martellanti fino a divenire cascata di acque impetuose.
Un Bach immenso: dolce e drammatico, semplice e grandioso insieme, modernissimo e vivo nella sua capacità di parlarci con forza, aprendoci - oggi come ieri - a dimensioni e profondità di splendore assoluto.

Buon ascolto!

Qui di seguito, trovate i link dell'intera esecuzione della Ciaccona, prima al violino e poi al pianoforte:
 - https://www.youtube.com/watch?v=1p2yzke_550
 - https://www.youtube.com/watch?v=pkOH-MtUplU