domenica 28 settembre 2014

Colori e nebbie

Da qualche giorno è iniziato l'autunno: uno scivolare lento nella stagione forse più affascinante delle altre. 
E se mirabile è il modo in cui la natura ci parla in ogni momento, spesso è questo periodo dell'anno, così ricco di sfumature e chiaroscuri, a prenderci il cuore.

A celebrare l'autunno nella sua magnificenza di colori, ma anche nelle sue atmosfere indefinite e nello struggente spegnersi della luminosità estiva, hanno contribuito diversi artisti, come già vari amici blogger hanno ricordato nei giorni scorsi
Molte le voci poetiche: da Cardarelli a Quasimodo, da Rilke alla Dickinson o alla Merini, senza dimenticare la dolcezza di Diego Valeri. Così pure svariati pittori - da Monet a Boccioni, solo per citarne alcuni - e naturalmente anche musicisti: prima di tutto Vivaldi con "Le quattro stagioni", ma accanto a lui per splendore Haydn, col suo Oratorio intitolato appunto "Le stagioni".

Tuttavia, quello che desidero proporre oggi non è un brano di musica a programma, ma un pezzo che mi ha preso al primo ascolto come raramente mi capita, e che mi pare in straordinaria sintonia con queste prime giornate di autunno. Sembra infatti fondere timbri, colori, atmosfere, sfumature, nostalgie che la stagione porta con sè: dal fulgore di tinte di cui si riveste la natura, al suo lento, inesorabile digradare verso le brume e l'ombra invernale.

Si tratta di un brano di Robert Schumann (1810 - 1856): il terzo movimento, "Adagio espressivo", dalla "Sinfonia in Do maggiore n.2 op. 61", scritta nel periodo in cui il compositore iniziava ad essere tormentato da quei disturbi nervosi che lo avrebbero portato alla morte una decina d'anni più tardi. 
Una pagina sofferta quindi, ma al tempo stesso pervasa da sprazzi di luce, nella quale l'autore trasfonde la propria anima con evidente passione.

Nell' "Adagio", la suggestione intensissima e quasi rapinosa dell'esordio in do minore ci conduce subito al cuore di un tema struggente e intriso di malinconia che - annunciato dagli archi e ripreso dall'oboe - va poi aprendosi con accenti di maggiore ampiezza che danno crescente respiro alla melodia. 
E' un anelito verso la luce che ora sale con drammatico spessore, ora va spegnendosi dolcemente, come sentiamo anche dai larghi intervalli - di sesta e di ottava - ascendenti e discendenti, di cui è intessuto il brano.

Delicatissima la parte centrale col tema fugato: note scandite con leggerezza e insieme con rigore, simili a passi lievi nella nebbia che ci immergono in una solitudine ovattata come talora solo il paesaggio autunnale sa regalare. 
E' quasi un clima di sospensione quello che si avverte, fino a quando alla fuga non s'intreccia di nuovo il tema iniziale dispiegandosi più largamente.

Davvero adagio espressivo come recita la didascalia: un pezzo intensamente lirico e - a mio modesto avviso - di grande modernità per l'epoca in cui è stato scritto. Se infatti da un lato vi si possono cogliere riferimenti a compositori del passato a cominciare da Bach, dall'altro, per alcuni aspetti il brano mi sembra superare i canoni romantici, anticipando certe atmosfere che - di lì a qualche decennio - vivranno in modo più ampio e approfondito per esempio in Mahler. 
E' un'impressione del tutto soggettiva e forse priva di reali riscontri; tuttavia mi piace pensare che nel cuore del compositore boemo possa essere rimasta la suggestione di questo Schumann del quale, del resto, conosceva l'opera per aver riorchestrato e diretto alcune sinfonie tra cui proprio la seconda.

Una musica che ci parla d'infinito splendore e di malinconia, dove i fiati che rispondono agli archi sono intrisi di nostalgia come i colori delle foglie d'autunno, e l'esperienza emotiva di Schumann si traduce immediatamente in note con una passione che travalica ogni cosa. 
Magistrale, infine, la direzione di Karajan che, con delicatezza e intensità, ci guida nell'anima del compositore aiutandoci a coglierne ogni sfumatura.

Buon ascolto!

domenica 21 settembre 2014

Non compleanno

Vi ricordate la storia di "Alice nel paese delle meraviglie" ???
Tutte le persone di una certa età - ma senza dubbio anche molti giovani - avranno in mente la bionda fanciulla creata da Lewis Carroll che, in sogno, entra in un mondo di fantasia incontrando tante creature bizzarre.
Viene così coinvolta in svariate avventure all'interno delle quali regna talora la sproporzione con la realtà circostante e la vita diventa necessariamente una continua ricerca di equilibrio. 
Il "paese delle meraviglie" infatti, è un luogo in cui tutto è rovesciato in un continuo scambio tra alto e basso, grande e piccolo e i dialoghi con le figure che la protagonista incontra sono pieni di indovinelli e significati nascosti.

E' a questo proposito che mi è tornata in mente una singolare ricorrenza che troviamo nel seguito della storia intitolato "Attraverso lo specchio", e in particolare nell'episodio in cui Alice incontra la figura di Hampty Dumpty: il Non compleanno!
E' un'idea che mi è sempre piaciuta perchè, contraria al convenzionale concetto di festa cui siamo abituati, ne trasferisce la gioia dallo straordinario al quotidiano. Non più evento unico nel corso dell'anno finito il quale tutto ritorna nella monotonia o nel grigiore, ma l'esatto e interessante capovolgimento delle cose, un'idea giocosa, ma non priva di un suo senso profondo.  
In realtà, siamo stati abituati a festeggiare la meta, ma non le fasi del cammino; il compimento, ma non la strada affrontata; mentre la favola insegna che è bello e possibile anche il contrario.
Non più scintille e bollicine per un solo giorno, ma la sorridente volontà di festeggiare ogni momento, nella consapevolezza che un traguardo importante e atteso non nasce in 24 ore, ma si costruisce lungo un percorso fatto di tempo e scandito da eventi spesso piccoli e tuttavia non per questo meno significativi.
E poi, vogliamo considerare il vantaggio di essere in festa per 364 giorni ? Allora evviva il Non compleanno!!!

Tutto questo discorsino per dire che, oggi, ho deciso di festeggiare uno dei 364 Non compleanni del mio blog!....(Ah, ah, capito dove volevo arrivare???)
E' pur vero che "Gioire in Musica" arriverà a quattro anni tra meno di un mese e potevo aspettare, ma...che volete?...quest'idea, con la sua aria più leggera e informale, mi ha intrigato. 
E allora festa sia, dedicata a tutti coloro che passano di qui, conosciuti e sconosciuti, amici vecchi e nuovi!!!
Non ho torte o pasticcini, ma con un po' di immaginazione potete accomodarvi qui sopra alla tavola dove Alice, il Cappellaio matto, il Leprotto bisestile e il Ghiro - lo vedete, piccino!, che occhieggia da una teiera? - prendono il tè.

Siete tutti invitati: da voi aficionados che, con pazienza infinita, commentate il blog dai suoi esordi o quasi, a voi che vi siete aggiunti strada facendo. 
Da chi passa saltuariamente per un saluto, a chi resta in silenzio davanti al computer ad ascoltare, o magari ogni tanto manda un messaggio, una parola di incoraggiamento, segnali di fumo insomma come fossimo indiani in lontane praterie, che mi aiutano - non immaginate quanto! - a tener vivo il focherello dell'entusiasmo.
A tutti grazie della vostra presenza e della vostra sensibilità!!!
E' proprio questa condivisione talora esplicita, talaltra sotterranea e nascosta ma non meno vera, ad unirci nel segno della Musica e a rendermi sempre più convinta della necessità, ora più che mai, di restare ancorati alla Bellezza.

Allora, la mia gratitudine si esprime oggi attraverso una creazione leggera e festosa e non poteva essere che un brano di Mozart: il primo tempo, "Allegro", del "Divertimento in Re maggiore K.136", una forma musicale molto in voga nel Settecento appunto per celebrare gioiose ricorrenze.
Scintillante vivacità e scorrevolezza sono le caratteristiche di questo pezzo per archi scritto dal compositore a soli sedici anni (!) e che i componenti del "Quatuor Ebène" con la loro fusione strumentale rendono, a mio avviso, splendidamente.
Ci fanno infatti percepire il tono brioso del brano e la sua trasparenza, insieme a qualche lieve tocco malinconico - incantevole il pizzicato del violoncello! - che prelude a quello che sarà poi il Mozart più intenso e maturo.

Buon ascolto!
(e naturalmente buon Non compleanno a tutti!!!)

 

domenica 14 settembre 2014

Nel segno della luce

A una come me, che ama da sempre la montagna con l'incanto dei suoi panorami, non può non far piacere la notizia riportata proprio ieri con ampiezza d'informazioni dal Corriere della Sera.
Il prossimo 18 settembre si aprirà a Milano, a Palazzo Reale, una retrospettiva su Giovanni Segantini (1858 - 1899) che vedrà in mostra ben 120 opere dell'autore tra dipinti, disegni e alcuni inediti. 
Dire Segantini infatti è pensare subito alle sue famose rappresentazioni di paesaggi montani con tutta la loro suggestione di luce e di colore.

Tuttavia, l'iniziativa - a quanto leggo - andrà ripercorrendo l'intero itinerario artistico e tutte le tematiche più care al pittore. Saranno esposte opere degli inizi caratterizzate da un realismo intimistico, fino ai dipinti che vedono Segantini muoversi tra Simbolismo e Divisionismo del quale, in particolare, è stato il maggiore esponente italiano. Opere famose dedicate certo alla montagna, al mondo contadino, al tema della maternità, alla ritrattistica, ma anche ad alcuni scorci della Milano del suo tempo.

Proprio tra questi ultimi è il dipinto che desidero presentarvi oggi e che - al di là dei miei amati panorami di montagna - mi ha notevolmente colpito. 
Si tratta di un olio su tela intitolato "Il Naviglio a Ponte San Marco", proveniente da una collezione privata. 
La rappresentazione di qualche angolo tra i più caratteristici di Milano - e in particolare del Naviglio di San Marco - ha impegnato anche altri artisti contemporanei o comunque cronologicamente non lontani da Segantini, come Gola, Canella o Inganni, solo per citarne alcuni. Tuttavia, trovo questo quadro ricco di particolare attrattiva.

Si tratta di un'opera che - nonostante gli anni trascorsi dal pittore a Milano non siano stati i più felici - ci offre un respiro di serena luminosità sia attraverso i colori che nella sua impostazione prospettica.

E' il punto di vista a conferire fascino all'inquadratura: non a livello dell'acqua e neppure all'altezza del ponte, ma pensato in modo che protagonista del dipinto sia proprio il Naviglio. Se da un lato infatti sembra venirci incontro, dall'altro disegna una prospettiva che conduce il nostro sguardo fno in fondo.
E' quasi uno scatto fotografico che ci fa scoprire infiniti particolari: prima sotto le arcate dove le case, il barcone e il verde si specchiano nell'acqua e la riva è affollata di gente a spasso; poi sul ponte dove, sopra alcune figure femminili, palloncini colorati si librano nel cielo di un azzurro primaverile.

Si notino, per esempio, piccoli efficacissimi dettagli: il sorriso della figuretta centrale vestita di bianco, le piante fiorite sul balcone della casa a sinistra o le cascate di verde, qua e là. 
E ancora, le case dalle facciate chiare sulla destra, insieme a quelle nuvole ariose!
Una rappresentazione piena di vita, dunque, un ambiente per certi aspetti rustico e semplice, ma al tempo stesso luminoso e signorile, come l'eleganza evidente nell'abbigliamento, nei cappelli, nel ventaglio o nei parasole colorati.

E come non pensare a Monet, di fronte a quelle dame coll'ombrellino e ai riflessi dell'acqua in primo piano? 
Eppure Segantini giunge a questi risultati senza conoscere le contemporanee ricerche visive degli impressionisti francesi. E se i quadri di Monet ci regalano effetti talora più vibranti, qui l'artista trentino ci offre una luminosità splendente e pura, una rara limpidezza di cielo, di acque e di colori.

Tuttavia, la sua non è semplicemente pittura di genere, ma un'arte che si carica di emozioni, come Segantini stesso afferma in queste parole tratte da una lettera, che sintetizzano splendidamente il suo stile:

"Sotto il pennello la gamma deve scorrere smagliante, e deve far nascere gli oggetti, le persone, le linee, il colore dev'essere intenso e puro perchè la luce sia profonda e vera, il vero così detto si deve oltrepassare (...) davanti all'osservatore tutto si deve fondere in una commozione profonda di vita palpitante."

Così, a commento di queste immagini, mi sono lasciata affascinare da uno splendido brano di Piotr Ilic Tchaikovsky : si tratta del terzo tempo, "Melodia", da "Souvenir d'un lieu cher op. 42" per violino e pianoforte. 
E' una composizione intrisa di intensa e luminosa freschezza, ricca di garbo ed eleganza, e mi pare si accordi all'atmosfera del dipinto, anch'esso probabilmente ricordo di un luogo caro al pittore.  
Nonostante esista anche la versione in cui il violino è accompagnato dall'orchestra, ho preferito questa in cui l'aria è disegnata dallo strumento solista in modo talora più netto, talaltra più morbido, ma improntato a una maggiore essenzialità e delicatezza.
 
E un'ultima osservazione, quasi una piccola coincidenza. 
Il brano, soprattutto nelle battute iniziali, mi fa riecheggiare dentro il clima e la dolcezza romantica di un altro famosissimo pezzo: "Salut d'amour", scritto solo dieci anni dopo da Elgar. 
Non so se è così anche per voi, ma - se volete - potete ritrovarlo qui.

Buon ascolto!

domenica 7 settembre 2014

Suggestioni di Russia

Teofane il Greco: "Trasfigurazione" 
Mosca, Galleria Tret'jakov
Non è sempre facile sintetizzare le impressioni di un viaggio, soprattutto se - nonostante la sua brevità - ci ha condotto in mezzo a tesori di valore inestimabile, ma al tempo stesso ci ha fatto cogliere evidenti contraddizioni e aspetti diversi di una realtà molteplice.

Sto parlando del mio recente viaggio a Mosca e San Pietroburgo (eh sì...ora sapete dov'ero nella mia piccola pausa blog!!!) che mi ha lasciato una ridda di sensazioni diverse, al di sopra delle quali prevale la gioia di aver accostato un mondo di profondo interesse storico, insieme a un patrimonio culturale e artistico di notevolissima attrattiva.

Ma che cosa mi porto dentro di tutto ciò? Cosa mi resta nel cuore con più intensa suggestione?
Certo un insieme di contrasti non soltanto tra la storia passata e quella presente, ma anche all'interno della Russia attuale.

Mosca, Cremlino :  
Cattedrale dell'Annunciazione
Non solo i modernissimi grattacieli di Mosca a fronte della grigia severità delle architetture del periodo staliniano; non solo i Magazzini Gum - oggi sede delle più famose firme della moda - a fronte del Mausoleo di Lenin e delle antiche mura del Cremlino; ma anche i segni evidenti del problematico cammino verso il nuovo, dopo il crollo del vecchio regime sovietico. 
Il processo di apertura verso un'economia di mercato, infatti, insieme a maggiore libertà e spazio all'iniziativa privata, sta creando forti disparità e malcontento in molta parte della popolazione.
Questo ci confemano più volte le guide locali, donne dall'apparenza talora modesta, ma dalla vasta e sicura preparazione. Parlano un italiano quasi perfetto, e mi colpiscono la proprietà e la ricchezza di vocabolario con cui si esprimono, pur non essendo mai state nel nostro paese!

Mosca: Cattedrale di S.Basilio
Tuttavia, dell'ampio panorama culturale, a restarmi dentro più intensamente sono luci e colori, uno sfavillare di cupole dorate e di smalti, insieme all'incredibile ricchezza di opere d'arte che entrambe le città offrono ai visitatori.
E' l'incanto di una storia passata, ricca di interesse e meraviglie senza pari: dai tesori del Cremlino e dei musei moscoviti, allo sfarzo delle residenze degli zar intorno alla città di San Pietroburgo e naturalmente all'Ermitage; dal prezioso splendore delle iconostasi delle chiese ortodosse, allo scintillìo d'oro e alla fantasmagoria delle tante cupole dal disegno orientaleggiante.

E' proprio il patrimonio artistico dell'antica Russia a colpirmi: spiragli di un mondo di fiaba, forme inusitate, incastri di muratura coperti di decorazioni floreali, vivacità di colori in torri e pinnacoli, così come nelle icone splendenti d'oro e di luce. 
 S.Basilio,  interno
  S.Basilio, interno
Sergiev Posad, Monastero della Trinità di S.Sergio 
E canti ortodossi di una bellezza da brivido ascoltati a Mosca, nella cattedrale di San Basilio e a Sergiev Posad, nel Monastero della Trinità di San Sergio.

E poi San Pietroburgo dagli spazi immensi e dalle regge fastose, elegante e severa Venezia del Nord, custode di inestimabili splendori
Bello sapere che alla costruzione dei numerosi palazzi che l'adornano - a cominciare dall'Ermitage - hanno lavorato architetti e scultori italiani tra il Settecento e l'Ottocento; interessante scoprire quanto l'Italia del Rinascimento e del Barocco sia stata presa a modello da tanti artisti locali. 
E altrettanto bello vedere gli accurati restauri che hanno restituito al primitivo splendore regge e palazzi dopo le distruzioni della seconda guerra mondiale.

S.Pietroburgo, tramonto sull'Ermitage
Affascinante poi la Neva, così come gli altri fiumi e canali che attraversano i quartieri del centro storico.
Tuttavia la Prospettiva Nevskij - la più famosa arteria della città - mi appare più che altro trafficatissima e rumorosa, ben lontana dai tratti di poesia con cui la descrive Battiato qui, nella sua celebre canzone.
Ma poco più in là, la Chiesa del Salvatore si specchia nel canale Griboedov sul quale si affacciano piccoli locali dove a sera si fa musica, mentre - più avanti - la piazza dell'Ermitage affonda lenta nel tramonto, solitaria e raccolta pur nella sua immensa apertura, regalandoci una sensazione d'incanto.

S.Pietroburgo, Chiesa del Salvatore 
Sono questi solo pochi cenni, impressioni quasi a caldo di un viaggio che mi porterò dentro a lungo e del quale devono ancora affiorare in modo più compiuto sensazioni e ricordi.
E a commento del post, in mezzo a tante meraviglie che ci offre la musica russa con i suoi numerosi compositori, oggi ho scelto un brano che mi sembra rispecchiare almeno in parte il clima che ho respirato.

Si tratta del "Gloria al Padre...." che conclude la "Liturgia di S.Giovanni Crisostomo op.31" di Sergej Rachmaninov, pezzo brevissimo che il coro canta a voce spiegata regalandoci grandiose e luminosissime sonorità. 
E' un vibrare di note talora in crescendo che ci attraversa facendoci percepire il carattere profondo e meditativo, ma al tempo stesso appassionato e vivace dell'anima russa.

Buon ascolto!