venerdì 28 marzo 2014

Prospettive

Piermatteo d'Amelia: "Annunciazione", Museo Stewart-Gardner, Boston
Marzo: mese della primavera, della natura che rinasce aprendosi a un nuovo ciclo di vita, e mese dell'Annunciazione.

Così, è proprio pensando a questa ricorrenza trascorsa da soli tre giorni, che vorrei soffermarmi su alcuni dei numerosissimi dipinti che, nel tempo, sono stati dedicati all'evento che essa ricorda e celebra.

Non è solo la rappresentazione del fatto in sè, seppur grandioso, a colpirmi, ma l'ambientazione in cui esso, di volta in volta, è stato inquadrato dopo che dal fondo oro delle tavole più antiche - pensiamo per esempio a Simone Martini - è stato inserito in un contesto più realistico.

Da Giotto al Beato Angelico, tutti ricordiamo le stanzette ordinate in cui l'Angelo si presenta a Maria che legge e prega nel silenzio di una cornice architettonica talora semplice come la cella di un monastero, talaltra più ricca e adorna come una dimora signorile.
Solitamente più movimentata la figura dell'angelo, mentre più composta e a volte quasi ritrosa, quella della Vergine. Poche aperture di paesaggio ai lati o sullo sfondo e talora una finestrella o una porta - Maria è sempre Ianua Caeli - dalla quale giunge un raggio di luce o la colomba dello Spirito Santo.

Tuttavia nel tempo - nel passaggio dal Medioevo al Rinascimento e oltre - di pari passo con l'acquisizione da parte dei vari artisti di una sempre più sicura capacità di collocare le figure nello spazio, assistiamo a una progressiva uscita di queste dalla stretta cornice di alcuni interni. 

Fra' Bartolomeo: "Annunciazione" - Cattedrale di Volterra
Vengono situate infatti in ambienti più ampi e ariosi o sotto porticati che le inquadrano in luminose prospettive, o talvolta anche all'aria aperta come farà, ad esempio, Leonardo.

Ma non è di questo che oggi voglio parlare. Desidero invece fermare la mia attenzione su alcuni dipinti realizzati nel cuore del Rinascimento sempre sul tema dell' Annunciazione, che disegnano meravigliose prospettive proprio al centro del quadro. 
Sono quattro opere in particolare, realizzate da autori tra loro contemporanei anche se non tutti destinati ad ugual fama : 
Piermatteo d'Amelia (1448 -1508) Fra' Bartolomeo (1472 - 1517) Pietro Perugino (1448 - 1523) e Raffaello Sanzio (1483 - 1520).

Si tratta di composizioni dalla struttura ordinata che ritraggono - com'è tradizione - l'Angelo da un lato e la Vergine dall'altro. 
Ma mentre numerose altre rappresentazioni raffigurano la Vergine raccolta nella sua stanzetta e l'Angelo - sia fuori o dentro la casa di Maria - incorniciato comunque dalla luce di un'apertura, nei dipinti che vediamo qui lo spazio esterno si apre invece al centro.
E proprio al centro - esattamente dove va a posarsi lo sguardo dello spettatore - invece del pilastro o della colonnina che a volte separano i due personaggi, troviamo una prospettiva profondissima che si apre verso la natura e il mondo là fuori, uno spazio che ci conduce oltre, quasi al di là della scena rappresentata. 
Una prospettiva che dà ampiezza e luminosità, spessore e respiro: punto da cui tutto s'irradia e a cui tutto ritorna. 

Desta interesse una simile iconografia e mi fa riflettere perchè non si sofferma, in realtà, sui due protagonisti della scena, ma si spinge oltre, lasciando intendere che l'Annunciazione crea un'attesa che rimanda altrove. 
Perugino: "Annunciazione"- Santa Maria Nuova, Fano
E mi suggerisce che quello spazio al centro non è un vuoto da riempire a caso, ma il significato ultimo dell'evento perchè è proprio al mondo che esso s'indirizza.

Così, in fondo ad ariosi loggiati rinascimentali e ad una pavimentazione che segna uno spazio misurato con matematica proporzione tra figure, edifici e oggetti, si aprono di volta in volta paesaggi che ci conducono oltre. 
Sono le colline e i due alberelli che s'intravvedono nel dipinto di Piermatteo d'Amelia al di là della porta classicheggiante e in fondo a una meravigliosa fuga di riquadri sul pavimento. 
E' la visuale più varia e articolata della composizione di Fra' Bartolomeo dove, oltre all'albero e alle colline, possiamo scorgere torri, campanili, una cupola e un ponte, segni insomma di una vera e propria città.

Ma ci fa spaziare con lo sguardo anche la morbidezza della campagna verdeggiante dipinta dal Perugino, con le differenti tonalità di colore che scendono dalle alture fino all'orizzonte sconfinato.
E così pure ci porta lontano il paesaggio indistinto e dai contorni incerti che dipinge Raffaello, rendendo omaggio allo sfumato leonardesco da un lato, ma precorrendo dall'altro quella che sarà - di lì a poco - la pittura tonale degli artisti veneti. 

Tutto ci conduce al di là, in mirabili aperture cui fa da sfondo il cielo, come l'evento altrettanto mirabile dell'Incarnazione che - seppur nato nel silenzio assorto di Maria - non può restare poi chiuso tra mura. 
Sembra infatti che le varie composizioni - sia pure nelle loro differenze formali - vogliano significare che l'Angelo e la Vergine sono testimoni di un mistero più grande che si compirà andando a deflagrare in quel mondo laggiù, in mezzo a quel fervore di vita dal quale ormai non c'è più separazione.
Raffaello: "Annunciazione" - Pala Oddi (predella), Città del Vaticano
Quasi a dire che, dal momento del di Maria, non esiste più frattura tra sacro e profano perchè ogni spazio è divenuto sacro, a iniziare da quello in cui si gioca l'esistenza dell'uomo nella sua concretezza quotidiana. 

Per questo, mi piace commentare le immagini qui riportate, con un brano che celebra proprio l'evento che esse rappresentano: l' "Et incarnatus est" dal "Credo" della "Messa n.6 in Mi bemolle maggiore D 950" di Franz Schubert (1797 - 1828). 

Si tratta di un Andante pastorale in 12/8 caratterizzato dalla presenza di tre solisti - primo e secondo tenore e poi il soprano - che introducono con entrate successive uno splendido canone. 
Il pezzo alterna momenti di delicata dolcezza ad altri più intensi e drammatici e la melodia che si dispiega con grande fluidità, quasi come un lieve passo di danza, contrasta poi con la rievocazione della morte in croce e della deposizione.
Qui infatti subentra il coro e la musica, in tonalità minore, assume accenti più forti e tragici.

Incantevole, a mio avviso, l'intreccio delle voci, così come la morbidezza del tema iniziale che, col suo ritmo, ci regala un senso di riposante abbandono. 
E mi sembra che la dolcezza di queste note si fonda con lo splendore delle immagini riportate, offrendoci uno spazio su cui indugiare in serena contemplazione.
 
Buon ascolto!

 

lunedì 24 marzo 2014

Versatile???...

Ringrazio di cuore l'amica blogger del piacevolissimo sito Mondod'arte di S.Pia che, per la seconda volta, mi ha fatto un regalo - come potete vedere dall'immagine a lato - attribuendo a questo mio piccolo spazio un premio per la sua "versatilità".
Confesso che la qualità mi piace molto, ma non so se il mio blog la possieda veramente perchè, in fondo, mi occupo sempre un po' delle stesse cose. 
Il premio, se mai, va alla Musica perchè la versalità è sua e dei compositori che essa ispira, donando loro la capacità di coniugare melodie e ritmi diversi in una molteplicità infinita di armonie quanto infinito è lo spirito umano. Plauso alla Musica, dunque!!!

Il gioco m'imporrebbe poi di nominare altri 15 blogger e scrivere 7 cose su di me. Come in passato, tuttavia, non mi sento di seguire tutta la procedura. 
Sono moltissimi infatti i siti meritevoli di premio e la scelta non è facile. 
Mi limito quindi a indicare alcuni aspetti che mi caratterizzano e - per non tediarvi troppo - ne riporto solo tre, quelli di cui sono graniticamente sicura.
Allora.....due li conoscete già:
- amo appassionatamente la musica 
- e provo sempre un desiderio incontenibile di condividerla qui con voi
 
....e il terzo l'avrete forse intuito:
- tecnologicamente parlando, sono una frana!!!

...Ecco, sì, l'ho detto! Credo che chi mi conosce almeno un po' se ne sia reso conto. Infatti, se da un lato l'aver creato questo blog per me costituisce già un exploit, dall'altro mi manca quell'abilità che consente di usare la tecnologia con sicurezza sfruttando le opportunità che essa offre anche solo per arricchire la pagina di un sito. 
Tuttavia, per la serie "non è mai troppo tardi", sono felice ogni volta che imparo qualcosa di nuovo e profondamente grata a chi me lo insegna.

Allora oggi, per festeggiare il premio e ringraziare l'amica dalla quale l'ho ricevuto insieme a tutti voi che passate di qui, vi propongo un brano vivacissimo di Johann Strauss jr. (1825 - 1899), una polka veloce dal ritmo incalzante e tumultuoso.
Si tratta di "Unter Donner und Blitz op.324", pezzo famosissimo che qui vediamo eseguito sotto la direzione del grande Carlos Kleiber.  
Forse il più rumoroso tra quelli del compositore, il brano evoca il suono di tuoni e fulmini attraverso incessanti rulli di timpani e crash di piatti. Tuttavia, anche se il titolo fa pensare a un temporale, il ritmo d'impagabile vivacità è tale da restituire allegria a chi lo ascolta.
C'è infatti in queste note un movimento di irrefrenabile danza e un'attitudine gioiosa verso la vita, espressa molto bene anche dal sorriso e dallo sguardo di Kleiber che non solo guida l'orchestra con brio, ma sembra abbandonarsi in pieno alla felicità di tale musica.

Buona visione e buon ascolto!

 

mercoledì 19 marzo 2014

Dirigere

E' sempre affascinante osservare in video - ma meglio ancora se dal vivo - un'orchestra che suona creando quella perfetta fusione di note che danno luogo al miracolo della musica.
Come dicevo in un vecchio post, è necessario che ciascun esecutore faccia la propria parte, ma soprattutto che si armonizzi con gli altri nel gioco di ritmi, incastri, alternanze, pause e riprese che caratterizza il lavoro orchestrale. 
E' certo un compito impegnativo, spesso faticoso, un esercizio di mani o di fiato che comporta concentrazione assoluta e nel contempo ascolto reciproco come appare spesso dagli sguardi dei musicisti.
E tuttavia non è raro che, mentre suonano, nel passaggio dalla teoria della partitura alla pratica dell'esecuzione traspaia anche quella gioia profonda che la musica comunica nel suo farsi. E' la meraviglia della partecipazione al processo creativo di un brano, perchè se esso è principalmente opera del compositore, non meno importante è il ruolo di chi lo esegue, mettendo in gioco la propria abilità tecnica e la propria sensibilità per farlo vivere.

Ma se essenziale è la corretta collaborazione di ogni singolo strumento al grande insieme, che dire di chi dirige e ha il compito di guidare la totalità del gruppo alla coesione che ogni brano richiede, all'intensità di un passaggio o alla delicatezza di un pianissimo, a creare in sostanza armonia tra le diverse voci? 
E che dire soprattutto della gioia che un direttore d'orchestra può provare nel momento in cui tale armonia si crea proprio sotto il suo sguardo, dietro il movimento delle sue mani e della sua bacchetta? 
E' una corrente di profonda reciprocità quella che si stabilisce. 
Chi dirige immerge gli esecutori nel vasto oceano della musica e a sua volta ne è immerso, guida gli altri nella gioia e a sua volta ne è pervaso in un gioco di rispondenze al quale - nei concerti live - non è estraneo il pubblico che viene spesso coinvolto in un'onda di empatia fatta di sfumature infinite come infinita è la musica.

E' bello poi osservare come di ogni direttore, nel momento in cui è sul podio, emerga anche l'anima attraverso gesti differenti quanto differenti sono le personalità di ciascuno; così non è raro cogliere dal viso e dagli atteggiamenti l'espressione delle varie sensibilità interpretative.
C'è un modo di focalizzare la direzione nello sguardo o nelle mani, o talora in un appassionato seguire la partitura cantandola nota per nota.
Tutti conosciamo il gesto imperioso e scattante di Toscanini o di Muti, quello più pacato e intenso di Abbado, gli occhi di acciaio di Karajan o le mani di Pretre, solo per fare qualche esempio, ma l'elenco potrebbe continuare. 
Nel modo di vivere la musica, infatti, c'è un'affascinante molteplicità di atteggiamenti comunicativi. Talora, nell'atto del dirigere tutto il corpo viene coinvolto, altre volte per dominare l'orchestra basta un cenno, carico però di quella sotterranea intesa con chi suona maturata nel tempo. Altre volte ancora c'è chi dirige ad occhi chiusi, esprimendo la propria passione musicale in una dimensione tutta interiore.

E poi c'è il sorriso inimitabile di Leonard Bernstein, uno dei direttori che ho sempre amato di più e che - come potete osservare nel video seguente - alterna momenti di partecipazione intensa e quasi plateale ad altri in cui affiora il suo gioioso abbandono al fluire della musica.
Lo vediamo qui dirigere uno splendido brano che s'intona proprio alla dolcezza di queste giornate di marzo: il quarto tempo, "Allegro animato e grazioso" della "Sinfonia n.1 in Si bemolle maggiore op.38" detta "La primavera" di Robert Schumann (1810 - 1856).
Preceduto da alcuni forti accordi introduttivi, il primo tema si svolge come una danza ora delicata e giocosa, ora più sonora e vivace ma dal ritmo sempre crescente che Bernstein scandisce e sottolinea. Ma anche nel prosieguo del pezzo, nel fitto dialogo tra fiati ed archi, garbo, eleganza e leggerezza caratterizzano la sua direzione fatta di gesti ora composti, ora più animati fino al brioso, entusiasmante finale.
E nell'ultimo segno di approvazione rivolto all'orchestra a brano già concluso,  insieme alla gioia per la bella esecuzione possiamo leggere anche un lampo di commossa gratitudine.

Buona visione e buon ascolto!

mercoledì 12 marzo 2014

Sulle ali dei Cherubini

Kiev, "Il monastero delle grotte"

Navigare in lungo e in largo per il vasto mare del web può allontanare di molto dal punto di partenza fino a metterci a rischio di smarrimento, ma a volte può riservare bellissime sorprese aprendoci a novità che non conoscevamo.
E' ciò che mi sta accadendo durante le mie frequenti peregrinazioni su youtube dove - di video in video - vado scoprendo nuove meraviglie.

Questa volta, protagonista è la musica russa che amo da sempre, ma che ultimamente mi ha riservato, come dicevo, splendide sorprese soprattutto nel campo della polifonia.
Dopo l' "Ave Maria" (Bogorodice djevo) di Rachmaninov pubblicata agli inizi del blog e il "Padre Nostro" (Otche Nash) di Kedrov già postato ormai tempo fa, in questo periodo sono tornata ad ascoltare canti legati alla tradizione liturgica ortodossa. 
Così, da poco ho scoperto quel meraviglioso brano che è l'Inno dei Cherubini,  inserito solitamente nella liturgia delle Chiese cristiane d'Oriente. 
Viene cantato da un coro che rappresenta spiritualmente gli angeli nel momento in cui, all'interno della celebrazione, vengono portati all'altare i doni del pane e del vino. L' offerta viene quindi solennizzata proprio dall'inno che simboleggia la concelebrazione della liturgia terrena con quella celeste.
Il testo recita così:

"Noi che misticamente rappresentiamo i Cherubini e alla Trinità vivificante cantiamo l'inno "Tre volte santo", deponiamo ora ogni sollecitudine mondana....affinchè possiamo accogliere il Re dell'universo, scortato invisibilmente dalle angeliche schiere. Alleluia, alleluia, alleluia."
  
Molti sono gli autori che hanno musicato questo testo, in maggioranza russi quali Tchaikovsky, Rachmaninov, Glinka, Bortniansky, solo per citarne alcuni. 
Sono tutte pagine di grande pregio tra le quali spicca - a mio avviso - la versione di Tchaikovsky che ci offre una melodia grandiosa e solenne, in un clima di meditazione sublime e quasi rarefatto. Un'autentica meraviglia che posterò certamente qui tra non molto.

Oggi però mi preme condividere la versione altrettanto suggestiva ma più luminosa dell' "Inno dei Cherubini" di Dmitrj Bortniansky (1751 - 1825), musicista di origine ucraina vissuto nella Russia imperiale, alla corte di San Pietroburgo. Si tratta di un autore divenuto famoso per le sue composizioni di carattere sacro in cui ha fuso i caratteri della polifonia dell'Europa orientale con quelli dell'Europa occidentale appresi durante un viaggio in Italia.

L'Inno - un coro a quattro voci miste - è un brano di dolce, pacificante soavità,  lento e pacato per buona parte del suo corso fino a quando - preceduta da un breve pausa - esplode vivacissima la conclusione. 
E benchè il prorompere dell'Alleluia finale con la sua potente sonorità renda questo canto più adatto al periodo pasquale che alla Quaresima, tuttavia mi piace postarlo ora per due motivi. 
Primo: è una melodia di tale trasparenza che - se mi credete - non vedo letteralmente l'ora di condividerla con voi!!!
Secondo: Bortniansky è di origine ucraina e la bella clip video che accompagna la musica riporta una serie di immagini proprio della città di Kiev. 
Così, mi piace dedicare la serenità di quest' inno, che si chiude con un'autentica esplosione di gioia, al popolo ucraino e russo, nella speranza che le vicende che, in questo periodo, ne stanno segnando la vita possano avviarsi verso un futuro di pace.

Buona visione e buon ascolto!

P.S. Purtroppo il precedente video è stato eliminato e ho dovuto sostituirlo con un altro che ha  immagini differenti. Ma la musica è sempre stupenda!!!

 


giovedì 6 marzo 2014

Suprema armonia

Marzo già s'incammina verso la primavera, ma più che mai vengono in mente i versi del poeta Salvatore Di Giacomo:

"Marzo: nu poco chiove 
e n'ato ppoco stracqua, 
torna a chiovere, schiove;
ride 'o sole cu ll'acqua."

Proprio vero, la tradizionale fama di questo mese pazzerello non si smentisce. 
A qualche occhiata di sole si sono alternati, nei giorni scorsi, acquazzoni brevi ma talora così violenti da raggiungere in certe zone un'intensità da pioggia tropicale.
Invece, più che mai gli occhi e il cuore hanno bisogno di riempirsi di serenità e di calma, di accarezzare il verde della campagna fino all'orizzonte, di spiare nei giardini il giallo delle prime forsizie fiorite o perdersi nello splendore di una colorata distesa di primule.

Allora, per rispondere all'esigenza di leggerezza che portiamo in cuore, al desiderio di luminosa vivacità simile a quella che reca con sè la primavera, oggi torno di nuovo a Bach e in particolare a quella meraviglia costituita dalle sue Sonate in trio per organo. 
Il nome si riferisce al fatto che, originariamente, erano eseguite da tre strumenti diversi, mentre Bach le ha ridotte ad organo solo, probabilmente trascrivendole da sue precedenti composizioni e affidando il tema dei vari brani per le mani a due tastiere differenti, e per il basso alla pedaliera. 
Una notevole sfida, se si considera che la loro esecuzione comporta grande padronanza tecnica per suonare melodie collegate, ma al tempo stesso indipendenti tra loro.  

Il brano di oggi è il terzo movimento, "Allegro", della "Sonata in trio in Mi bemolle maggiore BWV 525"
Qui in particolare - come risulta evidente anche dallo spartito in video - le voci s'inseguono e si scambiano da una tastiera all'altra in un bellissimo gioco d'intrecci e il tema, in alcuni punti, si scioglie in un canto scorrevole e ricco di freschezza, regalandoci ritmi di soprendente modernità. 
Splendidi i passaggi dalla tonica (mi bemolle maggiore) alla dominante (si bemolle maggiore), quasi un invito ad abbandonarsi a un senso di gioiosa leggerezza. E se si considera che le Sonate in trio sono state scritte dal compositore come semplici esercizi didattici per uno dei suoi figli, si comprende quanta genialità abbia profuso in ogni sua creazione.

Ma l'aspetto a mio avviso più interessante di questo brano è il fatto che la seconda parte è costituita da una struttura che è l'esatto contrario della prima, cosa non rara in Bach e che ritorna - ad esempio - anche nel famoso "Capriccio" della Partita in do minore che potete riascoltare qui. 
Ciò che colpisce è la sua capacità di creare costruzioni contrappuntistiche di matematica perfezione dalle quali, nel contempo, scaturisce una Bellezza che ci fa volare nelle sfere più alte dell'armonia. Così come un fiore unisce la precisione millimetrica di forme e dimensioni all'incanto dei suoi colori e al fascino del suo profumo.
C'è infatti nelle composizioni di Bach una tale divina proporzione che mi verrebbe da paragonarlo a quegli artisti del Rinascimento - e non solo - che  applicavano la regola della sezione aurea riportando nelle loro opere un rapporto di misure peraltro già presente in natura, dalle spirali di una conchiglia alla disposizione delle foglie in una pianta.     
Una perfezione matematica che non può non essere, contemporaneamente, anche suprema armonia che scende dall'Alto.

Buon ascolto!