giovedì 27 settembre 2012

Settembre: vibrazioni d'autunno.

Settembre volge al termine e l'autunno si è già annunziato qui in pianura con le sue brume mattutine, mentre i pomeriggi a volte ci regalano ancora il sole.
Non sono giornate particolarmente limpide e talora mettono un po' di tristezza.
 Al contrario, io amo quella luminosità settembrina dal cielo pulito e dai colori caldi, magari un po' sfumati all'orizzonte, che mi riporta al passato. 
Un passato remoto direi, quando la campagna era ancora ricca di alberi, la scuola iniziava il primo ottobre e settembre era sinonimo di vacanza. Gli ultimi giorni del mese si potevano dedicare allora a qualche gita o anche solo a un pomeriggio in bicicletta nei campi già variegati di colori tra cascine e antiche pievi, complice il clima più fresco ma gradevole.

Per questo, oggi desidero proporre all'attenzione di chi passa di qui un dipinto che mi ricorda l'atmosfera settembrina di quella campagna ricca di splendore che mi è sempre piaciuta.
Si tratta di un'opera di Claude Monet (1840 - 1926), "Oche nel ruscello", conservata presso il Clark Art Institute di Williamstown nel Massachusetts (USA), ma che abbiamo potuto ammirare lo scorso anno a Milano nell'ambito della mostra dedicata agli Impressionisti della Collezione Clark.

Sono proprio i colori ad affascinarmi per primi, un insieme di sfumature dorate digradanti dal giallo al bruno con quel tocco di pennello della raffigurazione "en plein air" tipica di Monet. Effetti di luce, riflessi e riverberi che ci restituiscono un'immagine vibrante in un gioco di fremiti di foglie ed acqua. 

Fremito delle chiome degli alberi che incorniciano il dipinto e subito ci conducono per un sentiero alla casa in fondo, davanti alla quale, nel sole che mi piace pensare sia quello pomeridiano, si svolge una piccola scena familiare.
Ma anche fremito d'acqua, nonostante forse a prima vista sia meno evidente.
E' solo dopo infatti - almeno così a me capita - che si scopre un ruscello, o più che altro uno stagno, dove nuota un gruppetto di oche.
Come spesso accade in Monet, ci cattura prima la visione d'insieme e solo poi si colgono i particolari che emergono dal vibrare delle tinte, quasi tutta la realtà - prima ancora di essere composta da oggetti - fosse una meravigliosa vibrazione di luce dalla quale questi poi, poco per volta, affiorano.
Ed è uno splendido affiorare nel segno del colore, nelle mille sfumature che riproducono l'acqua, nella densità quasi materica di quei cerchi concentrici dove vediamo riflesse le chiome degli alberi, le oche e la natura circostante.

Magìa di una pennellata che crea direttamente l'immagine senza disegno, facendo emergere profondità e spessore, e regalandoci la suggestione di essere davvero dentro il dipinto. 
E' infatti attraverso i colori che - come per una sorta di sinestesìa - sentiamo la brezza leggera che increspa la superficie del piccolo stagno e avvertiamo il respiro delle foglie insieme alla dolcezza rustica e luminosa di quella casa, là in fondo, pronta ad accoglierci.

Interessante anche il fatto che il titolo del quadro non prenda spunto dall'intera scena nel suo complesso, ma da un semplicissimo particolare; certo, in primo piano - le oche, appunto - ma in fondo solo un particolare. 
Ma è proprio il fascino dell'acqua e dei suoi riflessi che - come in altre opere di Monet - cattura l'attenzione dell'artista inducendolo a fissare l'istante di quella specifica vibrazione per dilatarla poi in una visuale più ampia restituendoci un vasto respiro di serenità.

Per questo, a sottolineare anche con le note l'atmosfera del dipinto, propongo all'ascolto il dolcissimo "Adagio cantabile" dal "Settimino in Mi bemolle maggiore op.20" di Ludwig van Beethoven (1770 - 1827). 
Si tratta di una composizione per sette strumenti tra fiati e archi (clarinetto, corno, fagotto, violino, viola, violoncello e contrabbasso) divenuta ben presto molto famosa e della quale esistono numerose trascrizioni.
L' Adagio in particolare, in tonalità di La bemolle maggiore, si snoda con la limpida cantabilità ricca di luminose aperture tipica del primo Beethoven più vicino allo stile di certe serenate di Mozart. 
Un brano quindi anacronistico rispetto al clima culturale in cui si situa il quadro di Monet e fuori tempo anche in rapporto a quello che sarà il Beethoven più famoso e celebrato. Tuttavia, a mio modesto avviso, ugualmente capace di farci gustare attraverso le note la leggerezza e il respiro di serenità che il dipinto ci comunica.
A testimonianza dell'universalità della musica e della sua capacità di parlare al cuore dell'uomo superando le barriere del tempo!

Buon ascolto!
 

4 commenti:

Ambra ha detto...

Carissima Annamaria, questa sera sono troppo svuotata di energie per lasciarti un commento. Ma ho guardato con gioia i bellissimi Monet pieni di colore e calore e mi sono lasciata andare ai suoni di Beethoven. Da entrambi è scesa in me la serenità.

Annamaria ha detto...

Sono contenta, Ambra, che suoni e colori siano riusciti a rasserenarti!
Un grande abbraccio e grazie!

Anonimo ha detto...

Adoro Monet e mi ha affascinato l'accostamento con il pezzo di Beethoven. Tutto riporta romanticamente alla 'quiete dopo la tempesta', cioè alla calma e ai colori dell'autunno dopo l'eccessiva calura estiva esagerata in tutte le sue manifestazioni.
Grazie, Annamaria!
Un abbraccio.
egle

Annamaria ha detto...

Davvero, Egle, sono riposanti i colori e il clima dell'autunno dopo la pesantissima calura di quest'estate.
E sono contenta che anche a te sia piaciuto quel Beethoven.
Grazie e buon pomeriggio!