venerdì 29 luglio 2011

Luglio

L'immagine che ci regala Luglio, nel "Ciclo dei Mesi" dei fratelli Limbourg, torna all' iconografia che abbiamo già ammirato in Marzo e Giugno con la rappresentazione dei lavori agricoli in primo piano.
L'immagine che ci regala Luglio nell'ambito del "Ciclo di Mesi" dei fratelli Limbourg torna all'iconografia che abbiamo già ammirato in Marzo e Giugno con i lavori agricoli in primo piano.
Si tratta questa volta della mietitura del grano e della tosatura delle pecore, illustrate come di consueto con grazia e ricchezza di particolari.

Il quadretto ci presenta una figura maschile e una femminile che tosano le pecore mentre, al di là di un corso d'acqua, altri due contadini sono impegnati nella mietitura di un campo.
Sullo sfondo, biancheggia un elegante castello con le torri stagliate contro il cielo il cui colore sfuma dall' azzurro chiaro alla consueta tonalità di blu intenso della lunetta.

Come al solito, si tratta di una rappresentazione ordinata e serena, ricca di particolari realistici e di verosimiglianza, come pure - in questo caso - di qualche aspetto un po' immaginifico: se infatti il castello raffigurato è quello di Poitiers, i due monti che gli s'innalzano a lato sembrano frutto della fantasia e riproducono un'iconografia piuttosto convenzionale.

Ritroviamo la precisione però in tutti gli altri elementi: dalla riproduzione degli abiti nei loro dettagli, al contesto naturalistico nel quale scopriamo una fila di papaveri e fiordalisi che occhieggiano in mezzo alle spighe, piante palustri in riva al corso d'acqua e, in basso a sinistra, addirittura i cigni.
Anche la prospettiva è ben individuata dal campo di grano posto in diagonale come il corso d'acqua, mentre il castello di forma triangolare sembra chiudere la visuale e immediatamente riaprirla, con i lati obliqui, verso l'orizzonte.

A commento di questa immagine, ancora una volta un brano di Respighi in cui il compositore rielabora antiche melodie.
Si tratta della Suite N.1 da "Antiche arie e danze" che, a confronto con i pezzi postati in precedenza (l' Italiana e la Siciliana dalla Suite N.3), si carica di maggiore vivacità e ritmo.


Buon ascolto!

lunedì 25 luglio 2011

"Lascia ch'io pianga..."

Tira vento, stamattina, il vento di una perturbazione che - se ha abbassato le temperature e alleggerito l'afa in pianura - ci sta però riservando giornate praticamente autunnali e freddo in montagna.

Eppure, al di là del disagio che per tanti aspetti ciò può riservare, è il regalo quotidiano della natura: siamo sempre sotto lo stesso cielo, ma ogni giorno è nuovo, con le sue sfumature di luce o di foschìa, la sua opacità e la sua trasparenza, la calma o il soffio del vento che ci offre un altro ritmo, un differente respiro.
E' sempre lo stesso cielo, ma ogni stagione ha la sua carezza e le sue spine, come un suono diverso a cui intonare la nostra giornata.

Così è anche con la musica: anche le note ci regalano il sereno, la brezza o il temporale. In fondo sono solo sette, ma interpretate dallo spirito umano nelle mille coniugazioni della Bellezza, ci conducono dalla terrena semplicità alle soglie dell'Infinito.
Nel tempo infatti, compositori di ieri e di oggi attraverso le note hanno espresso tutta la gamma dei sentimenti, creato atmosfere e scavato abissi insondabili nel cuore di chi ascolta. La musica è stata ed è grido, protesta, lamento, trionfo, esultanza e si è arricchita di tutte le sfumature della gioia come della sofferenza. Ma soprattutto ha dato voce a se stessa facendosi interprete di ciò che a parole è ineffabile.

Ed è un accorato lamento di dolore il brano che propongo oggi, un pezzo che, a mio avviso, raggiunge le vette di una bellezza sublime.
Si tratta della famosa aria "Lascia ch'io pianga" dal "Rinaldo" di Haendel con cui - al di là del significato che essa riveste nel contesto dell'opera - desidero ricordare due dolorosissimi eventi di questi ultimi giorni che mi hanno colpito più di ogni altra cosa: l'attentato in Norvegia e la morte della cantante Amy Winehouse.
Due eventi, certo, diversissimi tra loro: il primo, una spaventosa strage che ha precipitato di colpo nell'orrore, nella precarietà e nella paura un paese civile e tollerante, sempre vissuto in una compagine di serenità; il secondo, la scomparsa a soli 27 anni (inquietante coincidenza con la morte di altre famose rockstar) di una straordinaria voce nel cuore di una giovinezza ormai irreparabilmente "dannata".

Eventi diversi, appunto, ma che suscitano entrambi una pena immensa.
Ad essi, il ricordo, l'omaggio e il compianto attraverso le note di Haendel.
E insieme al testo, sia la musica a parlare, nel suo profondissimo anelito d'Infinito!

Buon ascolto!


mercoledì 20 luglio 2011

Sentieri bachiani

Amo molto le Allemande di Bach, in particolare quelle delle "Suites francesi" e delle "Partite per clavicembalo".Qualcuna - da principiante quale sono - tento anche di suonicchiarla ed è bellissimo vivere la musica dall'interno, avviandosi per un itinerario che riserva sempre delle sorprese.

Con Bach spesso mi sembra di entrare in un bosco: è un autore di tali proporzioni che il cammino, per quanto rigoroso e coerentissimo con se stesso, risulta sempre inedito e conduce per una varietà inimmaginabile di paesaggi e sfumature.
E' come percorrere uno di quei meravigliosi sentieri di montagna dove la visuale cambia quasi ad ogni tornante: ora ci s'inoltra nel folto di un'abetaia, ora si scende in riva a un torrente, ora ci s'innalza fino a vedere scorci del ghiacciaio lontano o si riposa lo sguardo in una verdissima radura.
Anche colori e luci mutano in continuazione, col sole che suscita riflessi nel fogliame e regala un'aura dorata soprattutto nel pomeriggio.

Ma non tutto si scopre subito: occorrono calma e attenzione per cogliere anche la più piccola sfumatura.
Come nella piccola foto in alto: se la si vede dall'esterno non dice molto, ma se la s'ingrandisce e ci si addentra nel bosco, un mondo di particolari affiora alla vista: colori, contrasti, ombre che definiscono lo spazio, rocce che segnano il percorso, angoli, anfratti che - diversamente - resterebbero nascosti allo sguardo.

Così è in Bach, in particolare nella splendida Allemanda della "Partita N.4 in Re magg. BWV 828" che oggi propongo: un lungo brano dolcemente articolato, dove il compositore ci precede sul sentiero e pure cammina con noi accompagnandoci attraverso una ricca sequenza di passaggi.
Come un sentiero in cui penombra e luce si alternano e talora quasi si fondono, così la musica sfuma continuamente dal tono maggiore al minore esplorando una variegata gamma di temi che s'intrecciano fiorendo l'uno dall'altro, pacatamente.

Anche se al clavicembalo ci sono pregevoli interpretazioni come quella di Trevor Pinnock, ho preferito postare qui quella di Maria Tipo al pianoforte perchè conferisce a questo brano particolare morbidezza.

Buon ascolto!

giovedì 14 luglio 2011

"Trovare l'alba dentro l'imbrunire..."


Giovedì mattina, ore nove: contemplo il panorama che mi riserva l'angolo di montagna in cui mi trovo in vacanza.
Dall'alto vedo il paese, i prati, le abetaie e il ripido pendio sotto di me dove sono cresciuti cespi di rosa selvatica e qualche epilobium.

Nel Duemila, qui c'è stata un'alluvione che ha dissestato la zona modificando in parte la morfologia della vallata.
Dove ora fiorisce la rosa canina, una frana di vaste dimensioni aveva portato via tutto. Con la loro tipica costanza però, i valligiani non si sono lasciati piegare e hanno realizzato grandi opere di canalizzazione delle acque. Così ora, sul pendio dove il terreno era stato devastato, la vegetazione è tornata a fiorire.

Mentre mi guardo intorno, penso e spero che possa essere così per tante altre cose fuori e dentro di noi.
Non tutto si può ricostruire, tuttavia credo che ciò che spesso ci fa tornare alla vita sia un'incrollabile, indistruttibile capacità di pensare di nuovo in termini di futuro, vedendo la strada aperta davanti a noi. E se non c'è, sognandola, anche quando - come accade il più delle volte - è difficile.

E mi viene in mente proprio stamattina una frase di "Prospettiva Nevskj", la canzone di Battiato che amo di più tra quelle del cantautore siciliano.
Conosciamo tutti questo suggestivo affresco della Russia degli anni immediatamente successivi alla rivoluzione d'ottobre, affresco incentrato sulla Prospettiva Nevskj, l'arteria principale di San Pietroburgo-Leningrado.
Il testo, quasi un collage di immagini che in pochi tratti dipingono un'epoca, è un quadro in cui tradizioni e novità si fondono: le guardie rosse, le vecchie coi rosari, il vento gelido, la danza, la musica, il cinema, le nuove generazioni col loro desiderio di esprimersi.
Infine quelle parole : "E il mio maestro m'insegnò com'è difficile trovare l'alba dentro l'imbrunire."

Ecco: "trovare l'alba dentro l'imbrunire" è la frase che mi affiora dentro stamattina nel vedere queste rose selvatiche, povere e tenaci nella loro bellezza.
Certo le parole della canzone forse avevano un significato più profondo come la ricerca di una luce di vita al di là dell'imbrunire (la morte), o forse alludevano alla situazione politica della Russia di allora.
O, più semplicemente, si riferivano al fenomeno delle "notti bianche" di San Pietroburgo: al fatto cioè che all'inizio dell'estate, per la particolare latitudine della città, le ore di luce sono tanto lunghe che il tramonto si confonde quasi con l'alba ed è difficile cogliere il momento in cui il sole smette di calare e inizia a sorgere.
Tuttavia la frase lascia spazio a interpretazioni più ampie, come tutti i testi che ci restano dentro e poi riaffiorano misteriosamente intrecciati alla nostra vita.

Sì, è difficile trovare il punto in cui nel cuore della notte - qualunque essa sia - inizia a baluginare la prima luce dell'alba. E' duro, ma esserne consapevoli aiuta a restare in silenziosa attesa, a rinverdire tacitamente la ricerca e la speranza : l'alba c'è e arriva di sicuro.
Me lo dicono questi cespi di rose selvatiche e questo epilobium, nella loro semplicità e nella tenacia con cui stanno abbarbicati ad un pendio o si sono fatti strada in mezzo ai sassi.

Buon ascolto, con la straordinaria voce di Alice!

venerdì 8 luglio 2011

Quando la musica riscatta l'uomo

Già in altra occasione, mi è capitato di osservare quanta importanza rivesta in un film la colonna sonora.
Parlavo della sua capacità di commentare scenari e sentimenti servendosi della comunicazione piena delle note e facendosi portavoce di ciò che parole e immagini non arrivano a dire.

A tale scopo, ci sono splendide musiche create proprio per il cinema - basti ricordare il grande Morricone - ma anche tanti pezzi classici opportunamente inseriti in parecchi film, talora nelle loro versioni originali o più spesso rielaborati in qualche arrangiamento.
Da Mahler a Brahms, da Bach a Haendel, da Mozart a Beethoven, molte pellicole si sono avvalse per la loro colonna sonora - o anche solo per alcune parti di essa - di brani classici, non ultimo "Il discorso del re" di cui ho parlato in un recente post.

E' a questo proposito che voglio ricordare "Platoon" ritrasmesso in tv sere fa, film famosissimo che ripercorre la vicenda americana in Vietnam e nel quale - sulla scorta della propria esperienza personale - il regista Oliver Stone sfronda l'illusione del "sogno americano" mostrandoci una realtà cruda, violenta, disincantata, durissima.
L'entusiasmo idealistico del protagonista, il volontario Chris Taylor, si scontra infatti con un contesto disumano, fatto di massacri, soprusi e dissidi anche all'interno dello stesso plotone fino al tragico epilogo.

Devo ammettere che non amo in particolare questo genere di film, ma rivedere "Platoon" stavolta mi ha consentito di apprezzarne meglio non solo la costruzione narrativa, ma anche alcune parti della colonna sonora.

E' lo splendido "Adagio for Strings" di Samuel Barber - compositore classico statunitense vissuto nell'arco del Novecento - che, a mio avviso, ha un peso significativo all'interno della pellicola e soprattutto nel finale, restituendo umanità ad un contesto esistenziale devastante.
La sua melodia sembra infatti uno sguardo di pietà che si stende su di una vicenda intrisa di orrore, come se l'abisso della miseria umana e dell'abiezione contenesse implicita un'invocazione di riscatto.
Si tratta di un brano intenso, che valorizza splendidamente il messaggio della sequenza conclusiva e ci fa sentire che dal nemico che "è dentro di noi" esiste davvero una via di salvezza, nel nome della bontà, della salvaguardia della propria anima e della ricerca di senso all'esistenza.

E mi pare significativo che questo Adagio sia stato successivamente rielaborato dall'autore inserendovi la parte corale e facendone un "Agnus Dei" di rara bellezza.
Proprio questo è il brano che oggi propongo qui in un video che lo riporta però solo parzialmente. Ma tra le varie interpretazioni offerte da youtube mi è parsa la più suggestiva.

Buon ascolto!

domenica 3 luglio 2011

"Abbracciami" : se la musica è specchio dell'anima.

Vi è mai capitato di riconoscervi in una fotografia?
Certo che sì - mi direte - che domande!

Ma non sto parlando di riconoscimento esteriore, bensì interiore.
Intendo dire se vi è mai capitato di "ritrovarvi", di sentire che il vostro cuore è davvero rispecchiato da quello sguardo o da quella postura o dal gesto in cui siete ritratti.


Succede, a volte, ed è bellissimo.
Magari sono foto vecchie, di quando eravamo bambini, ma è meraviglioso riscoprire nel fondo degli occhi quella luce che ci anima anche adesso: è un sorridente ritrovarsi che ci riconduce ad unità o che talora ci fa scoprire di noi cose che non credevamo.


A me è capitato significativamente un paio di volte: la prima con una foto di quando ero bambina e la seconda con una più recente, due anni fa. Vale la pena raccontare qualcosa di quest'ultima.

Luglio 2009 : sono a un concerto con alcune amiche. La serata trascorre piacevolmente e prima di salutarci una di loro scatta una foto al nostro gruppetto. Dice però che la manderà più avanti, ora ha il computer guasto. Va bene.
Poi me ne dimentico.

Passa circa un mese e sono già in vacanza, ma è un periodo strano: qualcosa non gira, fatico a ritrovarmi, sono interiormente sfasata, colta da mille dubbi su tutto a cominciare da me.

Poi, una sera accendo il computer e arriva la foto. Toh!... l'avevo proprio scordata.
La guardo, siamo in quattro: due mie amiche, la splendida figlia di una di loro ed io. Mi guardo....io quella ???....Davvero ???
E resto sorpresa perchè, anche se l'immagine - che risale al 10 luglio e avevo appena finito gli esami di maturità - mi ritrae sbattuta, pallida, insomma....uno spaventapasseri, i miei occhi però sorridono e dalla mia espressione affiora un'incontenibile gioia!

Ma sono proprio io quella??? Mi osservo: vero...sarò pure uno spaventapasseri, ma raggiante di felicità!
E' come se una vocetta interiore mi dicesse: "Vedi?...Scopri chi sei nel profondo e non farti ingannare dalla tua parte oscura! Puoi attraversarla con tranquillità, senza lasciarti impaurire dalle sue ombre!".
Ed è un gioioso ritrovarmi, riscoprirmi capace di sorriso come se finalmente i lembi del mio tessuto interiore tornassero a combaciare. Potenza di una semplice immagine!

Ma ci sono anche altri mezzi che possono portare alla luce la nostra interiorità in maniera più o meno nitida, l'arte ce lo insegna e in particolare la musica.
Il brano di Allevi che posto qui oggi intitolato "Abbracciami", dal recentissimo "Alien", a mio avviso s'inserisce bene in questo discorso perchè - forse più ancora di ogni altro pezzo di questo cd - apre un varco verso l'anima del compositore, come se le note fossero proprio specchio della verità che portiamo nel profondo.
In questo profondo, infatti, il brano si addentra con crescente intensità e si accende d'impetuosa irruente passione, alternando momenti segnati da fortissimi vibranti bassi e concitati cambi di tonalità, ad altri di delicata
struggente dolcezza.

E se per un compositore "riconoscersi" significa scoprire di essere stato fedele alla propria ispirazione, penso che qui Allevi - riascoltando le sue note - potrebbe a buon diritto affermare di avere spalancato il cuore alla Musica.
In totale sconvolgente trasparenza.

Buon ascolto!