venerdì 27 maggio 2011

La chiesa nel prato

Ho sempre amato l'arte figurativa, soprattutto gli stili semplici e spogli come il romanico.
Mi incantano le pievi o le abbazie di cui è disseminata, per esempio, la Toscana e delle quali apprezzo l'architettura sobria - muri di pietra e soffitti a capriate - quasi totalmente priva di decorazione.


Non pensavo perciò che, col tempo, mi avrebbero affascinato stili completamente diversi quali il barocco, e in certi casi addirittura il rococò.

Ripeto, non amo la sovrabbondanza di decorazione che appesantisce gli interni di un edificio, e del barocco mi è sempre piaciuta più che altro la sua capacità di creare il movimento nelle architetture, come le chiese del Bernini o del Borromini con le loro linee curve, gli ovali, le facciate che si snodano sinuose.

Pensavo perciò - la prima volta che mi sono recata in Germania - che il barocco d'oltralpe, così ricco e ridondante, non mi avrebbe colpito gran che.

Invece mi sbagliavo.

Una cosa è vedere aggiunte di questo stile in tante delle nostre chiese romaniche o gotiche. Altro invece è il barocco d'oltralpe, dove pitture e sculture si fondono perfettamente con la struttura architettonica e la muratura sulla quale fioriscono le decorazioni è chiara, talora proprio bianca.


Tanti sono i capolavori dell'arte tedesca a questo riguardo, ma quello che, veramente a sorpresa, ha esercitato su di me l'impatto più forte è stato il santuario della
Wieskirche, la "chiesa nel prato".
Si tratta di uno dei più famosi edifici religiosi della Baviera, nei pressi di Steingaden, che risale circa alla metà del 1700 e presenta notevoli differenze tra l'esterno e l'interno.
Quanto infatti è semplice - sia pure nella sua struttura movimentata - l'esterno, altrettanto ricco e fastoso è l'interno, di un fasto però che non appesantisce l'insieme.

Qui infatti, anche la più ricca decorazione rococò (opera di fratelli Zimmermann), si stempera in un risultato di grande leggerezza attraverso i colori chiari: gli azzurri e i rosati dei marmi che si fondono col bianco dell'intonaco e l'oro degli stucchi.

Ed è la luce l'elemento fondamentale che differenzia questo barocco da quello di tante nostre chiese, una luce che permea ogni particolare
sia architettonico che pittorico conferendogli una straordinaria leggiadrìa.
Così, colonne, sfondati prospettici, balconate simili a marmorei ricami, nicchie, persino l'organo, diventano un tutt'uno.


Il bellissimo video che segue - che suggerisco di guardare a schermo intero e di cui ringrazio l'autore per averlo condiviso su youtube - mostra diverse inquadrature dell'interno del santuario e accompagna la visione con una splendida pagina di Schubert : il Sanctus ("Heilig") dalla "Deutsche Messe".
Si tratta di un brano molto popolare anche nelle nostre chiese, nonostante venga cantato in parte con altre parole.
Ma questa versione originale, nella sua solennità, mi sembra adattissima a commentare le immagini della Wieskirche nella quale si venera proprio un'antica statua raffigurante il Cristo flagellato e considerata miracolosa.


Buon ascolto!


mercoledì 25 maggio 2011

Ineguagliabile Hitchcock !

Non ho mai amato particolarmente i gialli, nè come genere di lettura, nè come film: troppa tensione e talora anche violenza, soprattutto in quelli più recenti.
Certo, se capita un bel film in tv, lo vedo e magari ci resto inchiodata davanti fino alla fine, ma non lo vado a cercare appositamente.


C'è però un'eccezione, un maestro assoluto del brivido di cui conosco molta cinematografia :
Alfred Hitchcock.
I suoi film e telefilm mi hanno sempre appassionato fin da ragazzina, sia per le trame ben congegnate che per le studiatissime inquadrature e le colonne sonore.
Chi non ricorda, per esempio, la colonna sonora di
"Psycho" opera di Bernard Herrmann? Solo quella varrebbe un Oscar: tesa, martellante, ossessiva, assolutamente magistrale!

Così, quando qualche giorno fa ho scoperto che in tv ridavano
"La finestra sul cortile", l'ho rivisto con piacere.
Si tratta di uno dei film più famosi e meglio riusciti del maestro del giallo, dove la trama vera e propria (il sospetto di un omicidio e la ricerca di indizi che lo confermino) si fonde con altre tematiche.
Da un lato, lo spettacolo di un microcosmo che il protagonista dal suo punto di osservazione va progressivamente scoprendo: uno spaccato di vita quotidiana di cui ricostruisce vicende e riannoda fili, proprio come fa lo spettatore davanti allo schermo.
Dall'altro, la relazione tra i due protagonisti che implicitamente trova una sorta di termine di confronto nelle storie che si svolgono al di là del cortile, nelle speranze, delusioni, gioie o rabbie che in esse affiorano.

E al di sopra di tutto, un gioco di scatole cinesi : la magistrale capacità di Hitchcock di prendere spunto dai particolari per indurre noi che guardiamo a entrare nella psicologia dei personaggi, così come - a loro volta - i due protagonisti entrano nelle esistenze che si dipanano davanti a loro.

Un capolavoro, insomma!

Bene. Ma che c'entra Hitchcock con la musica, magari anche classica?
C'entra, perchè al di là della produzione cinematografica, c'è una famosissima serie di telefilm per la tv intitolata "Alfred Hitchcock presenta", andata in onda parecchi anni fa e caratterizzata da una leggendaria sigla divenuta per così dire il simbolo stesso di Hitchcock.

Tutti la ricorderanno sicuramente, a cominciare dai meno giovani: accompagnato da
un'originale colonna sonora, il regista vi commentava brevemente e ironicamente l'episodio e poi andava a riempire con la sua figura il proprio profilo stilizzato.

Quella colonna sonora è appunto un brano di musica classica e precisamente la "Marcia funebre per una marionetta" di Charles Gounod.
Sì, il Gounod del Faust e delle arie d'amore, dell' Ave Maria e di altre musiche sacre, proprio lui è l'autore di questa composizione un po' ammiccante, che procede a scatti quasi come una marionetta, giocosa e amara ad un tempo, decisamente singolare.

Questo per significare la versatilità d'ispirazione di Gounod e per scoprire quanta musica classica si annida là dove forse non ce l'aspettiamo.

Buon ascolto!


domenica 22 maggio 2011

Festa blogger : che il sogno continui!

Ho scritto tempo fa che, all'inizio di questa mia avventura di blogger, nutrivo qualche perplessità sul mondo del virtuale, perplessità andata poi dissolvendosi col tempo e l'esperienza sul campo.
Infatti, se non costituisce una fuga dal presente, ma uno spazio che con la realtà concreta mantiene fitti vasi comunicanti, il virtuale è indubbiamente una preziosissima risorsa.
Può essere luogo di condivisione e di confronto, di svago come di arricchimento culturale.
Se pure non ci si incontra materialmente e ciascuno può rivelare di sè solo ciò che vuole, tuttavia sentimenti ed emozioni che ci regalano scritti, foto e video, sono squisitamente reali, veri, e vanno a incidere sulla nostra vita, magari con un semplice pensiero che ci induce a riflettere o con una bella immagine che ci illumina di sorriso.


Quando però si crea l'occasione per conoscersi dal vivo, di persona, allora - certo - è meglio, e ogni relazione si carica di freschezza e intensità.
E l'incontro tra blogger, oggi, nella splendida e "gustosa" cornice bolognese, ha superato le migliori aspettative: un incontro preparato con precisione certosina da Ambra, Sandra ed Erika cui va un grande plauso, ma atteso e pregustato da tutti con emozione ed entusiasmo.

Bello ritrovare i volti intravisti nelle foto segnaletiche di alcuni profili, ma altrettanto bello scoprire quali sguardi e sorrisi si celano dietro poesie o articoli, foto e gioielli!
E' stato riprendere il polso della concretezza dopo aver dato sfogo all'immaginazione, ma è stato anche ritrovare qualcosa che in molti casi già conoscevamo, se è vero che scritti e immagini, colori e note musicali, talora dicono di noi forse più di quanto non sveli un volto.

Sì, ci siamo "riconosciuti" !

A tutti gli amici blogger incontrati, dedico allora lo splendore di una danza con il Valzer del "Faust" di Gounod, brano trascinante e festoso, vivace e delicato ad un tempo, adatto alla gioia e alla convivialità che abbiamo condiviso.
Con un pensiero di affetto per chi non c'era, un caloroso GRAZIE a tutti i presenti e l'augurio che il sogno continui!

Buon ascolto!

martedì 17 maggio 2011

"Ma gli Alpini non hanno paura..."

Mi piace rileggere i post degli amici, gustarmeli con attenzione quando ho tempo, cercando di cogliere ciò che magari, ad una prima affrettata lettura, mi sfugge. Ed è sempre un mondo variegato che mi si apre davanti, un quadro di eventi piccoli e grandi, un insieme di interessanti conoscenze, ma non solo.
Spesso respiro anche il profumo di sentimenti condivisi, di passioni coltivate con amore da persone ricche di sensibilità e capaci di farmi assaporare davvero l'atmosfera della loro vita.
E' bellissimo.


Così, nei miei vagabondaggi da internauta, ieri sono tornata al blog
"Gianna: IL BENE IN NOI" e in particolare al post "Dal virtuale...al reale!" dove la carissima amica blogger racconta del suo incontro con Tomaso (del blog "Passato e presente") domenica 8 maggio a Torino, in occasione dell'ottantaquattresima adunata degli Alpini.

Ho riletto il post, riguardato le foto, sentito l'onda di commozione che Gianna ci ha saputo comunicare.
Ma, siccome da cosa nasce cosa, sono anche andata su youtube a vedermi i video live dell'adunata con le sfilate, i canti, l'entusiasmo della folla.
E da qui poi, il passo ad ascoltare i cori alpini è stato breve.


Ho sempre amato i canti di montagna, l'ho già detto in altra occasione, ma non avevo mai posto particolare attenzione a quelli della "Grande guerra".
Così, è sempre Gianna che devo ringraziare perchè - sia pure indirettamente - è merito suo se ne ho scoperto uno che mi ha letteralmente affascinato, sia per le parole che per l'armonizzazione:
si tratta di "Monte Pasubio" di Bepi De Marzi.

Sappiamo tutti quanto il Pasubio sul quale passava la linea del fronte, sia stato teatro di una sanguinosa resistenza durante la Prima guerra mondiale. Di tale resistenza restano ancora oggi numerose opere belliche tra cui, una delle più famose, è la "Strada delle gallerie", una mulattiera costruita proprio dagli Alpini che consentiva all'esercito italiano il collegamento tra la base del monte e la zona più alta, senza passare sotto il fuoco nemico.
Il sentiero, percorribile ancora oggi, ci dà un' idea di ciò che è stata la guerra di posizione e del sacrificio dei nostri soldati.

Il testo del canto, particolarmente suggestivo, parla degli Alpini che salgono sul monte con la consapevolezza che non torneranno. E tuttavia, come ripete il ritornello, "non hanno paura".

Buon ascolto!


mercoledì 11 maggio 2011

Effetti collaterali

Capita.
Capita a me ogniqualvolta scelgo un brano da postare qui o - indipendentemente dal blog - quando ascolto musica, sia che la senta distrattamente, sia che ne venga catturata con ogni fibra della mia attenzione.

Accade a me, ma a chi sa quanti altri, forse a tutti.


Succede che, una volta sentito un brano, questo ti resti dentro come un ritornello al di là della tua volontà e dei tuoi pensieri: c'è e basta. E ti canta nell'anima.
Sei per strada e ti accompagna, ti svegli la mattina e si sveglia con te.
Così diventa la colonna sonora delle tue giornate, sequenza di note in libertà che affiorano spontaneamente, a loro piacimento, a illuminarti cuore e sguardi.

A volte è un pezzo sentito in tv, magari una volta sola, per caso. O invece è un brano nel tuo ipod che riascolti dopo tanto tempo.
Credi forse di non averlo memorizzato e invece ritorna ripercorrendo la strada del tuo inconscio per conto suo, come da un fondale marino dal quale riaffiora.


Ho pensato spesso che il cuore dell'uomo sia un po' come il segreto abisso del mare - quel "porto sepolto" di cui parla Ungaretti in un suo mirabile testo - e ciò che si sedimenta in quelle profondità riaffiori poi per vie tutte sue, come un regalo dimenticato che invece è lì, per noi. Così, a mio avviso, è con la musica.

A me capita quando sono per strada, in cammino, come se la cadenza dei passi si sintonizzasse automaticamente con un ritmo interiore. Ed è così da sempre.

Ricordo della mia giovinezza da pendolare che, quando correvo a prendere il treno scaraventandomi giù per i cinque piani di scale in cima ai quali abitavo, appena varcato il portone di casa nell'aria fresca del mattino, come da un invisibile ipod la musica partiva. Spesso me la canticchiavo anche a fior di labbra.

Allora era stato Bach a catturarmi per primo: poi, col tempo, sarebbero arrivati tutti gli altri, antichi e moderni, a lasciarmi nell'anima il loro tributo di gioia, il loro respiro d'infinito.


Oggi, postare un brano su questo blog significa anche immergermi
in un mondo di note che - con una sorta di splendido effetto collaterale - per qualche giorno mi avvolgerà indipendentemente dai miei pensieri, accompagnandomi con la sua aura di emozioni.

Per questo stasera, ancora una volta ritorno a Mozart per proporre, da "Le nozze di Figaro", "Voi che sapete...", un' aria di grande fascino che parla d'amore.
Ma al di là del suo significato nell'opera, mi piace dedicarla proprio alla Musica e alla suggestione dei tanti altri brani che seguiranno qui e che per ora mi porto dentro, custoditi nell'anima, in gioiosa lista d'attesa.


Buon ascolto!


martedì 10 maggio 2011

Maggio

E' una fastosa parata, un elegantissimo corteo quello raffigurato nella rappresentazione di Maggio all'interno del "Ciclo dei Mesi" dei fratelli Limbourg.
Si tratta probabilmente della festa del Calendimaggio, oggi rimasta da noi in molte rievocazioni storiche e qui celebrata nello splendore del mondo nobiliare francese all'inizio del Quattrocento.


E' l'esaltazione della primavera e dell'amore, della fioritura e del ritorno alla vita.

Al centro del corteo, sta Jean de Bourbon con la moglie Marie, figlia del Duca di Berry al quale è dedicata l'intera serie di miniature intitolata appunto "Les très riches heures du Duc de Berry", splendida cronaca dei fasti della famiglia.


Preceduta da suonatori di tromba, la sontuosa processione si snoda ai margini di una foresta dove sono stati raccolti rami dalle foglie verdi per farne dei serti di cui ciascun personaggio è adorno.

Gli abiti particolarmente raffinati e i mantelli trapuntati d'oro, oltre ad essere segno di grandezza e di solennità, hanno colori che rispettano una rigorosa simbologia: il verde delle dame più in vista simbolo della nascita dell'amore e l'azzurro - sia chiaro che più intenso fino al blu - riferimento alla fedeltà.


Manca tuttavia in questa miniatura la rappresentazione del mondo contadino e del castello isolato nella campagna.
Le torri e i pinnacoli che svettano sullo sfondo, come una foresta di pietre dietro a quella di alberi, raffigurano infatti il cuore di Parigi con i suoi edifici storici e in particolare il Palais de la Cité e la Conciergérie.

Sempre vivo il gusto per la descrizione minuziosa e dettagliata visibile, per esempio, nei particolareggiatissimi tetti della città o nei finimenti dei cavalli che riproducono gli emblemi del casato nobiliare.


A commento di un' immagine di tale luminosa eleganza, un famosissimo brano di Bach tratto dalla "Suite N.4 in Re magg. BWV 1069" per orchestra, un Minuetto che sembra accompagnare con il suo ritmo pacato il lento incedere di questa fastosa processione.


Buon ascolto!

giovedì 5 maggio 2011

"Le sole notizie che ho" : quando la musica rompe gli argini.

Maggio è iniziato e la primavera ormai inoltrata ci regala luminosi pomeriggi di sole già caldo così come giornate a volte ancora ventose e plumbee, quasi autunnali, se non fosse per il verde rigoglioso che esplode sui viali e nei giardini.

Eppure anche nel cielo nuovo che ogni mattina prepara atmosfere magari inaspettate, c'è un fascino segreto che possiamo leggere se solo riusciamo a sfuggire alla nebbia dell'abitudine e lasciarci sedurre dalla freschezza del non ancora vissuto.
Talora basta dimenticarci per un momento di noi stessi e fare una sorta di vuoto dentro perchè la vita ci pervada come acqua che scorre libera, consentendoci di cogliere la bellezza anche del grigiore o di un cielo carico di nuvole. 

E ancora una volta, ad affinare questa sensibilità suggerendoci una prospettiva diversa sulle cose, può essere la musica che, con la sua misteriosa comunicativa, parla infiniti differenti linguaggi e talora - prima ancora che dell'ascoltatore - sembra quasi impadronirsi dell'anima del compositore governandola a suo piacimento.
E' proprio a tale proposito che oggi, tornando alla contemporaneità, voglio proporre all'ascolto "Le sole notizie che ho" dal cd "Composizioni" (2003) di Giovanni Allevi.

E’ un Allevi complesso e tormentato quello che emerge da questo brano, forse ancora alla ricerca di una cifra comunicativa più semplice, tuttavia notevolissimo per tecnica e profondità. Un pezzo intenso e arpeggiato, intriso di malinconica irruenza e pervaso da un inquieto senso di attesa, ma purtroppo raramente eseguito nei concerti live mentre - a mio modesto avviso - meriterebbe maggiore rilievo.
Nonostante la sua struttura rispetti uno schema consueto e – come altri brani di Allevi e di tanti compositori anche del passato – si apra enunciando chiaramente un tema e ripetendolo con successivi arricchimenti, qui nella parte centrale sembra a un tratto che gli arpeggi abbiano il sopravvento.
La melodia infatti, all'inizio animata e tesa ma nitidamente individuabile, (se ridotta all’essenziale, quasi uno studio o un esercizio dal rigore bachiano), viene poi progressivamente sovrastata dagli arpeggi fino a divenire onda che dilaga impetuosa. 
E le note, prima gocce d'acqua che si susseguono veloci ad una ad una, divengono poi un torrente di fronte al quale il compositore sembra non porre più argini perché l’ispirazione fluisca liberamente in tutta la sua intensità. 
Una cascata di suoni ora giocati sulle ottave più alte del pianoforte, ora in discesa verso i bassi più profondi che si dilatano come ondate di piena, ricchi di una tensione che, a tratti, richiama l’impeto di Rachmaninov.
Un brano che sembra concepito davanti al mare in tempesta o guardando un vetro rigato di pioggia dove le gocce s’inseguono vorticose, come se l’acqua, nel suo inarrestabile fluire, fosse metafora della Musica alla quale il compositore si abbandona lasciandosene pervadere totalmente.

Buon ascolto !
 

lunedì 2 maggio 2011

"Lascia che la mia mano si perda nella tua..."

Non sono incline al gossip e, se devo essere sincera, non amo il clamore mediatico che circonda, prima durante e dopo, avvenimenti mondani di grande rilievo come per esempio i matrimoni reali.
Però venerdì scorso, quando ho aperto la tv, sono rimasta catturata anch'io dalla bellezza delle immagini che mi scorrevano sott'occhio.


Splendida la cornice gotica dell'abbazia di Westminster (anche se degli alberelli all'interno, dico la verità, avrei fatto a meno...); bellissimi e raggianti William e Kate,
capaci di coniugare - soprattutto lei - disinvoltura, semplicità ed eleganza; coinvolgente l'entusiamo del popolo inglese, e non solo, accorso a festeggiarli.

Certo, è una favola dei nostri giorni dai connotati molto diversi da quelle del passato. Certo, a nessuno sfugge che dietro un evento simile stanno anche interessi economici e business che talora lasciano un po' perplessi. E indubbiamente, come sempre, ogni gesto è stato programmato da un rigido protocollo.

Tuttavia, dietro l'apparato, mi è parso di cogliere davvero la spontaneità dei sorrisi e del cuore: non una bella facciata o uno spettacolo di rito per il popolo curioso, ma una storia d'amore sincera vista dalla gente come segno di vera coesione, condivisa col calore dell'affetto e forse con la speranza con cui ci si proietta, a volte, nei sogni degli altri.
Inevitabile poi che il pensiero andasse anche alla Principessa Diana, insieme al confronto con la diversa ma ugualmente splendida Kate alla quale va l'augurio di vita più lunga e più felice.

Ed è proprio a questa unione che voglio dedicare il brano di oggi.
In un primo tempo, avevo deciso di optare ovviamente per un compositore inglese, ma poi ho pensato che una storia d'amore meritava un musicista francese perchè da sempre la musica francese ha uno charme, un romanticismo e talora anche una sensualità che ben si addicono a questo evento.


Così ho scelto
"Il se fait tard!...Adieu!", uno dei più affascinanti duetti d'amore del "Faust" di Gounod, un'aria nella quale la musica a tratti ritorna su se stessa con dolcissima intensità proprio ad esprimere la ridondanza di un sentimento traboccante.
E Gounod che qui usa una scrittura vocale particolarmente adatta alla lingua francese e un'orchestrazione dalle morbide sonorità, è colui che voleva essere riconosciuto proprio come "il musicista dell'amore".
Significativo, a questo proposito, anche il fatto che una delle battute iniziali di Faust a Margherita, la tenerissima frase
"Laisse ma main s'oublier dans la tienne" (lascia che la mia mano si dimentichi...si perda nella tua), ricorra anche nel testo del "Roméo e Juliette" musicato sempre da Gounod.

Buon ascolto !