giovedì 31 marzo 2011

Musicoterapia

Succede.
Succede che a volte capitino giorni un po' così...
Magari fuori c'è il sole - il primo sole tiepido di primavera, la natura che si risveglia - e sarebbe piacevole poterne godere pienamente respirando tranquilli in solitudine, o cercare margherite e germogli che non fioriscono solo nei prati, ma a ben guardare anche nel nostro cuore.


E invece no, non si riesce a partecipare ad alcuna gioia, a lasciarsi raggiungere neppure da uno sprazzo luce: si resta in un angolo, spettatori lontani, la festa è là e la si osserva dall'esterno, il cuore altrove, quasi un vetro invisibile ma reale ce ne separasse.

Ci sono giorni in cui fuori splende il sole e invece ci si sente accartocciati dentro, il fiato corto magari per una parola, un fraintendimento, un ricordo, forse solo una sensazione, qualcosa che abbiamo registrato nel profondo ma a cui non sappiamo dare un nome, un malessere che cova segreto, una fitta che avvelena il sorriso. Capita, può capitare.


E' anche in questi casi che la musica rivela la sua forza terapeutica, la sua capacità di sanare ferite, restituire respiro, riannodare i fili di un tessuto interiore ricostruendolo nella sua piena integrità.
Come un manto di neve calpestata che viene riportato al suo intatto splendore o un deserto che fiorisce al di là di ogni aspettativa, il tocco della Bellezza fa rinascere conducendoci a riscoprire in noi forza e risorse insperate.

L'ho provato spesso con gli autori che più amo: il segreto sta nel rendersi ricettivi, accogliendo una Bellezza che sa guarire entrando nelle pieghe più riposte dell'anima con la sua
vita a suscitare altra vita.
Per questo, ancora una volta è la voce di Mozart
che desidero postare qui oggi, col miracolo del suo equilibrio e del suo sguardo rasserenante.

Dedicato a tutti coloro che magari hanno un peso sul cuore - grande o piccolo non importa - il famoso "Adagio" dalla Serenata K.361 "Gran Partita", nel dolcissimo dialogo tra i fiati e nel pensoso spessore della melodia, possa addentrarsi nell'anima di ciascuno con pacificante soavità.

Buon ascolto!


venerdì 25 marzo 2011

L'angelo in rosa

Devo confessarlo: nutro una passione segreta.
Una passione nata circa tredici di anni fa e mai più sopita, una di quelle cose che un giorno ti hanno rapito il cuore e ti sono rimaste dentro. Per sempre.


Di quei momenti ricordi l'ora, la circostanza, se pioveva o c'era il sole: io mi trovavo per caso a Brescia, una mattina di settembre, e in una libreria avevo visto il manifesto della mostra di
Lorenzo Lotto a Bergamo, all'Accademia Carrara.
La mostra si era chiusa tre mesi prima, ma mi aveva colpito quel manifesto ormai anacronistico con un angelo tutto rosa, dipinto con tratti di grande leggiadrìa.
Era un particolare dell'
"Annunciazione" del polittico di Ponteranica, dipinto del Lotto forse meno famoso dell'Annunciazione di Recanati, ma per me era stato amore a prima vista.

Mi sono innamorata subito di quel gesto benedicente dolce e solenne ad un tempo, del viso leggermente inclinato, della delicatezza della mano sinistra che tiene il giglio, ma soprattutto del panneggio lieve come un velo, di quel rosa quasi cangiante e così intenso sull'oscurità dello sfondo.

A casa, l'avevo appeso a una parete del mio studiolo e d'allora è stato mio, mio come qualcosa che mi appartenesse
nel profondo, quasi ci fossimo adottati a vicenda.
L'ho contemplato, fotografato, ne ho fatto dono agli amici.
E ancora adesso che il tempo è trascorso e la luce del sole che al mattino inonda la stanza ne ha un po' scolorito le tinte, mi capita di guardarlo come un punto di riferimento, un amico di vecchia data col quale basta uno sguardo anche di sfuggita per capirsi, o un cenno d'intesa.

Così, oggi che è il 25 marzo e ricordiamo proprio l'Annunciazione, desidero mettere il "mio" angelo in questo piccolo spazio condividendolo con chi legge.


Ho pensato a lungo a quale potrebbe essere la colonna sonora migliore per commentare l'evento tanto colmo di mistero che quest'immagine ci ricorda.
Forse, nella realtà, la musica più bella è stata quella del silenzio o di un semplice soffio di vento.
Forse Maria era davvero assorta in preghiera meditando le Scritture com'è raffigurata in parecchi dipinti, o forse cantava.
O magari un'illuminazione tutta interiore l'ha colta intenta alle faccende quotidiane, travolgendola nel vortice di un evento del quale poi, dentro di sè, avrà tentato a lungo di rimettere insieme i pezzi. Chissà!

Tuttavia, le note che in questo momento mi prendono al pari dello splendore dell'angelo sono quelle di Mozart, questa volta nella "Grande Messa in do min. K.427" e in particolare nel dolcissimo "Et incarnatus est..." : folgorante realtà umana e divina, dirompente concretezza dopo che "l'angelo si partì da lei".

Buon ascolto!


mercoledì 23 marzo 2011

Marzo

Marzo volge quasi al termine e, come per Gennaio e Febbraio, desidero soffermarmi a contemplare la bellezza delle miniature del "Ciclo dei Mesi" dei fratelli Limbourg alle quali ho già fatto cenno in altri due post di questo nuovo anno.

Si avvicina la primavera e la raffigurazione di Marzo ci presenta, sia in primo che in secondo piano, diversi appezzamenti di terreno con i rispettivi lavori agricoli, mentre sullo sfondo si scorge uno splendido castello - probabilmente quello di Lusignan, residenza prediletta del Duca di Berry - circondato da una duplice cinta di mura.
Al di sopra del cielo di un blu smaltato, campeggia la lunetta con il carro del sole e i segni zodiacali del periodo : i Pesci e l'Ariete.


La miniatura - concepita da Paul de Limbourg ma forse realizzata da un anonimo - ci offre ancora una volta un'immagine del mondo feudale: il castello con le sue proprietà agricole dove i contadini attendono al proprio lavoro e dove ogni operazione, dall'aratura alla potatura e alla semina, si svolge nella calma di uno spazio ordinato secondo i ritmi della stagione.
La campagna infatti è ben curata, gli appezzamenti delimitati da muretti di cinta e divisi da sentieri in diagonale così da dare allo spettatore l'idea di una distesa di terreno molto ampia.

Grande il rispetto delle proporzioni così come la cura dei particolari in una descrizione che non trascura nulla e nulla lascia al caso: dalla disposizione dei solchi e delle zolle di terra ben differenziate secondo il tipo di lavorazione, agli attrezzi dei vignaioli, fino ai tetti e alle torri del castello una delle quali sovrastata dalla figura di un drago volante, richiamo ad un'antica leggenda locale.


Nell'insieme, è un'immagine che invita a entrare all'interno della realtà rappresentata, a percorrerne i sentieri nella calma circostante e a respirare il clima dell'epoca godendo del disegno raffinato del castello che - per quanto difeso da torri e da un'ampia cerchia di mura - mantiene tratti di grande eleganza.

Ci facciamo accompagnare in questo percorso dalla "Ciaccona in sol minore" di Henry Purcell, brano particolarmente interessante perchè riecheggia una danza contadina di origine portoghese risalente al XVI secolo.
Si tratta della "follia", tema con variazioni diffusosi in tutta Europa e ripreso poi da numerosissimi musicisti tra i quali Vivaldi, Bach, Corelli, Scarlatti, Haendel
, solo per citarne alcuni, ma ancora oggi rielaborato nella colonna sonora di famosi fims.
Dalla "follia" Purcell prende solo ispirazione per approdare poi a ritmi e variazioni melodiche un po' differenti rispetto agli altri compositori; tuttavia il riferimento al tema originario appare evidente soprattutto nella prima parte del brano, riportandoci ulteriormente indietro nel tempo.

Buon ascolto!

lunedì 21 marzo 2011

A ritmo di Bach

La data di oggi, 21 marzo, non segna soltanto l'equinozio di primavera e il ritorno - speriamo! - di qualche occhiata di sole, ma ricorda anche l'anniversario della nascita di Johann Sebastian Bach, venuto alla luce appunto il 21 marzo del 1685 ad Eisenach.
Bach, si sa, è immenso nel suo genio e nella sua produzione, e per celebrare degnamente tale anniversario ho scelto un brano rivisitato in chiave jazzistica, cosa che - come ho già scritto anche in passato - sottolinea l'attualità del compositore insieme alle infinite potenzialità della sua ritmica.


Si tratta del famosissimo Corale, "Wachet auf, ruft uns die Stimme!" ("Svegliatevi, la voce ci chiama...") che riporto qui in duplice versione: quella originale eseguita all'organo da Ton Koopman e la sua rielaborazione ad opera di Bobby McFerrin accompagnato dal Trio Jacques Loussier.

Il brano jazz, degno a mio avviso di particolare rilievo, è stato registrato nel 2000 a Lipsia nell'ambito delle celebrazioni dei 250 anni dalla morte del grande compositore. In tale circostanza, si è tenuta infatti una "24 ore Bach" in cui si sono avvicendati solisti e gruppi musicali dando vita ad una sorta di maratona che comprendesse il meglio della produzione bachiana.


Insieme all'accattivante singolarissima voce di McFerrin che fa da strumento solista, mi sembra molto pregevole l'interpretazione di Loussier e del suo Trio.
Si tratta infatti di una rivisitazione tesa a sviscerare ogni possibilità inventiva del testo bachiano mantenendone un rigoroso rispetto, e capace, col suo fascino, di catturare l'interesse del pubblico verso generi musicali versatili come la classica e il jazz.

Buona visione e buon ascolto!


giovedì 17 marzo 2011

Buon Compleanno, Italia !!!


All'Italia in festa,
l'omaggio di un compositore
italiano
e della voce
più bella
del mondo...



mercoledì 16 marzo 2011

"Japan" : regalare un sogno al Giappone che soffre!

Ancora il Giappone, sì!
Le notizie del disastro restano allarmanti e non potrebbe essere diversamente.
Altre scosse di terremoto si sono verificate anche se non così devastanti come la prima, ma la situazione più grave resta quella della centrale nucleare di Fukushima: il livello di contaminazione sale, la gente è in fuga e ora un manipolo di eroici esperti cerca di scongiurare il peggio.


L'opera di ricerca dei dispersi è immane così come lo sarà il recupero di un assetto di vita accettabile dopo la devastazione.

L'augurio è che l'operosità e la tenacia tipiche di questa nazione abbiano la meglio e le consentano, col tempo, di risollevarsi da ogni punto di vista
.

E' in questo spirito che desidero dedicare a tutto il popolo giapponese un brano di musica di un autore che al Giappone è molto legato :
Giovanni Allevi.
Il compositore infatti non solo vi ha compiuto svariate tournées stabilendo tra l'altro un feeling particolare col pubblico, ma proprio al "paese del sol levante" ha dedicato due brani:
"Japan" dal cd "13 Dita" e "Tokio station" dal recentissimo "Alien".

Tra i due, ho scelto di postare qui
"Japan" perchè è stato scritto da Allevi a soli diciassette anni ed è un pezzo ricco di quella freschezza adolescenziale che porta in sè il germe dei sogni di un'intera esistenza, lo sguardo a un futuro ricco di promesse.
Lo dedico al Giappone proprio perchè la fatica del momento presente sia sostenuta dal sogno che la vita possa continuare e perchè, accanto al dolore di una ferita così profonda, rinasca comunque la speranza.


Certo, lo scrivo con un po' di pudore....perchè sono parole che forse è troppo facile dire per chi, come me, se ne sta davanti a un computer al sicuro nella propria casa... ma è davvero questo l' augurio che vorrei fare al popolo giapponese : che dalle macerie possa rinascere con la levità e la trasparenza di sguardi che le note di Allevi suggeriscono.


Buon ascolto!

lunedì 14 marzo 2011

Al Giappone ferito

Immane la tragedia che ha colpito venerdì scorso il Giappone e che si sta colorando di tinte sempre più drammatiche.
Non si tratta infatti soltanto del terremoto e dell'ancor più devastante tsunami, ma del persistere delle scosse e dell' incombente pericolo nucleare che potrebbe aggravare la tragedia e vanificare la possibilità di qualunque azione di soccorso.

A tutto, si aggiunge l'eventualità di un'ulteriore sconvolgente terremoto nel giro di pochi giorni o addirittura ore.


Le notizie arrivano frammentarie, talora contraddittorie e tutte segnate dal condizionale, da un "potrebbe accadere" che significa speranza e disperazione insieme, previsione di salvezza o distruzione, a quasi totale arbitrio della natura, della terra e delle acque che hanno scosso il globo davvero dalle fondamenta.


Si resta ammutoliti davanti alle immagini televisive che superano di gran lunga la fantasia dei più catastrofici film sull'argomento, ma si resta anche ammirati dalla reazione del popolo giapponese e dalla sua capacità di reggere con dignità un fardello tanto pesante: la propria esistenza annientata in pochi attimi, un contesto di vita totalmente disintegrato.


Certo, in un simile frangente la solidarietà più grande è quella della preghiera a Chi può dare protezione e sostegno a tutti, vittime, sopravvissuti e soccorritori.
Tuttavia, desidero rendere omaggio al popolo giapponese anche attraverso la musica, dedicandogli uno dei brani più delicati di Puccini : il "Coro a bocca chiusa" dalla "Butterfly", pezzo più che famoso dal tono dolcissimo e meditativo, quasi il conforto di una ninna-nanna al Giappone così duramente ferito!

Buon ascolto!


sabato 12 marzo 2011

Primavere dell'anima

Ho sempre amato le stagioni di mezzo, sia per la mitezza del clima, che per quel dolce sfumare o rinascere di colori e di luce che rimanda talora al proprio paesaggio interiore, facendo riaffiorare dentro il desiderio di riposo o l'ansia di tempi nuovi da scoprire.
Ma ho osservato ben presto che la primavera e l'autunno non appartengono solo alla sfera astronomica o meteorologica, ma anche al mondo dell'anima e ci sono a volte primavere interiori che possono sbocciare all'interno dell'inverno più gelido, come i fiori del Calicanthus profumano l'aria nel freddo delle sere di gennaio.

La primavera nasce da lontano anche nel cuore, nasce da un luogo misterioso di cui forse non siamo i padroni esclusivi e con fili invisibili annoda eventi, persone, scelte, incontri....tutto, perchè tutto è legato all'interno di una sintesi arcana il cui disegno spesso ci sfugge.
Non siamo soli in questo cammino e misteriose armonie sintonizzano l'universale col particolare, l'infinito col finito, l'essere e il divenire dell'esistenza.
Talora non ce ne accorgiamo, forse neppure lo sappiamo, ma nei rari momenti in cui ci è dato di diventarne consapevoli, la vita si illumina per noi del suo originario sorriso.

Mi è accaduto molti anni fa, a seguito di un periodo difficile che mi aveva indotto a pensare che non potesse più esistere uno sguardo sereno col quale affrontare il dipanarsi dei giorni. Poi, col tempo, incontri ed esperienze nuove avevano fatto rifluire sulla mia corteccia quell'acqua che l'avrebbe intrisa sciogliendo la durezza del gelo invernale e rendendola terra fertile, terra buona capace di rifiorire.

Succede a tanti, lo so e lo spero. Ma la singolarità di questa esperienza è un'altra.
Ascoltavo in quel periodo Haydn, uno dei miei musicisti preferiti. Avevo allora dei familiari ammalati e, finiti i turni di assistenza, andavo a lavorare. Se l'assistenza era notturna, il pullman era quello delle sette del mattino. Ricordo che vi salivo: wolkman, auricolari e via! Per quaranta minuti di viaggio entravo con Haydn in un altro mondo in cui mi rigeneravo dal profondo e dove la musica restituiva senso, luce, desiderio e voluttà all'esistenza intera. E' stata la mia salvezza per lunghi mesi.
Poi, a un certo punto, gli eventi sono mutati e nuove esperienze mi hanno consentito quella rinascita interiore alla quale aspiravo dentro di me forse senza neanche saperlo. Il ghiaccio si è sciolto e al disgelo è seguito un rifiorire di linfe e di risorse delle quali ignoravo la presenza, come se davvero una primavera esistenziale avesse ricoperto la mia vita di un tappeto di erbe tenere e di germogli.

E' stato solo tempo dopo che mi sono resa conto della coincidenza.
Per mesi avevo ascoltato "Le Stagioni " di Haydn, soprattutto "La Primavera", e per mesi un brano in particolare ("Sei nun gnadig, milder Himmel") mi aveva lavorato l'anima fino a cantarmi dentro in modo quasi indipendente dalla mia volontà, una sorta di colonna sonora dell'inconscio.
Era un pezzo per soli e coro: lo sapevo a memoria in tedesco, ne ero praticamente innamorata, ma del suo significato avevo un'idea molto approssimativa.
Quale non è stato quindi il mio stupore quando ho scoperto che era un canto di preghiera, un'invocazione di misericordia con la quale si chiedeva al Cielo, dopo il gelo invernale, il benefico ristoro della rugiada, della pioggia primaverile, del vento e della luce del sole!
Senza che ne fossi consapevole, sull'onda dell'amore per la musica e di quel brano in particolare, tutto il mio essere aveva chiesto a lungo e con forza che il Cielo si aprisse e acque di vita scendessero a inondare il mio cuore.
Era come se quella musica - quasi una divina presenza - avesse preparato il terreno agli eventi che sarebbero seguiti, così come l'agricoltore prepara il terreno alla semina che lo farà fruttificare.
Era come se una preghiera segreta, più intima a me di me stessa, avesse chiesto ciò che io non sapevo neppure desiderare. Una preghiera nata non da sollecitazioni esterne, ma germogliata dal seme della mia passione per la musica e quasi una cosa sola con essa.

Davvero, misteriose armonie sintonizzano e fondono l'Infinito col finito, l'interiorità profonda con i gesti più semplici del nostro vivere quotidiano.
Con noi e al di là di noi.
Buon ascolto !
(trovate il brano a 4.05 dall'inizio del video)
 

martedì 8 marzo 2011

"Mimosa pudìca"

Si chiama "mimosa pudìca" o più comunemente "mimosa sensitiva" ed è una piantina originaria dell'America meridionale ma diffusa in gran parte del globo, soprattutto nelle aree tropicali.
Si caratterizza per le foglioline lunghe e appiattite di forma ovale, delicate come quelle delle felci, e per i fiori tondeggianti di color lilla che si aprono a primavera inoltrata.

Deve il suo nome alla particolarità che la contraddistingue: durante le ore notturne, o in caso di contatto, il fogliame si chiude ripiegandosi su se stesso.


No, non mi sono improvvisata esperta di botanica, ma conosco bene questa piantina che ogni tanto mi portavano a scuola i miei alunni di Istituto agrario.

Me la mettevano sulla cattedra:


"Prof, guardi! Provi a toccarla!"


Io allungavo un dito e in effetti la piantina richiudeva le foglie con dolce ritrosìa.
Era un movimento delicatissimo che mi faceva pensare per analogia alla posa delle Madonne di alcune celebri Annunciazioni - di Simone Martini o dell'Angelico, per esempio - dove sorpresa, sgomento e timidezza adolescenziale di Maria si fondono in quell'istintivo ritrarsi segnato dalla curva del suo corpo.

Mi è tornato in mente tutto ciò oggi che è la festa della donna.
Così, insieme alla solarità del giallo di quelle tradizionali, dedico questa varietà di mimosa forse meno appariscente e più umbratile a tutte le donne del mondo: giovani e meno giovani, adulte o bambine,
a coloro che abitano con noi o solo nel nostro ricordo.

A tutte, un fiore e una musica,
un brano di Chopin tra i più delicati che il compositore abbia mai scritto : il "Notturno n.20 in do diesis minore", pezzo tra l'altro reso famoso dal film "Il pianista".
Lo esegue la giovanissima Aimi Kobayashi.


Buon ascolto!

mercoledì 2 marzo 2011

Le primule

Primi di marzo.
Oggi mi sono comprata le primule, come tutti gli anni.
E' un'abitudine che amo rispettare con gioia, insieme a tante altre che ritmano la mia quotidianità: il calendario appeso in cucina da aggiornare la mattina di ogni primo del mese, una cornice nuova per le foto di montagna ad inaugurare l'estate e via dicendo.
Sono piccoli gesti a cui tengo non per una sorta di ritualità quasi scaramantica, ma perchè sento che proprio quei gesti mi aiutano a scoprire l'intima gioia delle cose, lo splendore che si annida nel quotidiano e nel passare del tempo.


Ho sistemato i vasetti nella fioriera di terracotta bianca e blu e l'ho messa sul tavolo chiaro del tinello. Fanno luce le mie primule nella loro freschezza e suggeriscono luminosità e leggerezza anche al cuore.
Se l'avvicendarsi delle stagioni ci ricorda che c'è un tempo per ogni cosa,
la vivacità di questi colori infonde un senso di gioioso respiro, di fiducia in una Bellezza che esiste, al di sopra di tutto e nonostante tutto.
Ce lo ricorda il brano che segue, tratto dall 'oratorio "La creazione" di Haydn dove, nella leggerezza e nello splendore di una fuga, il coro canta così:

"Fate vibrare le corde, prendete le lire.

Fate echeggiare il vostro inno di lode!

Glorificate il Signore, Dio onnipotente,

chè cielo e terra
Egli ha rivestito di magnifico fulgore!".


Primi di marzo.
Oggi mi sono comprata le primule p
erchè è il mio compleanno e questo brano è il regalo che faccio a me, come pure a tutti voi che passate di qui, insieme al mio GRAZIE per la vostra presenza!!!

Buon ascolto!